Migranti al confine tra Polonia e Bielorussia
Migranti al confine tra Polonia e Bielorussia
Diritti

Polonia e Bielorussia: i confini dei diritti d’Europa

Migranti come marionette. Le vite che contano di meno
di Maria Michela D'Alessandro
Tempo di lettura 7 min lettura
5 dicembre 2021 Aggiornato alle 10:00

1/ Chi, che cosa, perché:

Per calpestare i luoghi dove si sta giocando il concetto di Europa, democrazia, diritti, non basta prendere un aereo, leggere nomi complessi e città che spesso non si sono mai incrociate prima. Bisogna essere disposti a immaginare cosa succeda oltre un filo spinato, cosa significhi trovarsi tra due fuochi, ma al freddo.

Ed è per questo che per il primo reportage de La Svolta siamo stati a Kuźnica, in Polonia, per raccontare che le partite di quella che chiamiamo “Unione” potrebbero anche risolversi davanti a un tavolo, ma che a volte preferiamo perderle prima di agire.

Da Milano a Kuźnica sono 20 ore d’auto. Due ore di volo più tre e mezza di treno. Quindici giorni di cammino a piedi.

Proviamo a riassumere le puntate precedenti.

Appena poco più a est della Polonia, lo scorso maggio Aleksandr Lukashenko, presidente della Bielorussia da 27 anni, ordina a dei caccia militari di dirottare un volo Ryanair diretto a Vilnius, in Lituania, verso Minsk, la capitale della Bielorussia. A bordo, Roman Protasevich, attivista e blogger bielorusso contro il suo regime. Protasevich, tra i fondatori del canale di opposizione Nexta, punto di riferimento dei manifestanti anti Lukashenko, dal 2019 si era trasferito in Lituania per evitare ritorsioni da parte del governo bielorusso.

Cosa c’entra l’arresto di un giovane giornalista con migliaia di migranti intrappolati alla frontiera Kuźnica-Bruzgi tra l’Ue e la Repubblica di Bielorussia? Prima le pressioni e poi le sanzioni di Bruxelles a Minsk hanno portato Lukashenko, chiuso tra i suoi confini, ad architettare una crisi senza precedenti. Obiettivo del regime bielorusso: mettere pressione all’Europa e mostrare la sua fragilità circa l’accoglienza dei migranti.

Durante l’estate, quindi, la compagnia di bandiera bielorussa Belavia ha intensificato i voli provenienti dal Medio Oriente e diretti a Minsk con la promessa di aprire ai migranti le porte d’Europa. Le agenzie di viaggio hanno messo in piedi pacchetti vacanza da 10mila euro per la capitale bielorussa – compresi di hotel per i primi giorni e il trasporto al confine polacco in taxi o pullman.

E a quel punto, attraversare la frontiera Kuźnica-Bruzgi è stato un gioco da ragazzi per i migranti.

Ma con la polizia polacca il gioco è diventato al massacro.

I migranti rimangono intrappolati in una terra di tutti e di nessuno, non possono attraversare il confine, andare in altri paesi europei e chiedere asilo. Intrappolati.

Secondo le stime della Commissione Europea, i migranti in Bielorussia sarebbero circa 17mila, di cui circa 2000 al confine con la Polonia. Dall’inizio dell’anno la polizia di frontiera polacca ha dichiarato 34mila tentativi di attraversamento del confine bielorusso per entrare in Polonia. Di questi, 6mila sono stati registrati nelle prime settimane di novembre, più di 17mila a ottobre, quasi 8mila a settembre.

2/ Dove, come, quando?

“Kuźnica? Migrants? No, No, migrants no”. La chiamata con diversi tassisti finisce prima ancora di poter spiegare che non sono una migrante intrappolata al confine tra Polonia e Bielorussia, ma una giornalista. Il viaggio nella terra dei diritti dimenticati inizia da Milano con un volo diretto a Varsavia, in un venerdì pomeriggio piovoso e freddo. Direzione Kuźnica, comune rurale polacco del distretto di Sokółka, a poco più di 250 km a nord-est dalla capitale.

Dall’altra parte della frontiera Bruzgi, nel distretto di Grodno in Bielorussia. Nel 2019 gli abitanti del villaggio polacco erano meno di 1200 e la cittadina era conosciuta per lo più dagli autotrasportatori in transito tra l’Unione Europea e l’est del continente. Oggi, raggiungere il valico di frontiera Kuźnica-Bruzgi, anche per un semplice cittadino con passaporto europeo, è impossibile.

