Acqua: nel 2022 l’Italia ne ha persa quanto quella consumata da 14 milioni di persone

L’Italianel 2022 ha affrontatouna crisi idricae unasiccitàsenza precedenti che ha generatouna perdita diacquaconsumabile pari al quantitativo necessario per irrigare 641.000 ettari di terreno, un’area che corrisponde all’intera superficie agricola del Lazio, ma non solo: corrisponde alla quantità d’acqua consumata annualmente da oltre 14 milioni di persone, un numero pari agli abitanti diLombardia e Piemonte, e alla quantità necessaria alla produzione di 82.000 imprese manifatturiere, il tessuto industriale di regioni come Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna. Il Paeseha dovuto supplire a una grave riduzione della disponibilità dirisorse idriche rinnovabiliin quell’anno, con un volume totale disponibile di soli 67 chilometri cubi, in calo del 52% rispetto alla media del periodo 1951-2022. I dati sono emersi in occasione della presentazione a Roma delBlue Book 2024- promosso daUtilitalia, realizzato dallaFondazione Utilitatise relativo al servizio idrico integrato – e delLibro Bianco 2024Valore Acqua per l’ItaliadiThe European House – Ambrosetti, relativi allafiliera estesa dell’acqua. «In un momento storico caratterizzato dallacrisi climaticae dalla conseguente riduzione delladisponibilità di acqua», ha dichiaratoValerio De Molli,managing partnere ceo diThe European House – Ambrosetti, «l’adozione di strategie volte all’efficienza nell’uso di questa risorsa è una priorità. È importante modernizzare e rendere più efficienti le nostre infrastrutture idriche, come dighe e piccoli invasi, perottimizzare la raccolta e lo stoccaggio dell’acquao affrontare la sfida rappresentata dal trattamento degli oltre 1,5 milioni di tonnellate di fanghi di depurazione oggi non valorizzati, ma deve esserci consapevolezza e partecipazione attiva dei cittadini: in Italia si prelevano mediamente 156,5 m³ di acqua per abitante all’anno a fini potabili,il terzo valore più alto nell’Unione europea dopo Irlanda e Grecia». Il ruolo delle acque reflue Come emerge dai dati delBlue Book, del resto, il settore delladepurazione delleacque refluepuò avere un ruolo significativo nella differenziazione delle fonti di approvvigionamento, al netto di nuovi investimenti. Il parco impiantistico va infatti adeguato agli obiettivi indicati nella proposta di revisione delladirettiva acque reflue, che prevede l’applicazione di tecnologie avanzate per migliorare il processo depurativo e dunque la qualità dell’acqua in uscita. Si stima una spesa complessiva dicirca 5 miliardi di europer adeguare gli impianti attuali con processi di eliminazione dell’azoto e del fosforo, e tra 1,6 e 6,1 miliardi di euro per implementare gli impianti esistenti con sistemi di trattamento che eliminino uno spettro più ampio di micro-inquinanti. In un’ottica dieconomia circolare,il riutilizzo delle acque refluepuò rappresentare una risorsa non convenzionale di grande valore, considerando che il contributo potenziale offerto si colloca tra il 38% e il 53% delfabbisogno irriguo nazionale. Gli utilizzi dell’acqua Insieme a questi interventi, per incrementare rapidamente la quantità di acqua disponibile, trova già attuazioneil Piano Laghetti, un’iniziativa congiunta diAnbieColdirettiche mira a costruire 10.000 invasi medio-piccoli e multifunzionali in tutta Italia entro il 2030. Questo piano non solo aumenterà la relativa capacità di invaso del 60%, ma espanderà anchele aree irrigabili di 435.000 ettari, creando più di 16.000 nuove opportunità di lavoro. Di fronte a una situazione generale allarmante, il presidente diFondazione UtilitatisMario Rosario Mazzolaha richiesto un’azione immediata per aumentare la resilienza delle infrastrutture agli effetti deicambiamenti climatici sul ciclo idrologico: «La persistenza di periodi siccitosi, insieme a fenomeni alluvionali, non può più essere vista come un’eccezione, ma piuttosto come la nuova norma. È necessario adottare un approccio globale che consideri tuttii diversi utilizzi dell’acqua nel nostro Paese, insieme a interventi non più procrastinabili sul fronte della governance e ad azioni sinergiche che coinvolgano anche il mondo agricolo». I finanziamenti nel settore idrico Intantogli investimenti realizzati in Italia nel settore idricohanno raggiunto i 64 euro annui per abitante nel 2022,con una crescita del 94% rispetto al 2012 (circa 33 euro per abitante), l’anno di avvio della regolazioneArera. Questi valori si avvicinano progressivamente alla media europea degli ultimi cinque anni, pari a 82 euro per abitante. Come illustra ilBlue Book, realizzato in collaborazione conIstat, Enea, Anbi e le sette Autorità di Bacino dei Distretti Idrografici, permane un profondo divario in termini di capacità di investimento trale gestioni industriali e quelle comunali “in economia”, diffuse soprattutto nel Meridione: qui gli investimenti medi si sono attestati su 11 euro per