Le aziende non stanno rispettando i loro impegni per la riduzione delle emissioni

Le aziende non stanno rispettando i loro impegni per la riduzione delle emissioni

 

Che il mondo non sia esattamente sulla strada migliore per raggiungere in tempi brevi la neutralità climatica non è certo una novità. Già l’ultima edizione dell’Emissions Gap Report 2023curato annualmente dal 2010 dalloUnited Nations Environment Programme(Unep) evidenziava come l’umanità sia stata in grado dibattere tutti irecord sbagliatirelativi al cambiamento climatico, allontanandosi dunque dall’impegno firmato nell’Accordo di Parigi del 2015di mantenere l’aumento della temperatura globale al disotto di 2 °Crispetto ai livelli preindustriali. A conferma di ciò, arriva anche un amaro boccone dalle aziende. Tutto ha inizio nel 2019, quando nell’ambito del verticeClimate Action Summittenuto dalleNazioni Uniteè stata lanciata la campagnaBusiness Ambition for 1,5,nel tentativo di stimolare iprogetti a tutela del climacreati dalle aziende per raggiungere in maniera armonizzata obiettivi coerenti con il mantenimento della temperatura mondiale entro 1,5°C. L’occasione fu accolta ben volentieri da migliaia di aziende daoltre 23 trilioni di dollari di capitalizzazionedi mercato, il cui impegno sarebbe stato vagliato dallaScience-Based Targets (Sbti), un organismo composto da diverse organizzazioni no-profit creato proprio percontrollare l’andamento dei progettie soprattutto la loro coerenza con gli obiettivi fissati. Alla luce di questi controlli, è emerso chefra le971 imprese analizzate,il 96% ritiene che avere obiettivi basati sulla scienza sia “buono/molto buono” e il71% si è dichiarato fortemente soddisfatto della campagna.I primi 5 Paesi in cui le aziende partecipano attivamente alla campagna sonoRegno Unito, Stati Uniti, Francia, Svezia e Germania. Nonostante ciò, è emerso che il 54% delle aziende intervistate ha vissuto diversedifficoltà nel rispettare i livelli di emissioni scope 3, ossia quelle generate all’interno della catena di fornitura, il trasporto, l’utilizzo o lo smaltimento dei prodotti, mentre il 22% ritiene gli obiettivi net zero troppo astratti e confusionari. Più di 230 aziendeche hanno aderitotra il 2019 e il 2021non sono riuscite a rispettare gli obiettivipromessi all’interno dei loro progetti, che sono stati quindirimossi ufficialmentedal sito web della campagna. Tra queste spiccano il colosso tecnologicoMicrosofte la brasilianaJbs, la più grande azienda al mondo per la produzione di carne. Quest’ultima afferma che la sua rimozione sarebbe stata provocata dall’irrigidimento dei criteri di misurazionedegli obiettivi climatici, che hannofondamentalmente modificato le precedenti intesetraJbseSbti. Solo due settimane prima della rimozione, il procuratore generale dello Stato di New York, Letitia James, avevaintentato una causacontro la divisione statunitense diJbs, accusata di avere avanzatodichiarazioni di marketing ambientali falseper ingannare i consumatori newyorkesi. In risposta, la società affermava di stare «collaborando attivamente con terze parti credibili perfissare obiettivi attuabili», e i cui risultati sarebbero stati pubblicati nel prossimo futuro. Certamente non un’ottima pubblicità, all’interno di un mercato sempre più attento a investire in società concretamente coinvolte nella lotta al cambiamento climatico e lontane da qualsiasi meccanismo digreenwashing. A loro volta,le società escluse dall’iniziativa cercano diincolpare i Governidei rispettivi Paesi per non aver posto un quadro politico e normativo sufficientemente chiaro alla base delle loro roadmap ambientali, ponendo più ostacoli verso il raggiungimento degli obiettivi fissati. La multinazionale attiva nel settore degli alimentariUnilever, “colpita” dalla rimozione, rientra fra le aziende che non avevano presentato il proprio target ambientale da raggiungere, sforando dunque idue anni concessi dallaSbtiper tutte le aziende aderenti all’iniziativa. La società ha comunque recentemente avviato unnuovo piano di transizione climaticaconcentrato sulla riduzione delle emissioni dei fornitori per raggiungere leemissioni zero entro il 2039. La strategia di minimizzare impegni ambiziosi e di enfatizzare le specifiche operative si articolano su progressi consequenziali diriduzione del 42% delle emissioni energeticheprima del 2030, a partire da uninvestimento di 163 milioni di dollarinei prossimi 3 anni per incrementare l’elettrificazione delle apparecchiature, la sostituzione del gas naturale con i biocarburanti e l’introduzione della tecnologia solare termica per applicazioni industriali. Un impegno rigido cheUnileverspera possa convincere laSbtiad approvare il suo nuovo progetto e restituirle il posto da cui è stata rimossa a inizio marzo.