Ambiente

I laghi di microplastiche

Grazie al progetto Life Blue Lakes, sono state tracciate le microplastiche dei grandi bacini italiani (quali Bracciano e Trasimeno), ma non solo. Ora si punta a un protocollo per monitorarli e proteggerli
Un esempio di fibra microplastica
Un esempio di fibra microplastica Credit: wikipedia.org
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17 luglio 2022 Aggiornato alle 07:00

Sono presenti in tutte le stagioni e tutte le forme. Le microplastiche, quelle che siamo abituati a citare quando pensiamo all’inquinamento dei mari, impattano anche sui laghi. Quanto? In che percentuali? E che tipologie?

Sono alcune delle domande che si sono posti i ricercatori del progetto Life Blue Lakes, iniziativa che vede coinvolti ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e diversi altri gruppi di ricerca e associazioni.

Tra gli obiettivi del progetto c’è quello, dopo aver analizzato le acque di alcuni laghi come Garda, Bracciano, Trasimeno in Italia o Costanza e Chiemsee in Germania, di costruire un processo partecipativo per la stesura della Carta del Lago (Lake Paper), “uno strumento volontario per la tutela dei laghi dalle microplastiche che sarà adottato dalle autorità locali e dalle comunità presenti nei principali laghi italiani e tedeschi” scrivono i relatori nella presentazione.

Per arrivare a questo passaggio, durante tutte le differenti stagioni dal 2020 a oggi, sono stati studiati nel dettaglio i valori di microplastiche presenti per esempio nel lago di Bracciano e Trasimeno, i cui dati sono appena stati diffusi.

Dal report conclusivo emerge per esempio che frammenti, fibre, palline di polistirolo e pellet sono oggi le forme più diffuse nei bacini di Bracciano e Trasimeno, mentre i tipi di plastica più presenti sono polietilene (PE) e polipropilene (PP). Le analisi riguardano oltre 1000 particelle di plastica analizzate e recuperate dalle aree pilota dei due laghi dove durante le stagioni i ricercatori hanno tentato di comprendere la variabilità di presenza e distribuzione delle particelle a seconda delle differenti condizioni ambientali.

Da Enea spiegano che “nei campioni raccolti in entrambi i laghi, sono stati rilevati soprattutto frammenti, come forma predominante, derivante per lo più dalla disgregazione dei rifiuti, presente in tutte le stagioni con valori percentuali dal 90 al 70% sulle microplastiche analizzate” e che “tra le altre microplastiche rilevate i film (che solitamente derivano dalla decomposizione degli imballaggi) mostrano un aumento percentuale nel periodo primaverile; le fibre (associate solitamente al lavaggio degli indumenti) sono in percentuale inferiore (4%) rispetto alle forme predominanti e non sono presenti nei campioni primaverili. Rimane costante infine la presenza dei filamenti con un valore maggiore pari al 9% nel campionamento invernale”.

Nel Trasimeno sono inoltre presenti “anche pellet (palline di microplastiche primarie) in ogni campionamento stagionale”. Capire quali forme esatte di microplastiche sono presenti può aiutare a sviluppare le strategie per contrastare le forme di inquinamento nei laghi dovute alle attività dell’uomo, ossia “programmare soluzioni praticabili e necessarie a impedire la dispersione di microplastiche nell’ambiente, a partire da una migliore gestione dei rifiuti o dall’adeguamento degli impianti di depurazione” sostengono da ENEA.

Secondo Maria Sighicelli, ricercatrice del Dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali ENEA, «questi dati sulla quantità e tipologia di microplastiche nei corpi idrici lacustri consentono di colmare il gap di conoscenze rispetto ai numerosi studi condotti nei mari e negli oceani in tutto il mondo, di studiare questo fenomeno complesso e ampiamente diffuso e la standardizzazione dei metodi di monitoraggio è fondamentale per confrontare dati, valutare la distribuzione e l’apporto di particelle nella dinamica terra-mare».

Soprattutto, l’idea di stabilire un “protocollo” per il monitoraggio e la salvaguardia dei laghi potrebbe rappresentare un grande passo avanti per la tutela ambientale. «La sua definizione è molto importante perché a oggi, se questo inquinamento è monitorato e codificato nelle acque marine, non lo è nei fiumi e nei laghi, dove non solo le microplastiche sono presenti ma spesso si fa un uso importante delle acque ai fini irrigui o idropotabili», aggiunge il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti.

«Per questo ci auguriamo che il progetto Blue Lakes possa contribuire a dare uno strumento utile di monitoraggio e a rivedere la normativa sui controlli, inserendo anche questo parametro. Coerentemente con il raggiungimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite 14, obiettivo 14.1 che prevede, entro il 2025, di prevenire e ridurre significativamente l’inquinamento marino di ogni tipo, in particolare dalle attività a terra tra cui i detriti marini e l’inquinamento da nutrienti» conclude.

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