Diritti

L’aborto diventerà un diritto europeo fondamentale?

Il Parlamento europeo ha votato per l’inclusione del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza nella Carta dei diritti fondamentali Ue. Condannando la decisione della Corte Suprema
Credit: Julien Warnand/EPA-EFE
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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10 luglio 2022 Aggiornato alle 07:00

Il Parlamento europeo ha preso posizione sull’aborto. Non solo condannando la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha ribaltato la Roe v. Wade, la sentenza che tutelava il diritto all’interruzione di gravidanza, ma anche chiedendo di inserire l’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Entrata in vigore nel 2009, la Carta contiene gli ideali su cui si fonda l’Unione europea ed è giuridicamente vincolante in tutti gli Stati membri.

Nella risoluzione di giovedì 7 luglio, l’Eurocamera ha condannato “fermamente la regressione in materia di diritti delle donne e di salute sessuale”, approvando la delibera con 324 voti favorevoli, 115 contrari e 38 astenuti. I membri conservatori del Parlamento hanno votato contro la risoluzione.

Secondo gli eurodeputati “ogni persona ha diritto all’aborto sicuro e legale”: da qui la proposta intesa a modificare l’articolo 7 della Carta, in attesa che il Consiglio europeo si riunisca per discutere una revisione dei Trattati dell’Ue. Un processo non facile, che richiede l’unanimità dei membri.

Dopo la decisione della Corte Suprema, i legislatori europei hanno chiesto al Congresso degli Stati Uniti di approvare un disegno di legge che protegga l’aborto a livello federale, oltre a esprimere la necessità di salvaguardare i diritti all’aborto e la salute delle donne nell’Unione europea. Temono un aumento dei finanziamenti per i gruppi antiabortisti non solo in Usa, ma anche in Europa.

Strasburgo chiede agli Stati membri di depenalizzare l’aborto e rimuovere le restrizioni legali, economiche e sociali che ancora esistono e ostacolano l’accesso alla pratica.

Come spiega la risoluzione del Parlamento Ue, “dovrebbero garantire l’accesso a servizi di aborto sicuri, legali e gratuiti, servizi di assistenza sanitaria prenatale e materna, pianificazione familiare volontaria, servizi a misura di giovane e prevenzione, trattamento e supporto dell’HIV, senza discriminazioni”.

Secondo il testo, “la Commissione e gli Stati membri dovrebbero rafforzare il loro sostegno politico ai difensori dei diritti umani e agli operatori sanitari che lavorano per promuovere la salute e i diritti sessuali e riproduttivi”.

L’Atlante delle politiche europee sull’aborto, pubblicato a settembre del 2021 dal Parlamento europeo per i diritti sessuali e riproduttivi, valuta 53 Paesi e territori europei sui quadri legali per accedere a cure sicure per l’aborto “mostra chiaramente che l’Europa non è così progressista come potrebbe sembrare”.

«Mentre i sistemi sanitari nazionali in 21 Paesi considerano l’aborto come qualsiasi altro servizio medico, in 14 Paesi e territori l’aborto rimane tecnicamente un reato, anche se la maggior parte delle europee considera l’aborto un diritto delle donne», ha dichiarato Neil Datta, segretario dell’Epf.

In questa classifica, che tiene conto anche di una serie di Paesi vicini al Vecchio Continente, tra cui Russia, Turchia, Ucraina e Islanda (ai primi posti insieme alla Svezia), l’Italia è in una posizione medio-alta, al 16° posto. Eppure, la legge 194 che regola il diritto all’interruzione di gravidanza nel Paese, consente l’obiezione di coscienza ai medici. Nel 2020 la percentuale di ginecologi obiettori di coscienza è arrivata al 64,6%.

In Unione Europea i diritti all’aborto variano a seconda del Paese: Malta ha le leggi più restrittive del blocco e non concede l’accesso alla pratica nemmeno per salvare la vita della donna. Questo diritto è limitato anche in Polonia e Croazia.

La risoluzione di Strasburgo invita gli Stati membri a depenalizzare l’aborto e rimuovere le barriere esistenti. Accadrà?

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