abitante; dei 1.465 Comuni in cui la gestione di almeno uno dei servizi è “in economia”, l’80% si trova al Sud per una popolazione interessata pari a circa 7,6 milioni di persone. Guarda tutte le immagini della gallery>1/3 2/3 3/3 La filiera idrica estesa vale il 19% del Pil L’acqua è una risorsa sempre più preziosa per la vita dei cittadini così come per l’economia italiana:la filiera idrica estesa genera valore per 367,5 miliardi di euro, pari al 19% dell’intero Pil nazionale, un valore in crescita dell’8,7% rispetto al 2021. Secondo gli ultimi dati delLibro Bianco, oltre 341 miliardi di euro (+9,1% sul 2021) sono impattati direttamente dall’acqua nei settori agricolo, industriale ed energetico. La filiera estesa dell’acqua coinvolge una vasta gamma di attività economiche, dalla produzione agricola alla manifattura idrovora fino al settore energetico, toccando complessivamente 1,4 milioni di imprese agricole, circa 330.000 aziende manifatturiere e 10.000 imprese energetiche. L’impatto diretto, indiretto e indotto del settore portaun valore aggiunto di 16,5 miliardi di euro, attivando oltre 150.000 posti di lavoro. Le tariffe e gli impatti del Pnrr DalBlue Booktrapela che negli ultimi anni si è assistito a unacrescita delle tariffedel servizio idrico di circa +5% annuo, anche se quelle italiane rimangono tra le più basse d’Europa.Il valore degli investimentisostenuti dalla tariffa è aumentato fino a circa 4 miliardi l’anno. IlPnrrsta dando certamente un impulso significativo, grazie anche alle risorse aggiuntive derivanti dalla recente rimodulazione del Piano, che ha permesso di stanziare circa 1 miliardo di euro aggiuntivi, destinati alla riduzione delle perdite, oggi ancora elevate e mediamente pari a circa il 42% dell’acqua immessa in rete. Il fabbisogno di settore è stimato in almeno 6 miliardi l’anno: serviranno dunque risorse aggiuntive pari a circa 0,9 miliardi di euro l’anno fino al 2026, e pari ad almeno 2 miliardi di euro l’anno dopo la chiusura del Pnrr, per innalzare l’indice di investimento annuo e raggiungere i 100 euro per abitante, avvicinandosi così alla media di altri Paesi europei di dimensione simile all’Italia. Le criticità nella governance Oltre alle risorse economiche è essenziale superare le residue criticità in tema di governance. Circa il 95% della popolazione nazionale risiede in bacini dove l’affidamento è avvenuto in maniera conforme alla normativapro temporevigente: permangono comunque dellesituazioni di criticità in Campania e in Sicilia. In questo quadro, spiega il presidente diUtilitaliaFilippo Brandolini, «ci siamo fatti promotori di una proposta di riforma del settore in quattro punti tese alla riduzione della frammentazione, all’introduzione di parametri di verifica gestionale, al consolidamento industriale del settore e aun approccio integrato tra i diversi usi dell’acqua. Attraverso queste proposte contiamo di raggiungere l’obiettivo 100, arrivando a un centinaio di gestori industriali di media/grande dimensione e a un livello di investimenti di 100 euro per abitante all’anno». Il ciclo idrico esteso vale 9 miliardi e 90.000 lavoratori «Quello delciclo idrico esteso, che include le sette fasi del ciclo idrico integrato, la fornitura di software e tecnologia e le filiere di fornitura, si è dimostrato un settore resiliente e dalla grande capacità innovativa», affermaValerio De Molli, managing partner e ceo diThe European House – Ambrosetti, «Ha generato nel 2022 un valore aggiunto di 9,3 miliardi di euro, conuna crescita media annua del +3,8%nel periodo 2010-2022, superiore sia alla media del settore manifatturiero che a quella dell’intero Pil italiano». Come emerge dai dati dellaCommunity Valore Acqua per l’Italia di Tehache rappresenta 37 partner tra le principali aziende e istituzioni protagoniste del comparto idrico, le aziende del ciclo idrico esteso contanooltre 92.000 lavoratoricon un tasso di crescita dell’occupazione quattro volte superiore alla media nazionale (il settore energetico conta 81.000 occupati). «Tramite l’attivazione delle catene di fornitura e subfornitura», ha aggiuntoValerio De Molli, «il ciclo idrico esteso genera in Italia un valore aggiunto totale di 25,7 miliardi di euro. Per ogni euro di valore aggiunto generato dalciclo idrico esteso, se ne attivano 1,8 euro aggiuntivi nell’intera economia». NelNord Italiac’è la gestione industriale che risulta più efficace, al Sud quella in mano agli enti locali. Anche nel settore dei servizi idrici il Paese è spaccato in due: se al Nord si concentra il 74% dei lavoratori del ciclo idrico esteso e il 60% delle 3.500 imprese totali del settore, al Centro e Sud rimangono rispettivamente il 12,6% e 12,8% degli occupati e il 15,8% e 26,2% delle imprese.La gestione pubblica dell’acquaaffidata ai singoli enti territoriali (gestione in economia), che genera un valore complessivo di solamente 491 milioni di euro, è una prerogativa del Sud e delle isole.