Medici Senza Frontiere, Gaza: il sistema sanitario è al collasso

«Quantibambinisono giàmortidi polmonite negli ospedali sopraffatti? Quantineonatisono morti a causa di malattie prevenibili? Quantipazientiaffetti dadiabetenon vengono curati? Per non parlare delle conseguenze mortali dovute allachiusura delle unità di dialisi renalenegli ospedali attaccati militarmente. Queste sono levittime silenziose di Gaza,causate dalcollasso del sistema sanitario nella Striscia». Queste parole sono di Mari-Carmen Viñoles, responsabile dei programmi di emergenza diMedici Senza Frontiere, che questa settimana ha rilasciato un rapportoMorti silenziose di Gaza. La distruzione del sistema sanitario e la lotta per la sopravvivenza a Rafahper lanciare l’allarme sull’enorme numero dimortievitabili nella Striscia. Oltre 32.000 decessi,di cui almeno13.000 bambini(più di tutti quelli uccisi in tutte le guerre degli ultimi 4 anni) in poco più di 6 mesi. I numeri delle vittime della guerra Israele-Gaza, scioccanti eppure accolti da un’indifferenza disumana, li abbiamo letti su tutti i titoli dei giornali, senza forse però riuscire a cogliere davvero la portata della devastazione che rappresentano. Una devastazione che, spiegaMsfnel rapporto, “vaben oltre le vittime dei bombardamenti e degli attacchiaerei israeliani”: condizioni di vita disumane, unsistema sanitario devastato,mancanza di acqua, cibo, rifiuti che si accumulano. Questo aumenta i rischi di epidemia,malnutrizionee problemi psicologici, oltre alle difficoltà (spesso addirittura l’impossibilità) di ricevere cure adeguate. Molte visite mediche vengono ritardate o semplicemente non sono possibili, spiegaMsf, mentre mancano sempre più frequentemente attrezzature specialistiche e farmaci. Per chi ne ha bisogno, a volte non c’è niente da fare. Lestrutture mediche sono così sovraccaricheche le persone sono costrette ad aspettare ore, o addirittura giorni, per vedere il personale medico. Secondo l’Onu,su 36 ospedali diGazasolo 10 erano “abbastanza funzionanti” al momento della stesura del rapporto.Dei centri sanitari primari, solo 20 su 80 sono ancora operativi. La situazione è ancora più critica a nord di Wadi Gaza, dove il 75% degli ospedali e il 100% dei centri sanitari primari non sono funzionanti. ARafah, che ospita più di un milione di persone sfollate con la forza dal Nord di Gaza,2 sole cliniche forniscono mediamente 5.000 visite mediche alla settimana.A gennaio il Ministero della Salute ha riferito che molte strutture registravano un tasso di occupazione superiore superiore al 200%. E con più di un terzo delle strutture mediche in tutta Gaza non più funzionanti, i pazienti hanno costantemente bisogno di trovare nuovi spazi dove ricevere cure mediche: questointerrompe la continuità delle cureper i pazienti e rischia di peggiorare le loro condizioni di salute. Basta pensare che oltre 100 pazienti a settimana vengono accolti a causa di ferite infette per mancanza di adeguate cure di follow-up. Ma il numero dei pazienti continua ad aumentare, soprattutto tra i bambini. I casi di malattie diarroiche al di sotto dei 5 anni, negli ultimi 3 mesi dello scorso anno, sono stati 25 volte superiori allo stesso periodo dell’anno passato. E il 2024 non è iniziato in condizioni migliori:216 bambini sotto i 5 anni sono stati trattai per malnutrizione moderata o acuta grave,“una condizione che era quasi del tutto assente prima dell’attuale conflitto”. E mentre aumentano le persone che cercano supporto medico per condizioni comeipertensione, diabete, asma, epilessia e tumori, gli ospedali “sono inondati di pazienti colpiti da traumi” e sono sempre di più coloro che non riescono a ricevere le cure di cui hanno bisogno. Tra loro, ci sono le persone affette da malattie croniche (circa 350.000) e le donne incinte (che a Gaza sono circa 50.000), con un numero di parti che sfiora i 100 al giorno in un solo ospedale (180 in tutta la Striscia) 5 volte di più rispetto a prima della guerra. «Gliospedalisono sopraffattidai feriti, ma anche le persone con malattie croniche, problemi di salute e altre condizioni mediche hanno ancora le stesse esigenze che avevano prima della guerra. È troppo pericoloso per la maggior parte di loro raggiungere le strutture sanitarie ed è molto difficile ottenere i farmaci di cui hanno bisogno, come l’insulina per il diabete, i farmaci per l’ipertensione o gli anticoagulanti per i ricoverati in ospedale in modo che non sviluppino coaguli di sangue potenzialmente fatali – ha spiegato un medico diMsf -Quando i bombardamenti sono cessati durante la breve pausa umanitaria in novembre, gli ospedali hanno visto molti pazienti entrare per attacchi di cuore, ictus ed emergenze diabetiche. Questi problemi di salute non sono scomparsi all’improvviso quando i combattimenti sono ripresi il 1° dicembre. Ora questi pazienti stanno probabilmente morendo a casa». A causa della forte tensione sul sistema sanitario, inoltre,le donne incinte e i bambini non ricevono gli standard di cura che avrebbero ricevuto mesi fa: le consultazioni prenatali e le cure postnatali sono diminuite e questo si traduce in condizioni mediche che non vengono individuate e trattate con sufficiente tempestività o in complicazioni come infezioni gemito-urinarie, anemia, emorragie ginecologiche o rottura prematura delle membrane e del sacco amniotico. Se le cure prenatali sono difficili, quelle postnascita sono spesso impossibili, così come assicurarsi che le donne riescano effettivamente ad allattare al seno, in un luogo in cui illatte in polvere è difficile da reperire;stesso discorso per l’acqua potabile e pulita con cui prepararlo. “In generale – diceMsf -la nutrizione e altre forniture per i bambini sono interamente assenti dal mercato, non sono del tipo appropriato o sono estremamente costosi”. Le conseguenze sono terrificanti, ma immaginabili. Gli attacchi aerei si sono abbattuti sulle strutture sanitarie o nelle loro vicinanze e le restrizioni sul carburante hanno ulteriormente paralizzato il sistema sanitario, nonché i servizi pubblici vitali e umanitari attività. Un esempio è quello dell’interruzione della fornitura di energia elettrica e la conseguente necessità di affidarsi al carburante per il funzionamento dei generatori, “disperatamente necessari per alimentare le unità di terapia intensiva (Icu) e altre attrezzature salvavita”. Il 70% degli ospedali di Gaza ha poca o nessuna luce notturna. Ritardi e restrizioni delle autorità israeliane, inoltre, rendono difficile far entrare attrezzature e aiuti umanitari. «Come organizzazione internazionale di medicina d’urgenza, abbiamo le competenze e i mezzi per fare molto di più e aumentare la nostra risposta – ha detto Sylvain Groulx, coordinatore delle emergenze diMsf-Il personale medico palestinese è altamente qualificato e deve solo avere i mezzi per lavorare in condizioni accettabili e dignitoseper curare e salvare vite umane. È assurdo, ma oggi tutto questo rimane impossibile. Senza un cessate il fuoco immediato e duraturo e un significativo ingresso di aiuti, continueremo a vedere morire altre persone».