Libertà di stampa: l’Italia è al 46° posto (su 180)

 

”La libertà di stampain tutto il mondoè minacciataproprio da coloro che dovrebbero esserne garanti:le autorità politiche”. Il nuovoWorld Press Freedom Indexpubblicato daReporters sans frontièresin occasione della Giornata internazionale per la libertà di stampa, che si celebra ogni anno il 3 maggio, parla chiaro: i governi non riescono a proteggere il giornalismo e il diritto del pubblico a ricevere notizie e informazioni affidabili, indipendenti e diversificate. “Questa constatazione si basa sul fatto che, dei cinque indicatori utilizzati per stilare la classifica, è quello politico a subire il calo maggiore, registrando un calo medio globale di 7,6 punti”: come ogni annoRsf,l’organizzazione non governativa e no-profit che promuove e difende la libertà di informazione e di stampa,ha monitorato la situazione in 180 Paesi del mondo, ordinandoli in base alla capacità dei giornalisti di lavorare e riferire liberamente e in modo indipendente. Al 1° posto rimane la Norvegia, seguita da Danimarca e Svezia (che hanno sottratto la medaglia d’argento all’Irlanda, ora all’8° posizione), mentre al fondo della classifica scendonoAfghanistan, Siria e infine Eritrea. La mappa sulla libertà di stampa è suddivisa in base ai punteggi accumulati dai Paesi in cinque categorie:contesto politico, economico, socioculturale, quadro giuridico e sicurezza. 100 rappresenta il migliore possibile, 0 il peggiore. Rsffa, da una parte, un conteggio quantitativo degli abusi contro i media e i giornalisti in relazione al loro lavoro; dall’altra, un’analisi qualitativa della situazione in ciascun Paese o territorio basata sulle risposte di giornalisti, ricercatori, accademici e difensori dei diritti umani a un questionario disponibile in 24 lingue. L’indice si riferisce alla situazione tra gennaio e dicembre dell’anno precedente alla pubblicazione. Rsfindividuasolo 8 Paesi in cui si registra una situazione “buona”(con un punteggio dall’85 al 100): oltre a Norvegia, Danimarca e Svezia, anche Olanda, Finlandia, Estonia, Portogallo e Irlanda. Le condizioni per praticare il giornalismo sono “soddisfacenti”(70-85 punti)solo in un quarto dei Paesi del mondo, tra cui Germania, Repubblica Ceca, Francia, Regno Unito, Taiwan, Namibia, Australia e Armenia. L’Italiasi colloca subito sotto questo gruppo, rientrando tra i Paesi con una situazione“problematica”(55 – 70 punti), con 69,8 punti. Nel rapporto dello scorso anno si trovava al 41° posto, ma a far perdere cinque posizioni sarebbe stato soprattutto il fatto che “un membro della coalizione parlamentare al potere (il deputato leghista Antonio Angelucci,ndr) sta cercando di acquisire la seconda più grande agenzia di stampa,Agi”. La libertà di stampa in Italia, si legge nel rapporto, “continua a essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, soprattutto nel sud del Paese, nonché da vari piccoli gruppi estremisti violenti. I giornalisti denunciano anche itentativi da parte dei politici di ostacolare la loro libertàdi coprire i casi giudiziariattraverso una “legge bavaglio”, oltre alle procedureSlappche sonouna pratica comune in Italia”. La maggior parte dei giornalisti italiani, secondoRsf, “gode di un clima di libertà. Ma a volte cede all’autocensura, sia per conformarsi alla linea editoriale della propria testata giornalistica, siaper evitare una causa per diffamazione o altre forme di azione legale”. L’Italia condivide questa categoria con Paesi come Grecia, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Malta, Ungheria, Ucraina, Stati Uniti, Polonia. Le ultime due categorie, che includono Paesi in cui la libertà di stampa affronta una situazione“difficile”e“molto seria”, contano rispettivamente 48 e 35 Paesi: nel primo gruppo Israele, Madagascar, Ecuador, Messico, Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Hong Kong, Libia; nel secondo Somalia, Ruanda, Pakistan, Yemen, India, Turchia, Palestina, Emirati Arabi Uniti, Russia, Arabia Saudita, Egitto, Iraq, Cina. La regione del Maghreb, cioè l’Africa nord-occidentale,e Medio Orienteè quella in cui si registra la situazione peggiore nelWorld Press Freedom Index, seguita da Asia-Pacifico e Africa (sebbene meno del 10% della regione africana si trovi in ​​una situazione “molto grave”, quasi la metà è nella categoria “difficile”). “La guerra a Gaza è stata segnata daun numero record di di violazioni contro giornalisti e media dall’ottobre 2023”, con “più di 100 reporter palestinesi”uccisi “dalle forze di difesa israeliane, di cui almeno 22 nel corso del loro lavoro”, continua il rapporto.La Palestina, infatti, è al 157° posto della classifica globale, maè tra gli ultimi 10 se si considera solo la sicurezza dei giornalisti. In occasione della Giornata internazionale della libertà di stampa, anche l’Unescoha pubblicato un nuovo rapporto, concentrandosi sulla sicurezza dei giornalisti ambientali: secondo quanto emerge daPress and Planet in Danger,tra il 2009 e il 2023 almeno 749 giornalisti e mezzi di informazione che riferivano su questioni ambientali sono stati presi di miracon omicidi, violenza fisica, detenzione e arresto, molestie online o attacchi legali. Tra il 2019 e il 2023 si sono verificati 353 attacchi, con un aumento del 42% rispetto al periodo tra il 201 e il 2018. Negli ultimi 15 anni44 giornalisti che indagavano su questioni ambientali sono stati uccisimentre facevano il loro lavoro. Solo 5 di questi omicidi hanno portato a delle condanne, con un tasso di impunità “scioccante” di quasi il 90%. Il problema, avverte l’Unesco, è globale:gli attacchi registrati si verificano in 89 Paesi in tutte le regioni del mondo. Su oltre 900 giornalisti ambientali provenienti da 129 Paesi nel marzo 2024, l’Unescoha rilevato cheil 70% ha riferito di aver subito aggressioni, minacce o pressioni legate ai propri articoli. Tra questi, 2 su 5 hanno subito successivamente violenza fisica. Un terzo dei giornalisti intervistati ha riferito di essere stato censurato e quasi la metà (45%) ha affermato di autocensurarsi quando si occupa di ambiente per paura di essere aggredito, di vedere svelate le proprie fonti o per la consapevolezza che le proprie storie sono in conflitto con gli interessi delle parti interessate. I dati mostrano anche chele giornaliste ambientali sono più esposte alle molestie online rispetto ai colleghi: una tendenza identificata anche nel precedente rapporto dell’UnescoThe Chilling: global trends in violence against women journalists, pubblicato nel 2021.

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