Wiki

Il futuro della plastica: come migliorare la sua produzione e trasformazione

Nonostante gli appelli per un utilizzo più razionato e un maggior riciclo, secondo Greenpeace entro il 2030-2035 raddoppierà rispetto ai volumi del 2015, triplicando entro il 2050
Credit: Anna shvets/Pexels

Il futuro della plastica è uno dei temi più controversi degli ultimi anni, da un inizio in cui si elencavano i pregi di questo materiale come la versatilità e la redditività, oggi invece la plastica è al bando per combattere l’inquinamento, essendo difficilmente smaltibile e quindi un danno per l’ambiente.

Nonostante i molti appelli di questi anni verso un utilizzo più razionato e con un maggior riciclo per tutti i Paesi, secondo Greenpeace entro il 2030-2035 la produzione di materie plastiche raddoppierà rispetto ai volumi del 2015, mentre entro il 2050 i volumi triplicheranno.

I numeri

Il rapporto realizzato da Greenpeace Plastica: emergenza fuori controllo rivela infatti che per quanto riguarda il futuro della plastica si hanno ancora delle grosse incognite, questo materiale ha raggiunto livelli elevati di produzione proprio negli ultimi decenni tra il 2000 e il 2015 e solo nell’anno 2019-2020 la produzione di questo materiale è arrivata a circa 370 milioni di tonnellate di plastica all’anno.

Questi numeri potrebbero raddoppiare entro il 2030-2035, per poi triplicare entro metà secolo, raggiungendo 1.100 milioni di tonnellate prodotte.

Secondo alcune stime però di tutta la plastica prodotta nella storia solo il 10% è stato correttamente riciclato, il resto è stato bruciato (14%) o è finito in discariche o disperso nell’ambiente.

Germania, Italia, Francia, Polonia, Spagna e Regno Unito da sole rappresentano quasi il 70% della produzione di plastica in Europa, mente nel mondo abbiamo tra i primi posti la Cina con una produzione del 32%, il 19% arriva dal Nord America, il 17% dal resto dell’Asia, il 15% dall’Europa.

Molta della produzione della plastica circa il 40% viene utilizzata per il packaging dei prodotti commerciali e industriali e per la plastica monouso, tra i rifiuti più difficili da riciclare e questo contribuisce ad aggravare l’inquinamento in modo importante. Per questo il 14 gennaio 2022 è arrivato lo stop in Italia all’uso di oggetti non compostabili e non biodegradabili, frutto del decreto legislativo 196/2021 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 30 novembre scorso che recepisce una direttiva europea del 2019, la Sup- Single Use Plastic. Con questa direttiva l’Europa mira a ridurre notevolmente l’impatto di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, preservando mari e oceani.

Il futuro della plastica

L’argomento “futuro della plastica” interessa tutto il Pianeta e dà motivo a molte istituzioni e organizzazioni di approfondire le ricerche sulla situazione attuale. L’Ocse in due dei suoi ultimi rapporti cerca di fare chiarezza a esempio sui fattori economici, impatti ambientali e opzioni politiche, legati all’inquinamento da plastica nel mondo.

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nel primo rapporto Global Plastics Outlook descrive quanto sia ancora determinante per il mondo le conseguenze dell’utilizzo di questo materiale. Passando dai 234 milioni di tonnellate di plastica prodotte nel 2000 ai 460 del 2019, raddoppiato poi anche il numero dei rifiuti di plastica negli ultimi vent’anni: dai 156 milioni di tonnellate ai 353, sempre del 2019. Il secondo report dell’Ocse, Global Plastics Outlook: Policy Scenarios to 2060, si concentra sul futuro della plastica e sul corretto uso e riciclo dei rifiuti di questo materiale entro il 2060.

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico esamina in che modo aumenteranno l’uso, i rifiuti e l’inquinamento della plastica.

Riciclo della plastica

Una delle strade per il futuro della plastica e per migliorare questa situazione è sicuramente incentivare il business del riciclo della plastica, un settore specifico del riciclaggio dei rifiuti, che consiste in un insieme di operazioni che vengono svolte sui rifiuti costituiti da plastica per ottenere un nuovo materiale da reimmettere nei processi produttivi.

Le materie plastiche più diffuse sul mercato dei prodotti di consumo sono molte: il polietilene utilizzato per sacchetti, flaconi per detergenti, giocattoli, oggetti per l’arredamento; il cloruro di polivinile inserito nelle vaschette per le uova, film, tubi, porte, nelle finestre, nelle piastrelle. Infine il polietilene tereftalato usato per le bottiglie per bevande, fibre sintetiche, nastri per cassette; e il polistirene, anche detto polistirolo (Ps

) che si trova nelle vaschette per alimenti, posate, piatti, bicchieri.

