Ambiente

Il parco eolico sardo che fa litigare tutti

Il nuovo progetto di impianto off shore si chiama Tibula Energia e prevede 62 turbine eoliche galleggianti al largo della costa nord-orientale dell’isola. Ma c’è già chi si oppone, e non solo per difendere il paesaggio
Credit: OLI/Landsat-8/NASA
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30 maggio 2022 Aggiornato alle 11:00

Un investimento da 2,5 miliardi di euro per un nuovo parco eolico galleggiante in Sardegna. Il progetto di Tibula Energia, questo il nome scelto per il nuovo impianto off shore che dovrebbe sorgere al largo della costa nord-orientale, porta la firma delle aziende Falck Renewables e BlueFloat Energy e si aggiunge a quelli già presentati dalle due società a sud-est e a sud-ovest del Golfo di Cagliari per un valore di circa 4 miliardi.

Tibula Energia prevede 62 turbine eoliche galleggianti posizionate a una distanza dalla costa che varia da un minimo di 25 a un massimo di 40 chilometri con una capacità installata di 975 MW e oltre 3,4 TWh/anno di produzione attesa. Un consumo pari a quello di circa 900.000 utenze domestiche, che secondo il gruppo «contribuirà ogni anno a evitare l’emissione in atmosfera di 1,6 milioni di tonnellate di CO2».

«L’eolico marino con tecnologia galleggiante consente il posizionamento delle pale eoliche in mari aperti e profondi, come il Mediterraneo, senza realizzare fondazioni fisse. Questa caratteristica permette di minimizzare gli impatti sull’ambiente marino e terrestre durante tutte le fasi del progetto», si legge nella scheda.

L’impianto conta di generare fino a 3.200 posti di lavoro per le fasi di fabbricazione, assemblaggio e costruzione, e oltre 180 posti per la manutenzione degli impianti dopo l’entrata in esercizio del parco. Il gruppo assicura inoltre che «lo sviluppo della catena di approvvigionamento si basa su un modello inclusivo e sostenibile che farà leva sulla prossimità delle forniture, dando precedenza alle imprese locali».

Lo scorso 6 maggio è stata depositata la richiesta di concessione demaniale marittima, mentre l’avvio del procedimento autorizzativo presso il Ministero della Transizione Ecologica avverrà nelle prossime settimane. Intanto è iniziato il coinvolgimento dei territori del Nordest dell’Isola, ma ci sono già i primi dissensi alla costruzione del nuovo impianto.

«È assurdo e inconcepibile ipotizzare la realizzazione di un parco marino galleggiante di fronte al Parco di Tepilora e alla Riserva di Biosfera Mab. Sarebbe imbarazzante, per chi si affaccia dal Castello della Fava, vedere questi mostri galleggianti in uno dei mari più belli del Mediterraneo», dichiarano Giorgio Fresu e Saturnino Nieddu del gruppo “Posada Bene Comune”.

E aggiungono: «Non siamo contrari al processo di transizione energetica, oggi non più rinviabile, ma siamo altrettanto determinati a impedire che questo tratto di costa, e in generale tutto il mare sardo, possa essere deturpato da questo tipo di impianti».

Nella scheda del progetto si legge però che l’operazione avverrebbe al di fuori delle acque territoriali, e che «dalla costa le turbine saranno pressoché impercettibili all’occhio umano». Anche per questo «la paura delle comunità deve essere ridimensionata», sostiene Francesco Sanna, avvocato che si occupa di temi energetici con esperienza nelle istituzioni parlamentari.

«Il fotovoltaico sui tetti non basta a risolvere un problema globale», aggiunge, «ma in Sardegna mi sembra si stia parlando troppo poco di idrogeno verde». Sanna però pensa anche al territorio, e guarda con interesse all’impegno dichiarato da Falck Renewables e BlueFloat Energy circa la «realizzazione di iniziative che genereranno valore per il territorio, come schemi di comproprietà dell’impianto o progetti ideati dalla comunità stessa».

«Come abbiamo fatto in Scozia vogliamo rendere le comunità locali virtualmente proprietarie di una turbina, in modo che possano usare l’energia prodotta nel loro territorio», ha dichiarato la direttrice tecnica di Tibula Energia Ksenia Balanda intervistata da La Nuova Sardegna.

«È un aspetto inedito nelle grandi opere - dove spesso l’aspetto negoziale cede il passo alla legge in modo incondizionato - che può avvicinare questo progetto al modello delle comunità energetiche con un beneficio anche per i suoi cittadini», conclude Sanna.

In una prospettiva più ampia, però, il problema è anche l’assenza di un piano regolatore che disciplini la pletora di progetti presentati sull’isola.

Secondo un rapporto pubblicato dal Gruppo d’intervento giuridico (Grig), un’associazione ecologista attiva a Cagliari dal 1992, «complessivamente sono stati predisposti e depositati presso gli uffici della Capitaneria di Porto di Cagliari 6 progetti di centrali eoliche offshore» che coinvolgono i mari della sola Sardegna meridionale, per un totale di 174 pale eoliche.

«È il Far West» del Mediterraneo, commenta a La Svolta il presidente di Grig Stefano Deliperi, che ribadisce la necessità di sistemi di accumulo affinché l’energia prodotta non vada dispersa e parla di «speculazione energetica» da parte dei gruppi industriali preoccupati di accaparrarsi il dominio dei mari senza previa valutazione di impatto ambientale.

«Questo assalto al mare», si legge nello studio, «contribuisce a delineare fortemente quello scenario di servitù energetica che pare destinarsi alla Sardegna».

Per scongiurarlo Deliperi propone di individuare prima le zone adatte a ospitare gli impianti e di selezionare le società in un secondo momento tramite apposito bando di gara. Alla lettera, in questo momento la Sardegna sembra andare dove tira il vento.

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