Bambini

Ora ti spiego lo Ius Scholae

É una parola che viene dal latino e significa “diritto che viene dalla scuola”. Però, in questo caso, i compiti non c’entrano nulla. Qui si parla di cittadinanza, ovvero di diventare bimbə italianə proprio andando a scuola
Credit: Illustrazione di Rocco di Liso
Tempo di lettura 3 min lettura
2 luglio 2022 Aggiornato alle 09:00

Da mercoledì, a Roma, in Parlamento (una stanza rosso corallo molto bella con 945 poltroncine rosso corallo e altrettanti politici che non sempre alzano la mano per parlare a turno), si discute di una cosa importantissima che ti riguarda. È una parola un po’ strana, tieniti forte: Ius Scholae.

Ius scholae viene dal latino, una lingua antichissima che fa da nonna a tante altre lingue che si assomigliano tra loro, come cugini: l’italiano, il francese, lo spagnolo, il portoghese e il romeno. In latino, ius scholae vuol dire «il diritto che viene dalla scuola». Ma il diritto a cosa? A non fare i compiti? A mangiare una vaschetta di gelato al giorno? No. Il diritto a essere italianə, per amore e per legge.

In Italia, circa 1 bambinə su 10 non ha la nazionalità italiana. Questo perché è arrivatə in Italia da un altro Paese, oppure perché è natə in Italia ma i suoi genitori no. I Paesi del mondo non hanno tutti le stesse regole quando si tratta di cittadinanza. Ci sono Paesi, come gli Stati Uniti e il Brasile, che danno la cittadinanza a chiunque nasca sul posto. Non importa da dove vengono i tuoi genitori: se erano in vacanza a Rio de Janeiro il giorno della tua nascita, sei brasilianə. Si chiama Ius Soli, il diritto che viene dalla terra.

In Germania e in Italia, invece, c’è lo Ius Sanguinis, il diritto del sangue. Niente paura, non si farà male nessuno! Vuol dire che si è italianə o tedeschə quando si è figlə o nipoti di italianə o tedeschə. Se una persona nasce nel nostro Paese da due genitori stranieri o arriva in Italia più in là, invece, è tutto più complicato. Le nostre leggi non vanno al passo con i tempi e, soprattutto, con la gente e con il mondo che gira e che si sposta.

Con lo Ius Scholae, invece, si vuole fare in modo che unə alunnə che è andatə a scuola in Italia per almeno 5 anni possa diventare italianə. Non c’è niente come la scuola, infatti, che ci insegni come vivere tuttə insieme, a imparare cose nuove e anche a farci sentire parte di una comunità, di una grande famiglia.

È molto importante che tuttə ə bambinə che vanno a scuola in Italia e studiano, imparano e giocano insieme, possano avere gli stessi diritti. Una persona straniera, per esempio, a seconda del Paese di origine dei suoi genitori, potrebbe non andare in gita all’estero, né fare le stesse belle esperienze di una italiana.

Non poter studiare come ə proprə compagnə vuol dire partire con una marcia in meno e dover fare due volte più sforzi per ottenere gli stessi risultati. Vuol dire non avere tutte le possibilità di fare il lavoro che ci piace, guadagnare il giusto ed essere rispettatə come si deve.

I grandi devono capire che la cittadinanza non è come il pane: se ne do di più agli altri, non ne ho di meno io. Più siamo e più possiamo inventare cose belle, costruire mondi straordinari e fare dell’Italia un posto che ci assomiglia. Anzi, che assomiglia a ognunə di noi, nella sua unicità.

Leggi anche
Bambini
di Chiara Manetti 5 min lettura
italia
di Cristina Sivieri Tagliabue 3 min lettura