Diritti

169 milioni di bambini lavorano per noi

Sfruttamento minorile: le stime Unicef-Ilo parlano di un aumento di 9 milioni di piccoli in tutto il mondo dopo la pandemia
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12 giugno 2022 Aggiornato alle 09:00

Nelle foreste tropicali di Ghana e Costa d’Avorio, i bambini vengono sfruttati per riuscire a prendere le fave di cacao avvolte dai baccelli della pianta. Hanno bisogno del machete, le loro mani sono piccole e veloci, il caldo e l’umidità li sfiancano.

Il lavoro minorile legato alla produzione di cacao è solo una delle tante sfaccettature dello sfruttamento lavorativo dei bambini, uno di quei fenomeni che la pandemia ha contribuito a rafforzare. Oggi, 12 giugno, si celebra la Giornata Mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile: di che cifre parliamo?

Secondo le ultime stime di Unicef e Ilo (l’International Labour Organization che promuove la giustizia sociale e i diritti umani) delle 7,9 miliardi di persone al mondo circa 160 milioni sono bambini tra i 5 e i 17 anni soggetti al fenomeno.

Di questi circa la metà, 79 milioni, sono costretti a svolgere lavori duri e pericolosi non solo per la loro salute, ma anche per il loro sviluppo psico-fisico. Queste cifre risalgono a prima della pandemia e senza dubbio sono state aggravate dall‘impatto della crisi sociale ed economica successiva all’emergenza Covid-19. Le stime parlando di ben 9 milioni di bambini in più.

Il lavoro minorile legato alla produzione di cacao ha avuto origine dal colonialismo e da lì, in determinati Paesi, non è più cessato. Come spiega l’antropologo Robert C. Ulin, all’epoca gli inglesi introdussero le piante di cacao in Africa occidentale, dove le condizioni di coltivazione erano l’ideale: le foreste tropicali in Ghana e Costa d’Avorio avvolgevano le foglie di cacao del caldo e dell’umidità tipici delle foreste tropicali ed essenziali per la sua crescita.

Le fattorie di caco sono ancora operative, piccole e in mano a proprietari poveri: per la raccolta e la lavorazione ci vorrebbe molta manodopera che, però, questi agricoltori non possono permettersi perché non hanno i mezzi finanziari o un lavoro familiare adeguato. Ed è qui che entrano in campo i bambini: spesso hanno 5 anni, più tipicamente sono di età compresa tra i 10 e i 12 anni.

Molti dei bambini che lavorano in queste realtà provengono dal Mali, tra le regioni desertiche di Niger, Mauritania e Algeria, e quelle più verdi di Burkina Faso, Senegal, Guinea e Costa d’Avorio. Vengono avvicinati dai trafficanti che gli promettono una paga dignitosa, e accettano per aiutare le proprie famiglie.

Il documentario “The dark side of chocolate”, disponibile su Youtube, mostra come i bambini vengano poi portati in Costa d’Avorio e Ghana dai trafficanti, supportati dalla polizia locale, e poi venduti ai contadini. Non è chiaro quanti lavorino in queste realtà: secondo Ilo, potrebbero essere 1,56 milioni solo in questi due Paesi dell’Africa.

E in Italia? Come spiega Save The Children, non esiste una rilevazione sistematica in grado di definire i contorni del fenomeno.

Secondo una ricerca della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro pubblicata nel 2021, circa il 10,7% degli occupati nel 2020 hanno iniziato a lavorare prima dei 16 anni, una situazione più diffusa al nord Italia che al sud. L’ultima indagine sul lavoro minorile condotta da Save The Children e Fondazione Di Vittorio risale al 2013, quando i minori tra i 7 e i 15 anni toccati dal fenomeno erano 340.000.

L’obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite richiama proprio alla necessità di eliminare le peggiori forme di lavoro minorile entro il 2025.

L’anno scorso Ilo ha lanciato, insieme a varie organizzazioni, tra cui Save The Children, l’Alleanza 8.7, un’iniziativa mondiale che riunisce Stati membri, organizzazioni regionali e internazionali, società civile e imprese, per dire basta al lavoro minorile, alla schiavitù moderna e alla tratta degli esseri umani.

Un altro progetto, “MAP16, gestito dall’Organizzazione internazionale del lavoro e finanziato dal Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti, è partito nel 2017 e durerà fino a settembre di quest’anno: mira a accelerare l’azione contro il lavoro minorile e il lavoro forzato.

Cinque anni fa i bambini toccati dal fenomeno erano 151,6 milioni, nel 2000 circa 246 milioni. Segno che la cooperazione internazionale sta dando i suoi frutti. La pandemia, però, non era prevista.

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