Dolcificante artificiale nelle acque: la minaccia invisibile che arriva fino ai nostri rubinetti

Dolcificante nel caffè: conseguenze nell'ambiente (Canva) lasvolta.it
Presenza crescente e persistente dei dolcificante artificiali nelle acque reflue: quali sono le conseguenze di questa contaminazione
Ogni giorno ingeriamo dolcificanti artificiali senza pensarci: bibite, snack, farmaci.
Una volta espulsi, però, non spariscono: finiscono nelle acque reflue, dove resistono.
Ciò che sembrava innocuo si trasforma così in una minaccia per fiumi, laghi e perfino per l’uomo.
Una nuova ricerca internazionale fa luce su questa contaminazione nascosta, con risvolti allarmanti per la salute pubblica e gli ecosistemi acquatici.
Una dolce abitudine che lascia tracce amare
I dolcificanti artificiali sono ovunque: nelle bevande light, nei chewing gum, nei prodotti per diabetici, persino nei dentifrici. Sono diventati compagni silenziosi delle nostre giornate, usati per sostituire lo zucchero e ridurre l’apporto calorico. Ma se da un lato sembrano innocui, dall’altro lasciano dietro di sé un’impronta chimica che inquieta sempre più ricercatori e ambientalisti. Una volta ingeriti, questi composti passano attraverso l’organismo ed entrano nelle reti fognarie. Qui, però, inizia un secondo viaggio: uno più lungo, invisibile e pericoloso.
Recenti analisi dimostrano come sostanze come sucralosio, saccarina, acesulfame e ciclamato resistano ai processi di depurazione delle acque. Questo significa che, anche dopo essere passate per gli impianti di trattamento, continuano a circolare in fiumi, laghi e persino nelle acque potabili. Alcuni studi li considerano veri e propri marker dell’inquinamento antropico: la loro presenza segnala non solo l’uso massiccio da parte della popolazione, ma anche l’inefficacia dei sistemi attuali nel bloccarne la dispersione ambientale.

Cosa svela lo studio globale: impatti, rischi e dati sorprendenti
Una ricerca condotta dall’University of Technology di Sydney ha esaminato la presenza dei dolcificanti artificiali nelle acque reflue di 24 paesi, rivelando un quadro complesso e preoccupante. I risultati, pubblicati sul Journal of Hazardous Materials, confermano che queste sostanze non solo sono diffuse a livello globale, ma risultano estremamente persistenti. Sucralosio, saccarina, acesulfame e ciclamato sono i principali responsabili: vengono utilizzati ovunque, dall’industria alimentare a quella farmaceutica, e sopravvivono ai tradizionali sistemi di depurazione. Il loro destino? Finire nei fiumi, nelle falde sotterranee e, in alcuni casi, nell’acqua potabile. E non si tratta solo di una questione ambientale. Secondo alcune ricerche, il loro accumulo può contribuire all’insorgenza di patologie croniche come diabete di tipo 2, problemi cardiovascolari e persino tumori.
Inoltre, la loro presenza è risultata tossica per la fauna acquatica, alterando il comportamento e la fertilità di diverse specie di pesci. Lo studio ha evidenziato anche una stagionalità nella concentrazione: in estate i livelli aumentano nella maggior parte dei paesi, mentre in Cina si osserva un picco in inverno. Le aree più colpite? Stati Uniti, Spagna, India e Germania. E mentre il consumo continua a crescere, da 8 a 12 miliardi di dollari stimati entro il 2032, gli impianti di trattamento non riescono a tenere il passo. La conseguenza è un’esposizione continua e silenziosa a composti chimici potenzialmente nocivi, che oggi pongono interrogativi urgenti sulla sicurezza della nostra acqua e sulla sostenibilità del nostro stile di vita.