La MotoGp non rinuncia alle ombrelline
Donne e motoriè un binomio (maschilista) inscindibile? Purtroppo oggi sembra proprio di sì. È di alcune settimane fa la notizia cheLiberty Mediaha acquistato la MotoGPcon un’operazione da 4,2 miliardi di euro. La società statunitense dal 2016 è ancheproprietaria della Formula 1, che nel corso di questi anni ha subito una massiccia rivoluzione, soprattutto dal punto di vista dell’intrattenimento. Quando si verificano cambi significativi in un settore, è lecito chiedersi quanto di vecchio si porterà nella nuova era e quanto, invece, sarà abbandonato a favore di strategie e visioni più innovative. Per questo sono stati in molti asperareche una delle tradizioni piùsessistelegate alle gare di MotoGp,la presenza delle “ombrelline”vicino ai piloti,venisse abbandonata.Invece no,lo show prima di tutto e guai a eliminarne la parte che può generare più audience e quindi sponsor e denaro. Per chi non lo sapesse,le ombrelline, anche note come“umbrella girls” o“paddock girls”sono ragazze appena maggiorenni, in bikini o poco di più, il cui compito principale è quello di riparare dal sole i piloti in gara.A favor di telecamera, ovvio. Puntualmente interrogato sull’argomento, il manager diLiberty MediaCarmelo Ezpeleta ha affermato che «vietarle sarebbe un gesto contro le donne, non a loro favore». Un’idea quanto meno bizzarra, che molto probabilmente sposa la tesi dichi sostiene che quello dell’ombrellina sia un vero e proprio lavoro, visto che le ragazze non si limitano a tenere l’ombrello ma a volte mostrano al pubblico cartelli con le generalità dei piloti e il numero di gare e consegnano premi e coppe durante le premiazioni. Nulla togliere ovviamente a queste mansioni, tutte rispettabilissime.Il problema èovviamente un altro, ovveroche a svolgerle siano sempre e solo giovani donne(mai uomini) in abiti striminziti, scelte per la propria avvenenza e nella consapevolezza che il pubblico di determinati sport sia composto principalmente da maschi, a cui importa poco o nulla di quello che fanno e molto di come sono e di quanto le telecamere indugino su ogni loro centimetro di pelle scoperta. Che ledonnesiano sempre stateutilizzate per spingere gli uomini ad appassionarsi a qualunque cosa si proponga loro, ancora più se legata ai motori, non è purtroppo una novità. Le ombrelline sono una presenza consolidata da tempo e nelle fiere dedicate al settore non esiste stand che non abbia una bellaragazza in tuta di pelle attillata seduta sui modelli di punta, da vendere con ogni mezzo, anche quello della mercificazione del corpo femminile. “Sono pagate e consapevoli di quello che fanno”, è la critica principale di chi sbandiera lalibertà personalesopra ogni cosa, e benché sia una rivendicazione sacrosante viene da chiedersi a quale prezzo. Perché se è vero che nessuno, in teoria, costringe una ragazza a mettersi una gonnellina a pieghe stile college (ma molto più corta) e a piazzarsi sorridente di fianco al campione (maschio) di turno, è altrettanto innegabile che a spingerle sia nella maggior parte dei casi l’idea che questo possa rappresentare untrampolino di lancioper il mondo dello show business, che si muove ancora seguendo solo ed esclusivamentelogiche maschio-centriche. Nulla è possibile o esiste se non è validato dall’occhio e dal giudizio estetico di un uomo che in virtù di un potere auto conferitosi decide che ogni cosa possa essere detta (vedibattute sessistedi ogni genere) e fatta (come atteggiamenti che non di rado cadono nellamolestia). Succede ovunque purtroppo, maesistono ambienti che sembrano rappresentare porti franchiper i trogloditi di tutto il mondo.Molti paradossalmente appartengono al mondo dello sport, che più di altri dovrebbe essere portatore di valori. Eppure, per esempio, se su un campo dicalciosi presenta un’arbitra, prima ancora che esprimere giudizi (che poi saranno sicuramente negativi) sul modo di condurre la gara, il tifoso medio si pronuncerà sullagrandezza delle sue cosce o dei suoi polpacci. E se prima di una gara di MotoGp c’è troppo sole, si chiederà subito dove sia quella ragazza sorridente che non aspetta altro che tenere un ombrello. A differenza delle moto,le auto hanno però nel tempo provato a cambiare rotta.Nella Formula 1, infatti, dopo decenni di presenza fissa e inamovibile delleumbrella girl, da alcuni annile ragazze sono state sostituite da membri dello staff, sia uomini che donne, in abbigliamento casual, consono a una gara sportiva. E anche l’atteggiamento sessista che imperava nell’ambiente, almeno formalmente, sembra essere meno tollerato rispetto al passato. Basti ricordare quanto successo lo scorso anno aicommentatori Sky Matteo Bobbi e Davide Valsecchi, colpevoli di una battuta sessista pronunciata in diretta tv e rivolta a una ragazza nel dopogara di Barcellona. Sospesi per alcune giornate la stagione passata, sostituiti eestromessidall’azienda per quella odierna. Sky allo svelamento dei nuovi palinsesti aveva fatto sapere che il cambio di opinionisti non fosse legato a quell’episodio, ma considerando l’enorme gradimento del pubblico del quale i due (insieme alla presentatrice Federica Masolin mandata quest’anno a occuparsi di calcio) godevano, pensare che si sia trattato di una strategia commerciale risulta alquanto difficile. La strada da fare è ovviamente ancora lunghissimae per uno che paga ce ne sono mille che continuano a darsi di gomito, ridendo, a ogni lato B giudicato di loro gradimento. Ma se la Formula 1 sta tentando, almeno di facciata, di fare timidi passi avanti,perché la MotoGp decide di rimanere ancorata al passato?A quell’esposizione del corpo femminile anni ‘90, che a distanza di oltre 30 anni, emana una puzza di vecchio e stantio talmente potente che nemmeno la velocità dei campioni in pista riesce a seminare?