La raccolta differenziata delle materie plastiche riguarda in particolare gli imballaggi, che costituiscono oltre il 50% della plastica contenuta nei rifiuti urbani.

Per il riciclo della plastica dopo la fase di raccolta differenziata, la plastica viene portata negli impianti di prima selezione e trattamento; separata da altre frazioni e impurità e suddivisa per tipi di polimero.

Il procedimento di riciclo può essere meccanico, il più comune: si ottengono scaglie o granuli che verranno utilizzati per la produzione di nuovi oggetti. Il materiale ottenuto è tanto migliore quanto più la plastica di partenza è omogenea. Il procedimento di riciclo chimico invece, applicato a livello industriale, mira a spezzare le molecole base della plastica (polimeri) e ottenere le materie prime (monomeri) di partenza.

Quali sono gli effetti negativi della plastica?

Uno dei peggiori in questi anni è stato quello legato alla dispersione di questo materiali nei mari e negli oceani. Si stima che la plastica che galleggia negli oceani si aggiri tra i 5 e i 13 milioni di tonnellate e che la metà di questa sia composta da plastica usa e getta: è stato stimato che il costo futuro per rimuovere la plastica accumulata nell’ambiente supererà il costo di prevenirne la dispersione, in Europa la stima è di 630 milioni di euro all’anno.

In questo ambito esiste un’innovazione per la plastica e la sua dispersione nei oceani.

Per pensare a come salvare i mari e gli oceani, è stato pensato a un drone mangia-plastica, presentato a Venezia in occasione della Giornata mondiale degli oceani, chiamato Pixie Drone e ideato da LifeGate. Questo drone è stato «adottato» da Findus all’interno della strategia espressa nel manifesto Fish for Good per il futuro degli oceani che si basa su tre pilastri: pesca responsabile e trasparente, salvaguardia degli oceani e rispetto dell’ambiente.

Pixie Drone è un dispositivo di ultima generazione con 6 ore di autonomia in grado di raccogliere fino a 60 chili di rifiuti galleggianti mentre procede a una velocità di 3 km/h.

Funziona con una profondità di almeno 30 centimetri e viene telecomandato a distanza fino a 500 metri dalla riva per mezzo anche di una videocamera.

Oltre alla dispersione nell’ambiente e nei mari la plastica è nociva anche per la salute delle persone. Nella plastica infatti sono presenti tantissime sostanze e composti dannosi per la salute della persone, come a esempio, diossina, stabilizzatori Uv, piombo e cadmio.

Questo è quanto emerso dal rapporto realizzato da Endocrine Society, che dimostra come le materie plastiche rappresentano una minaccia per la salute pubblica in quanto contengono una serie di sostanze chimiche pericolose e dannose per il sistema endocrino.

Queste sostanze disturbano i sistemi ormonali del corpo e possono causare cancro, diabete, disturbi riproduttivi, danni allo sviluppo neurologico dei feti e dei bambini.

Capendo quali sono gli effetti negativi della plastica le aziende negli ultimi anni si sono organizzate per favorire comportamenti virtuosi finalizzati alla riduzione drastica del consumo di plastica monouso e la riduzione del packaging dei prodotti utilizzati.

Un mondo plastic free è possibile?

Sognare un mondo plastic free forse è azzardato visto che solo in Europa il settore conta 1,5 milioni di occupati e affari per 340 miliardi l’anno.

La plastica ha futuro quindi ma si deve puntare a un suo uso più limitato e consapevole.

Alcune grandi aziende del settore hanno modificato i loro prodotti, si studiano in laboratorio soluzioni alternative per prodotti non più legati al petrolio, prodotti con nuovi materiali di provenienza fossile che rispettino le proprietà chimico fisiche delle plastiche, ma che uniscano bioderivabilità, riutilizzabilità, riciclabilità, biodegradabilità e biocompostabilità.

Al momento, in attesa di ulteriori innovazione per la plastica, le strategie per salvare il Pianeta e il futuro della plastica sono legate sicuramente all’aumento della quantità di materiali riciclati.

Serve progettazione e innovazione, la sfida più grande è rappresentata dall’enorme quantità di plastica usata per il packaging.

Qui è importante spingere sul pedale dell’innovazione nella plastica, usando materiali più riciclabili.

Importante, infine, anche la strategia del riutilizzo, oltre il 20% degli imballaggi potrebbe essere riutilizzato in modo proficuo, sostituendo i sacchetti di plastica monouso a esempio con alternative riutilizzabili.

Leggi anche
Ambiente
di Redazione 2 min lettura
Ambiente
di Chiara Manetti 2 min lettura