Da settembre 2021, la Polonia ha dichiarato lo stato di emergenza nell’area vicino il confine con la Bielorussia, 3 km di terra chiusi a giornalisti, associazioni umanitarie, persino ai turisti che da anni vengono qui per visitare l’antica foresta vergine di Białowieża e l’omonimo parco nazionale, il più antico della Polonia.

Il 1 dicembre, al termine dello stato di emergenza, il presidente della Polonia, Andrzej Duda, ha ratificato un disegno di legge che impone un divieto di accesso nell’area di confine a giornalisti e operatori di ONG. Il Governo polacco ha anche annunciato la costruzione di un muro al confine con la Bielorussia che dovrebbe iniziare entro la fine di dicembre.

Oggi quella foresta, rinominata “the jungle”, è ancora luogo di orrore per migliaia di migranti provenienti dal Medio Oriente, ingannati da Aleksandr Lukashenko e la sua strategia di usarli come arma contro l’Ue.

Con la nuova legge polacca, per entrare nella zona rossa sarà necessario ottenere un permesso dalla Guardia di frontiera che potrà accordarlo “a sua discrezione”.

Eppure ancora niente, a 3 km dal confine, oltre il posto di blocco presidiato dai poliziotti in passamontagna, non si può andare: dopo un controllo al portabagagli, i residenti sono gli unici autorizzati a entrare nella zona rossa. Servendosi di ripetuti stati di emergenza nazionali, che però non sospendono né il diritto internazionale né quello d’asilo, la Polonia viola le convenzioni internazionali.

Da Bruxelles, arrivano invece nuove misure temporanee messe a punto dalla Commissione – che dovranno essere votate dal Consiglio – per fronteggiare quella che definisce una “guerra ibrida” sul confine orientale dell’Ue. Tra queste, più tempo per registrare le domande d’asilo, centri di detenzione al confine e procedure semplificate per espellere tutti i migranti che dovessero vedere la propria domanda respinta. In questo modo, l’esecutivo comunitario prova a venire incontro alle richieste di Polonia, Lettonia e Lituania, cercando di garantire loro una sospensione di 6 mesi di alcune procedure relative alle richieste d’asilo. Tuttavia, a causa delle tempistiche più lunghe per la registrazione delle domande d’asilo, si teme che i diritti dei migranti siano ancora una volta dimenticati.

3/ Le vite spezzate e un raggio verde per la salvezza

Ahmad al Hassan è stato sepolto nel cimitero musulmano di Bohoniki, un piccolo villaggio di tàtari nel nord-est della Polonia, gruppo etnico di origine turca, storicamente insediato nella Russia meridionale. Abbiamo assistito tutti, grazie ai media presenti, all’ultimo saluto della sua gente a un passo dalla frontiera Kuźnica-Bruzgi tra Polonia e Bielorussia.

Esserci, più che nel momento di commiato degli altri, nel luogo del suo riposo, è diventato necessario.

Ma perché Ahmad al Hassan è morto? Aveva 19 anni, era stato trovato un mese fa in un fiume vicino al confine con la Bielorussia. Come lui un bambino di un anno. Tutti e due siriani e un destino comune, non avercela fatta. Hanno patito il freddo, la pioggia, hanno vissuto per giorni e settimane con i vestiti e le scarpe bagnate, senza cibo, acqua e un tetto dove dormire.

Si può, ai confini dell’Europa dei diritti, ancora, morire di freddo e fame.

Non si è nascosto a sufficienza, in quella morsa di freddo a cavallo tra la polizia di frontiera polacca e quella bielorussa dall’altra. O si è nascosto troppo bene, tanto da non riuscire a chiedere aiuto neppure ai volontari. Che nell’ombra, silenziosamente aiutano chi nella foresta tenta di sopravvivere per settimane.

Solo da quest’estate, i migranti trovati morti al confine tra Polonia e Bielorussia sono 12, e con le temperature invernali i numeri potrebbero aumentare. Per non parlare del rischio che la neve celi i corpi fino alla primavera.

Grupa Granica (Gruppo di confine), Fundacja Ocalenie (Fondazione della Salvezza), Medycy na granicy (Medici al confine), Rodziny bez Granic (Famiglie senza frontiere). Sono queste alcune delle associazioni che dall’inizio della crisi umanitaria aiutano i migranti portando loro cibo, acqua, vestiti. Localizzarli nella foresta non è facile e per chi non è residente nei 3 km di zona rossa vicino a Kuźnica, andare è illegale.

Leggi anche
Migranti al confine tra Polonia e Bielorussia
Diritti
di Maria Michela D'Alessandro 6 min lettura
Diritti
di Maria Michela D'Alessandro 3 min lettura
Futuro
di Maria Michela D'Alessandro 2 min lettura