Ambiente

Riscoprire la Geografia per salvare la Terra

Il 5 giugno è la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Torniamo a insegnare nelle scuole una materia cardine per capire le sfide climatiche
Un'immagine di Esther Horvath, vincitrice dell'Environment Award al World Press Photo 2020.
Un'immagine di Esther Horvath, vincitrice dell'Environment Award al World Press Photo 2020.
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3 giugno 2022 Aggiornato alle 06:30

ambiente s. m. [dal lat. ambiens -entis], part. pres. di ambire «andare intorno, circondare». In senso amplio, la natura, come luogo più o meno circoscritto in cui si svolge la vita dell’uomo, degli animali, delle piante, con i suoi aspetti di paesaggio, le sue risorse, i suoi equilibrî, considerata sia in sé stessa sia nelle trasformazioni operate dall’uomo e nei nuovi equilibrî che ne sono risultati, e come patrimonio da conservare proteggendolo dalla distruzione, dalla degradazione, dall’inquinamento.

Ogni anno il 5 giugno festeggiamo l’ambiente con una giornata a esso dedicata. Il tema del 2022 è #OnlyOneEarth (SoloUnaTerra), lo stesso della Conferenza di Stoccolma del 1972, il primo grande evento internazionale sulla natura mai organizzato.

Si celebrano così i 50 anni di quell’evento per ribadire l’inevitabilità di un altro modo di vivere, consumare, produrre per preservare le risorse limitate della terra. Un modo per ricordare che distruggere l’ambiente è distruggere l’uomo. Non meno di una guerra, forse peggio.

Cinquant’anni di lotta per l’ambiente costellati di pochi, importanti successi (contenimento del buco dell’ozono, riduzione dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua in varie parti del pianeta, inizio della decarbonizzazione con l’Accordo di Parigi), ma anche grandi fallimenti, come il disastro della biodiversità, crudamente raccontato dal nuovo bellissimo libro di Valeria Barbi, Che cosa è la biodiversità, l’erosione dei suoli, la deforestazione, l’inevitabilità del climate change.

Come cambiare rotta davvero? È la domanda che ossessiona esperte ed esperti, cittadine e cittadini, studenti e studentesse, tanto da generare un’inquietudine definita appropriatamente “ecoansia”. Si dice spesso che “manca l’educazione all’ambiente”, nelle imprese, nello Stato, ma soprattutto a scuola. La dimostrazione è il susseguirsi degli ultimi mesi di corsi per docenti, webinar per studenti, classi sul cambiamento climatico, progetti di educazione alla qualità dell’aria, eccetera.

Un inizio, ma la questione dovrebbe essere trattata altrimenti dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. Serve ovviamente fare corsi di aggiornamento per docenti che nei peggiori casi negano il cambiamento climatico oppure non sanno dare una definizione sintetica della biodiversità e non hanno alcuna conoscenza di concetti come economia circolare o stress idrico.

Ma il punto centrale in questo caso dovrebbe essere quella di rendere la geografia materia cardine per comprendere quello che sta succedendo all’ambiente che ci circonda. La geografia, la scienza che racconta della Terra, insegnata con metodo moderno, focalizzata sulle questioni ambientali. Lontana dal nozionismo della toponomastica, può contribuire grandemente alla formazione della consapevolezza sui problemi per cui ci stracciamo le vesti ma poi in fondo non conosciamo così bene.

Quale follia è stata quella di ridurne la presenza nei curricula scolastici, alle medie e alle superiori e non formare una nuova classe di geografi! Mentre i corsi universitari di Geografia sono presi d’assalto (ma anche questi, parola di geografo con tanto di dottorato, sarebbero da migliorare), nelle scuole superiori la materia di Strabone o Von Humboldt, ma anche di Jared Diamond e David Harvey ha meno importanza dell’ora di religione.

È ridotta a nomi di capitali e antiche descrizioni del ciclo dell’acqua. Abbiamo alcuni dei più grandi geografi al mondo, come Franco Farinelli, ma non sappiamo come si forma e quale sorte attende i ghiacciai delle nostre Alpi.

La mancanza di informazione scientifica e geografica sulle questioni ambientali fa si che si formino opinioni su questioni centrali come la transizione energetica alle rinnovabili, i consumi alimentari, la produzione industriale, completamente distorte da fake news, influencer prezzolati e eco-giornalisti privi della corretta formazione.

La geografia potrebbe grandemente contribuire a cambiare questa totale impreparazione delle giovani generazioni (le vecchie sono perdute per sempre e vanno scavalcate) alla crisi globale dell’ambiente.

Abbiamo inserito l’ambiente in Costituzione e soprattutto il principio di equità intergenerazionale. Rispettiamo questi fondamenti iniziando a ripensare le priorità dei curricula scolastici, ridando spazio a una geografia riformata, contemporanea, che ci offra mappe per comprendere un presente caotico e un futuro oscuro.

Spero dunque che per il 5 giugno 2023 potremo festeggiare qualcosa di concreto con il governo e non solo vedere l’ennesimo hashtag sull’ambiente. Potrebbe essere l’atto più importante del mandato del ministro Patrizio Bianchi.

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