“È violazione della privacy”, se il direttore della banca ti fa questa domanda puoi denunciarlo

Colloquio in banca - fonte_Canva - LaSvolta.it

Colloquio in banca - fonte_Canva - LaSvolta.it

Quante volte in banca ti senti fare delle domande che non ti sembrano appropriate? Da questo momento ti puoi finalmente difendere. 

Alcune domande sembrano veramente innocue, ma invece, se si presta maggiore attenzione si comprende che si tratta di una vera e propria violazione della privacy. Sono sempre di più i cittadini che si trovano letteralmente spiazzati di fronti alle richieste che gli istituti bancari avanzano, ma in fondo si tratta semplicemente del loro lavoro.

Per poter concedere un prestito o un mutuo spesso gli enti finiscono per scavare nel passato più o meno remoto del cliente.

La sensazione diffusa è che essere giudicati non per la semplice affidabilità economica, ma per delle vicende della propria vita quotidiana, mette non poco a disagio. Un atteggiamento non solo crea della frustrazione e del disagio, ma può trasformarsi in un importante ostacolo.

Ma da questo momento in poi, tutto questo non sarà più possibile e vediamone il motivo.

Quando la banca esagera e varca il limite

Nel momento in cui si chiede un prestito, un mutuo o una carta di credito, si viene sottoposti a una serie di valutazioni e una seria raccolta di dati. Vengono valutati i requisiti economici e la capacità di restituire quanto richiesto. Ma quello che molti chiedono è che venga valutata solo la propria capacità economica, ma si vada ben oltre, forse troppo. In passato sono state molte le persone che si sono viste rifiutare mutui e polizze perché la loro storia personale veniva usata come pretesto per escluderle.

Semplice immaginare come a farne le spese sarebbero coloro che hanno avuto dei momenti difficili, hanno sconfitto una malattia e quindi con determinazione cercano di ripartire, senza riuscirlo a fare. Nonostante la guarigione e il ritorno alla normalità, il passato continuava a pesare come un macigno, influenzando decisioni che avrebbero dovuto basarsi esclusivamente su criteri oggettivi. Una prassi ingiusta nei confronti della quale è impossibile non intervenire.

Il diritto all'oblio oncologico - fonte_Canva - LaSvolta.it
Il diritto all’oblio oncologico – fonte_Canva – LaSvolta.it

Si rivendica l’oblio oncologico

Ma da questo momento tutto cambia, se il direttore di banca, l’assicuratore o persino un datore di lavoro ti chiede se in passato hai avuto un tumore, la domanda finisce per macchiarsi di violazione della privacy. Quello che entra in vigore è il diritto all’oblio oncologico, infatti, chi ha superato la malattia non è più obbligato a dichiararlo. Si stabiliscono quindi tempi ben precisi: per i minorenni, sono sufficienti 5 anni dalla fine delle cure, per gli adulti, invece, occorrono 10 anni senza recidive.

Se si superano questi limiti l’ente non può in alcun modo prendere in considerazione questo passato per la valutazione del cliente. Ciò significa che banche, assicurazioni, datori di lavoro e perfino enti che gestiscono le adozioni non possono discriminarti o negarti opportunità basandosi su una malattia ormai superata. Un cambiamento veramente epocale, che permette al cittadino di difendersi.