Influenza aviaria: quanto deve preoccuparti la Bird Flu?

Influenza aviaria: quanto deve preoccuparti la Bird Flu?

 

Che la si chiamiBird Flu,influenza aviariaoinfezione da virusA/H5N1poco importa: l’Europa e gli Stati Uniti tremano di fronte alla minaccia di unanuova epidemia della malattia degli uccelli. Ma c’è davvero da preoccuparsi? È notizia di pochi giorni fa quella riportata delTexas Department of State Health Services(Dshs, l’ente che si occupa della sanità pubblica nello stato americano) secondo cui un essere umano – un lavoratore del settore lattiero-caseario –è risultato positivo all’influenza aviaria, dopo essere stato in contatto con una mucca, positiva la virus, in un allevamento intensivo di bovini. L’uomo, che è stato immediatamente isolato e sottoposto alle cure del caso con un comune farmaco antivirale antinfluenzale, si è recato in ospedalelamentando i sintomi di una congiuntivite acuta. Sono scattati subito i protocolli di sicurezza che hanno confermato la prima diagnosi, anche a seguito di tamponi effettuati agli animali presenti nello stabilimento:si è trattato del primo caso americano di influenza da virus A/H5N1 trasmessa da una mucca all’essere umano. Nelle ultime settimane, stando ai dati diffusi anche dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare(Efsa), sono stati registrati numerosi casi anche di contagi tra i mammiferi selvatici e domestici – tra cui gatti, volpi, visoni e orsi polari – e all’interno di allevamenti intensivi di bovini da latte. Ed è proprio dopo un contagio all’interno di uno di questi stabilimenti di mucche che, negli Usa, era scattato a fine marzo un primo allarme per la diffusione dell’influenza aviaria, quando tracce del viruserano state riscontrate nel latte non pastorizzato proveniente da due allevamenti in Kansas e uno in Texase da tamponi effettuati in un quarto allevamento in Texas e in un allevamento in Michigan. Il Cdc (Centers for disease control and prevention), cioè il centro federale per il controllo delle malattie infettive, si è subito mobilitato per monitorare la crisi: «Il Cdc e l’intero governo degli Stati Uniti stanno prendendo molto sul serio questa situazione – ha detto la direttrice Mandy Cohen in un’intervista alWashington Post- Non avevamo mai riscontrato l’influenza aviaria nei bovini prima: questa è una novità chepuò permettere al virus di circolare e potenzialmente di mutare». Anche se il virus al momento non ha conosciuto mutazioni che possano renderlo più nocivo o aggressivo anche per l’uomo, i funzionari federali degli Stati Uniti si sono dichiarati pronti ad affrontare ogni situazione. Così, pur esistendo già dei vaccini utilizzati per contrastare uno specifico ceppo di aviaria – quello più diffuso – la possibilità che il contagio dei bovini comporti a stretto giro un adattamento del virus e una conseguente più facile trasmissione all’uomo chepotrebbe generare un’epidemia difficile da contenerepreoccupa i ricercatori, che si sono messi già a lavoro perstudiare due diversi vaccini che potrebbero essere pronti entro poche settimane. Che gli esseri umani possano contrarre l’influenza aviaria e che questa sia per loro letale,è un caso estremamente raro, ma possibile: potrebbe bastare entrare in stretto contatto con uccelli o altri animali infetti – siano essi vivi o morti – o con superfici che potrebbero essere state contaminate dalla saliva o dalle feci di un animale infetto per essere contagiati. È per questo motivo che, ora più che mai, le autoritàraccomandanol’utilizzo di dispositivi di protezione individualea tutti coloro che lavorano a stretto contatto con gli animali. In caso di sviluppo dell’infezione, i sintomi nell’uomo sono piuttosto lievi, come una congiuntivite – un’infezione agli occhi che potrebbe verificarsi dopo aver maneggiato materiale contaminato e poi aver toccato gli occhi – o sintomi simil-influenzali: febbre, tosse, mal di gola, dolori muscolari, mal di testa, affaticamento. In generale,il virus nell’uomo non intacca il tratto respiratorio umano, perché gli esseri umani non hanno i recettori nella gola, nel naso o nel tratto respiratorio superiore che sono sensibili all’attuale ceppo di influenza aviaria. Come ha dichiarato il professor William Schaffner, professore di malattie infettive e prevenzione medica allaVanderbilt University, una persona avrebbe bisogno di inalare una grande quantità di virus – per esempio raccogliendo e inalando materiale fecale infetto nei polmoni – per sviluppare un’infezione respiratoria dovuta al virus. Dopo la prima sintomatologia, il soggetto colpitoviene sottoposto a tampone e isolato in maniera preventiva. In caso di conferma della malattia, viene poi curato con comuni farmaci antivirali e antinfluenzali approvati dallaFood and Drug Administration. Al momento, nonostante i piccoli focolai di aviaria in Europa e negli Usa e nonostante i casi di contagio di esseri umani, non serve generare allarmismi: dall’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare(Efsa), infatti, arrivano rassicurazioni sul basso rischio di epidemia attuale, dal momento che il ceppo attualmente in circolazione è già noto ai ricercatori, non ha subito mutazioni e non è pericoloso per l’uomo. Resta comunque ancora valida la richiesta inviata alle autorità di tutto il mondo affinché si monitori l’evoluzione del virus, per tracciare nuovi casi negli animali o nell’uomo al fine di contenere il contagio a garantire una pronta e rapida risposta efficiente.