Periferie: tre giovani su quattro sono spaventati dal futuro

Periferie: tre giovani su quattro sono spaventati dal futuro

 

È da questa domanda che l’organizzazione italiana indipendenteWeWorldha fatto partire la sua analisi sullacondizione dei minori nelleperiferieitaliane. Una domanda semplice, ma la cui risposta non è mai banale, soprattutto per quelle persone che vivono in contesti spesso considerati“ai margini”. “Come stai?” è la domanda cheWeWorldha postoa bambini e bambine, ragazzi e ragazze tra gli 8 e i 19 anniresidenti nelle periferie di 5 città dove l’organizzazione è attiva con i suoi centri:Milano(quartiere Barona),Roma(San Basilio),Cagliari(Sant’Elia),Catania(San Cristoforo),Aversa. L’obiettivo: capire quali sono leemozionie lepaure, ma anche isogni, idesideri, leaspirazionidei giovani dei quartieri considerati spesso “marginali” dal resto della società. E così è nato il reportDiritti ai margini. Rimettere al centro il futuro di bambini/e e adolescenti delle periferie italiane. Secondo Dina Taddia, Ceo diWeWorld,bisogna ribaltare la prospettiva sulle periferie: «A rischiare di rimanere indietro, intrappolate nell’immobilità sociale, sono infatti soprattutto le nuove generazioni». Male periferie non sono tutte uguali: ci sono quelle geograficamente lontane dal centro della città, ma anche altre più vicine, come gli enormi complessi residenziali pubblici, oppure le piccole località di montagna. Realtà diverse, eppure uguali per certi versi: in queste zone ci sonopoche opportunità formative,un fattore che incidenegativamente sulle prospettive lavorative dei giovani.Ma il futuro di ragazze e ragazzi non dovrebbe esseremai determinato dal luogo in cui si nasce. “Come stai?”: i dati del reportDiritti ai margini Felicità, rabbia, noia, ansia, confusione: sono queste le emozioni maggiormente provare tra gli under 19 delle periferie italiane coinvolti nei progetti diWeWorld. C’è chi provasoddisfazione per i rapporti con la famiglia(“molta soddisfazione” per il 55,5% dei ragazzi) e con gliamici(26,6%); tuttavia, c’è anche chi provainsoddisfazione, specialmente per lascuola: il 55,1% dei bambini tra gli 11 e i 13 anni e il 20,4% degli adolescenti tra i 14 e i 16 anni è “poco/per nulla soddisfatto” della scuola. Macosa pensano del futuroquesti ragazzi? Per3 giovani su 4,il futurospaventae porta con sé sensazioni di ansia e inquietudine; ma, mentre il 28,2% si sente agitato, il49,4% prova felicità, il41,4% speranza, il 38,3% sorpresa. In particolare, oltre il 43% teme di non raggiungere i propri obiettivi nella vita, il 38% di non guadagnare abbastanza soldi per vivere senza preoccupazioni e il 28% di non trovare lavoro. 3 bambini su 4 tra gli 8 e i 10 anni, poi, si preoccupano per la condizione economica della propria famiglia: pensieri che possono essere “pesanti” per un minore e, a volte, portare a un calo del rendimento scolastico o all’abbandono della scuolaper contribuire al reddito familiare. «Il risultato è la creazione di uncircolo vizioso in cui coloro che nascono in condizioni di vulnerabilità socioeconomica hanno maggiori probabilità di abbandonare la scuola,fatto che li rende più a rischio di disoccupazione e povertà – ha spiegato Taddia – percentuali molto elevate di abbandoni precoci si riscontrano laddove illivello d’istruzione e quello professionale dei genitori è più bassoe nei nuclei con maggior deprivazione economica». Il rischio di povertà nelle famiglie in cui i genitori hanno al massimo la licenza media è del 10,9%; l’abbandono scolastico prima di aver ottenuto il diploma riguarda il 22,7% dei giovani di questi nuclei (contro il 5,9% di chi ha genitori che hanno terminato il liceo). Guarda tutte le immagini della gallery>1/42/43/44/4IndietroAvanti Guarda tutte le immagini della gallery>1/4 2/4 3/4 4/4 Le proposte diWeWorld Dal reportDiritti ai marginiè emerso come le giovani generazioni delle periferie italiane provino un desiderio diriscatto, ma anchepauraper la situazione economica della propria famiglia,insoddisfazionenei confronti del sistema scolastico: non a caso,per quasi il 20%, l’Italia non è un Paese che si occupa del futuro di bambini e adolescenti. Per questo motivoWeWorldha elencato alcuneproposteper istituzioni, enti locali e comunità educanti permettere al centro le esigenze e le aspirazioni di bambini e adolescenti che vivono nelle periferie. 1.Estendere l’obbligo di istruzionedalla fascia 6-16 anni a 3-18 anni “per ampliare i benefici dell’educazione a tutti i bambini/e, con conseguenze positive nel lungo periodo”. 2.Rivedere il calendario scolastico. Oggi, bambini e ragazzi vanno a scuola 9 mesi su 12: un’organizzazione che incide negativamente sui genitori (che, spesso, devono capire come conciliare la pausa estiva dei figli con il proprio lavoro) e aumenta il rischio di povertà educativa, soprattutto per i giovani che vivono in contesti fragili. “Chiediamo, dunque, di garantire l’apertura delle scuole anche nei mesi estivi, per assicurare continuità didattica e relazionale e prevenire l’abbandono scolastico”, fa sapereWeWorldche, per ribadire il concetto, rilancia nel report lapetizione che a settembre ha promosso insieme al duo Mammadimerdaper chiedere alle istituzioni di ascoltare le famiglie italiane e ripensare i tempi della scuola. 3.Rivedere gli orari di ingresso e uscita dagli istituti e il tempo pieno,“per una migliore conciliazione dei tempi scuola-lavoro”. 4. Introdurre un o unadirigente del “tempo extra-scuola”con il compito di potenziare l’offerta formativa e organizzare al meglio leattività extracurriculari,in collaborazione con le associazioni delterzo settore. 5.Rafforzare le competenze di cittadinanza digitale, affinché anche bambini e adolescenti acquisiscano competenze digitali di base, sviluppino una coscienza emotiva più attenta riguardo i limiti e le conseguenze delle relazioni online, ricevano gli strumenti per riconoscere le notizie false. 6. Istituirepercorsi obbligatori di educazione sessuale, focalizzati sugli aspetti biologici e sulle dimensioni emotive e sociali della sessualità. 7.Insegnare lo sviluppo sostenibile, la cittadinanza digitale, l’educazione alla cittadinanza globalenella materia di educazione civica. 8. Prevedere in tutte le fasi dei processi decisionali unavalutazione di impatto intergenerazionale delle politicheadottate e da adottare.