Diritti

Peccato che sia femmina

I gender reveal parties sono la moda del momento, ma cosa ci dicono delle nostre aspettative sul genere?
Credit: Dainis Graveris/unsplas
Tempo di lettura 5 min lettura
1 giugno 2022 Aggiornato alle 06:30

Ci sono cose in apparenza trascurabili che finiscono per avere conseguenze inattese e del tutto fuori controllo, e no, non sto parlando della troupe cinematografica che per girare una scena di incendio dà fuoco a mezza Stromboli, anche se come esempio non è niente male.

La storia è quella di Jenna Karvunidis, blogger americana, che nel 2008 annuncia sui social che sta per avere una bambina usando una torta ripiena di crema rosa. La storia dei cosiddetti gender reveal parties inizia così, con un video in cui madre, padre, parenti e amici si organizzano per scoprire tutti insieme i risultati dell’ultima ecografia, e diventa un trend in cui si fa a gara per organizzare eventi sempre più spettacolari, costosi e di dubbio gusto.

Ci sono quelli che hanno affidato la rivelazione a un cucciolo di alligatore preso a colpetti sulla testa fino a farlo sbroccare e mordere il palloncino che aveva davanti, liberando i coriandoli del colore corrispondente al genere del nascituro; quelli che hanno sparato fuochi d’artificio in mezzo alla folla; e quelli che hanno fabbricato una bomba pensando che l’esplosione di colori portasse felicità, e invece hanno ammazzato una nonna o direttamente il padre del bambino.

Davanti a queste tragedie, i light mapping organizzati a Napoli per dare il benvenuto al piccolo Nunzio sembrano modesti, quasi francescani.

Ma a noi del gusto, diciamolo, non ce ne frega niente. Il gusto è un concetto relativo e non poco classista, definito dalla borghesia per stabilire una separazione dal proletariato. Non è del gusto o dell’opportunità dei gender reveal che mi interessa parlare, ma di quello che ci dicono sulle nostre aspettative, percezioni e proiezioni sul genere delle persone, piccole e grandi.

Partiamo da come funziona la cosa: il genere del feto (perché quando lo si scopre, o si pensa di scoprirlo, è un feto e non un bambino) viene consegnato in busta chiusa a chi organizza il disvelamento.

Queste persone hanno in mano informazioni preziose quanto il Terzo Segreto di Fatima o il codice delle testate nucleari, e in qualche modo riescono a non tradirsi: qui lo dico, io sapevo che tutti e tre i miei nipoti sarebbero stati maschi perché mia madre aveva visto le ecografie, e me l’ha detto.

Mia sorella ha preferito la sorpresa, ma senza festa con torte o fuochi d’artificio o – vivaddio – animali selvatici altamente pericolosi: lo ha scoperto alla vecchia maniera, all’atto del parto. Se anche una sola dei tre fosse stata femmina, sono quasi sicura che nei quattro-cinque mesi in cui avevo la consegna del silenzio, prima o poi mi sarebbe scappato.

Insomma, questi che oltre a dover stare zitti devono pure organizzare tutta una produzione cinetelevisiva con coriandoli, palloncini, torte o laser sulle facciate degli edifici hanno tutto il mio rispetto. Ci vuole vera, autentica dedizione.

Un tema che accomuna i video che testimoniano i gender reveal, tuttavia, è la delusione dei padri quando scoprono di aspettare una femmina. Se per Nunzio di Napoli parte un’ovazione tipo vittoria dello scudetto, la ricerca “gender reveal disappointment” su YouTube fa uscire tutta una serie di reazioni meno che entusiaste all’idea che la compagna o moglie aspetti una femmina.

Una cosa considerata talmente normale che c’è chi le ha antologizzate come best dad reactions e catalogate come “funny videos”. Uomini adulti si fanno riprendere di loro spontanea volontà mentre esultano in maniera scomposta per un figlio maschio e fanno gesti di autentico disappunto quando scoprono che è in arrivo una femmina, roba che forse neanche nella Cina medievale.

Chissà da dove ci arriverà questa idea di essere sempre qualcosa di meno rispetto a un uomo, mah, davvero. La cosa interessante è che la stessa ricerca non restituisce un gran numero di madri deluse dall’attesa di un figlio maschio: sembra quasi che un ragazzino sia in ogni caso desiderabile, anche per noi, quelle colpevoli di avere a suo tempo deluso i nostri padri.

Siamo nel 2022, e ormai dovremmo aver capito che il sesso biologico non ci dice molto dell’identità di genere delle persone. Il calcolo delle probabilità pende a favore di un allineamento fra sesso e genere, ma è una probabilità in calo in maniera proporzionale al numero di persone che non si identificano con il genere di assegnazione alla nascita.

L’idea che se sei femmina in pancia allora ti piaceranno il rosa, le storie d’amore, il K-pop, il bubble tea e andare con la mamma a fare la manicure è datata quanto l’idea che i maschietti debbano per forza amare il calcio, le attività fuori casa e i motori, ma chi organizza un gender reveal party un po’ di investimento in questa idea deve avercelo per forza, altrimenti non farebbe alcuna differenza.

Maschio o femmina sarebbe uguale, nessuno rimarrebbe deluso. Di sicuro, dietro questa moda c’è una gran voglia di essere al centro dell’attenzione, ma nei quattordici anni trascorsi da quel primo post social anche Jenna Karvunidis è arrivata alla conclusione che forse, come dire, si è esagerato un po’.

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