Agricoltura: i contadini guadagnano poco e noi paghiamo molto
Durante le settimane più intense delleproteste deitrattori, che si sono diffuse inItaliacome inEuropa, è emerso un nodo in particolare che sembrava apparentemente senza possibili soluzioni imminenti. I coltivatori cheLa Svoltaha sentito in quel periodo l’hanno detto chiaramente: “Non si arriva a fine mese, non si può continuare così”. Infatti di fronte alle richieste di sostenibilità da parte delle istituzioni europee, in linea con le indicazioni delGreen Deal, i contadini ribattevano facendo pesare le discrepanze tragli elevati costisostenuti per la produzione,gli scarsi guadagniricavati el’alto prezzo finalepagato dai consumatori. E cosìle verdure e i fruttirischiano di rimanere fermi nei campi. Un indicatore esemplificativo della situazione èil carciofo, che insieme a broccoli e finocchi viene interrato, perché questa pratica converrebbe più della vendita. Si tratta di un alimento rinomato i cui prezzi sono aumentati oltre 7 volte dal campo alla tavola, una forbice sempre più larga che parte da 0,15 euro a capolino in campagna fino a 1,10 euro sui banchi di mercati e grande distribuzione. Questo prodotto tra l’altro ha già subito una riduzione del 60% del raccolto a causa di condizioni climatiche comesiccità, scirocco e gelo. A chiedere ora con insistenza controlli serrati per verificare l’origine dei prodotti in vendita – perché “nei vari passaggi dal campo alla tavola si annidano speculazioni che vanno stanate” – è soprattuttoColdiretti Pugliache è tornata a parlare di “un’invasione di cibo straniero”, denunciando la diffusione sul mercato all’ingrosso dicarciofiprovenienti da Egitto, Tunisia e Marocco ma anche di grano russo, turco e canadese. “Una concorrenza sleale che si ripercuote sui prezzi del pregiato violetto diBrindisi”, che sono crollati a 15 centesimi a capolino e non riescono a coprire gli aumentati costi di produzione, con la complicità del rallentamento deiconsumi degli ortaggi. Per l’associazione, è “una situazione inaccettabile in uno scenario di crisi che andrebbe affrontata con maggiore serietà senza speculare sugli anelli più deboli della filiera,gli agricoltori e i consumatori”. Nella regione, la prima delSud Italiaper importazioni, si producono1.245.400 quintali di carciofi, di cui 475.000 solo nella provincia diBrindisi, un’area che si è assicurata il riconoscimento comunitario dellaIgp (Indicazione Geografica Protetta). L’inflazione, il conseguentecalo del potere d’acquisto e della spesa delle famigliee i costi dellalogisticache arrivano a incidere per un terzo sul totale deiprezzi al consumo per frutta e verdurasono tutti fattori che ingeneranoi rincari dei prezzi: il risultato finale è una differenza enorme tra il costo dei prodotti in campagna e quelli al dettaglio. Sul piano degli accordi commerciali, secondoColdiretti Puglia, vanno bloccate “le importazioni sleali” e affermatoil principio di reciprocità, per fare in modo che tutti i prodotti in entrata nell’Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno. Inoltre servirannoaccordi di filieratra imprese agricole e industriali con precisi obiettivi qualitativi, quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione. Nel frattempol’Unione europea, come ha spiegato il commissario all’AgricolturaJanusz Wojciechowski, sta vagliando l’ipotesi di modificare proprio la direttiva sullepratiche commerciali slealicon un doppio obiettivo: includere il divieto di pagare gli agricoltori meno dei costi di produzione e introdurre quindiun giusto margine sui prezzi di venditadei prodotti.