Half the Story: il progetto che aiuta gli adolescenti ad approcciarsi al mondo digitale

L’impatto negativo deisocial networksulla salute mentale dei più giovani è studiato e analizzato da numerosi professionisti, indagato dainchieste giornalistiche- come quella del Wall Street Journal del 2021, nella quale molti adolescenti che hanno sofferto di disturbi psichiatrici ritenevano i social media parte del problema – e sottolineato da petizioni e richieste di riforme legislative in diversi paesi del mondo. Nonostante ciò si tratta di una tematica piuttosto ignorata dallesocietà proprietarie delle varie piattaforme, cheattuano pochissime forme di prevenzione a tutela degli utenti più giovani, sia in termini di qualità dei contenuti sia di dinamiche con le quali vengono somministrati, con algoritmi sempre più raffinati, in grado di coinvolgere in maniera compulsiva e deleteria il fruitore. Un disagio trasversale che investe ragazzi e ragazze di molti paesi, ma che non viene contrastato in maniera efficace nemmeno dai singoli governi.Leriforme legislativeproposte finora, infatti, invece di intervenire sulle modalitàpuntano a incidere sul solo elemento della quantità del tempo che gli adolescenti passano sui social media, vietando quindi l’utilizzo deglismartphonein alcuni luoghi specifici come gli istituti scolastici. Ma vietare tout court l’accesso ai device, tra l’altro per periodi di tempo limitati, è veramente il modo più efficace per aiutare i giovani a non subire le conseguenze psicologiche causate dall’abuso di determinate piattaforme social? Appare francamente impossibile pensare di guidare gli adolescenti nel mondo digitale vietandone l’utilizzo per un circoscritto numero di ore.Sarebbe invece maggiormente proficuo lavorare con loro e per loro, indirizzandoli verso un uso più consapevolee cosciente. Non si può ignorare il fatto che la tecnologia esista e che i ragazzi vogliano esserne fruitori, ma è necessario insegnar loro a dominarla senza diventarne schiavi e contribuire attivamente alla costruzione di strumenti idonei, per far sì che possano usare la tecnologia a proprio vantaggio, senza rimanerne schiacciati in maniera passiva e insalubre. Insegnare agli adolescenti un corretto utilizzo dei social media, per diminuire l’impatto negativo sulla lorosalute mentale, è lo scopo che si è prefissaLarissa May, fondatrice diHalf the Story, organizzazione non profit impegnata nel promuovere un rapporto sano con la tecnologia. Larissa May, 29 anni,durante l’università passava più di 10 ore al giorno su Instagram e ha iniziato a soffrire di depressione.Convinta che l’uso dei social media abbia influito fortemente sulla sua salute mentale, ha deciso di sfruttare la propria esperienza per dar vita a unprogetto che potesse aiutare concretamente altri ragazzi e ragazze. Il primo passo di May è stato quello dientrare nelle scuole per insegnare agli adolescenti come approcciare in maniera più sana i social media, rispondendo così alle richieste degli insegnanti, che riscontrano da tempo problemi sociali e di apprendimento causati dall’uso smodato dei device, ma anche a quelle degli studenti, stanchi di sentirsi criticati per un comportamento che non dipende unicamente dalla loro forza di volontà. May ha poi creato un programma di studi nominatoSocial Media Ucon il qualeforma degli educatori affinché possano lavorare con gli studenti in un programma intensivo di 8 settimanecomposto da diversi step esperienziali con i quali educare i ragazzi a una maggiore consapevolezza e corretto bilanciamento tra salute mentale e abitudini digitali. La conoscenza delle dinamiche sottese alle piattaforme social è fondamentale per poterle approcciare in maniera attiva e non più passiva. Per questo motivo una delle lezioni è dedicata proprio allascoperta degli algoritmi, dei post, delle foto fake e delle modalità con le quali i social indirizzano gli utenti verso specifici contenuti. Finora più di 17.000 studenti delle scuole medie e superiori degli Stati Uniti hanno partecipato agli eventidiHalf the Story, e distretti scolastici in California, New York, Illinois e Tennesee hanno adottato i programmi di studio di riferimento. Entrare nelle scuole con programmi educativi ad hoc non è il solo metodo con il quale May intende contrastare il sistema. Parte fondamentale del suo progetto è di muoversi in maniera proattiva, perfare pressioni suicolossiproprietari dei social media, affinché attuino delle modifiche sostanziali per dare finalmente priorità alla salute mentale dei loro utenti. Quello che intendeperseguireMay, infatti, non è solo l’educazione al digitale del singolo fruitore, maun cambiamento radicale delle politiche interne alle aziende tecnologiche. Per questo motivo sta integrando al suo programma di insegnamento un approccio più aggressivo, con il quale mobilità alcuni utenti particolarmente popolari sui social media a lottare per ottenere i cambiamenti desiderati. In questa ottica di mobilitazione collettiva, nel 2023 May ha portato con sé degli adolescenti nella capitale californiana per far pressione per l’approvazione di una legge che mirava a contrastare il materiale pedopornografico sui social media. Attualmente, poi,sta lavorando a sostegno di una proposta di legge che chiede alle piattaforme di rendere più facile denunciare episodi di bullismo online. Nel corso della prossima estate, infine,inaugurerà un’accademia di educazione civica digitale, per formare i ragazzi alla creazione di politiche che diano priorità alla salute mentale dei più giovani e si schierino in difesa dei diritti digitali. Il riscontro deiragazzia quest’onda di cambiamento è perlopiù positivo.Una grande percentuale dichiara di essere consapevole di passare troppo tempo sugli smartphonee connessi ai social media, oltre ad ammettere di sperimentare stati di ansia quando non è possibile accedere ai propri device. L’intento che accomuna molti adolescenti è quello divoler cambiare il proprio approccio alla tecnologiama di non sapere, concretamente, come farlo, trovandosi spesso davanti, come unica alternativa, la proposta di astenersi dall’utilizzo dei social media piuttosto che ricevere degli strumenti utili su come gestirli in maniera più sana e costruttiva.