Ambiente

Di questo passo, nel 2060 la plastica triplicherà

Arrivano dati sconfortanti dall’ultimo report Ocse. Il derivato dal petrolio è destinato ad aumentare drasticamente nei prossimi 40 anni, a meno che non subentri una visione globale per arginarne la dispersione nell’ambiente
Credit: Foto di Anna Shvets/Pexels
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14 giugno 2022 Aggiornato alle 07:00

Tra pandemia, crisi climatica e conflitti, a volte sembriamo dimenticarcene: il mondo continua a essere sommerso dalla plastica.

Questo materiale, utilissimo per i nostri prodotti e consumi, ma estremamente difficile da riciclare e recuperare (appena tra il 9% e il 12% al mondo), nonostante le campagne, le promesse e gli impegni, non solo continua a soffocare i nostri ambienti ma sarà sempre più presente.

Un nuovo e allarmante report lanciato dall’Ocse, che sarà presentato ufficialmente a fine giugno, sostiene che la produzione di rifiuti di plastica triplicherà entro il 2060.

Già oggi tra 8 e 13 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, mettendo in pericolo creature e ecosistemi. Dall’Indonesia all’Africa, dai fiumi del sud est asiatico sino alle isole del Sud America, la plastica si sta accumulando letteralmente ovunque.

Le microplastiche, i frammenti di polietilene, polipropilene e altri polimeri, sono state recentemente trovate perfino nella neve appena caduta in Antartide, così come nell’aria sopra le montagne, nell’Artico o negli abissi della Fossa delle Marianne.

Seppur molti degli atteggiamenti individuali delle persone siano cambiati, garantendo una maggiore attenzione per evitare l’abuso di questo materiale (agevolati anche da direttive come quella Sup dell’Unione Europea), se non si fermerà questo “fiume” in piena, per l’Ocse fra meno di quarant’anni la produzione di plastica triplicherà rispetto al livello del 2019, passando da 460 milioni di tonnellate a 1231 milioni e i rifiuti aumenteranno con le medesime proporzioni, superando 1 miliardo di tonnellate.

Mentre è ancora in corso l’iniziativa Onu carica di speranze, che durerà non meno di due anni, per tentare un “trattato mondiale contro l’inquinamento da plastica”, la crescita esponenziale di questo materiale nel frattempo minaccia seriamente la biodiversità (per esempio uccidendo oltre un milione di uccelli marini all’anno), gli ecosistemi e persino la salute dell’uomo, con le microplastiche individuate già nel sangue e nei polmoni delle persone.

A guidare questo aumento senza fine per l’Ocse saranno la crescita economica e quella demografica, soprattutto in paesi come l’Asia e l’Africa subsahariana.

Allo stesso tempo, però, se si accelerasse il trattato Onu e si spingesse per una azione aggressiva in modo di ridurre la domanda, così come migliorando tecnologicamente altri materiali alternativi, la produzione anziché triplicare raddoppierebbe o potrebbe assestarsi.

Sempre secondo le previsioni, anche la plastica riciclata potrebbe crescere, passando dal 12 al 40%. «L’inquinamento da plastica è una delle grandi sfide ambientali del 21° secolo, che causa danni ad ampio raggio agli ecosistemi e alla salute umana», ha ribadito il capo dell’Ocse Mathias Cormann, ricordando che il 60% della plastica prodotta dagli anni Cinquanta fino a oggi è finito tra discariche, inceneritori e soprattutto in ambiente.

Per cui, sostengono i vertici Ocse, nel combattere la plastica non si può più passare soltanto per campagne, annunci e buone intenzioni. Sono fondamentali leggi e una visione precisa per migliorare la gestione dei rifiuti e il riciclo.

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