L’Arabia Saudita guiderà la commissione Onu per i diritti delle donne

L’Arabia Saudita guiderà la commissione Onu per i diritti delle donne

 

In occasione dellariunione annuale sullo status delle donne nel mondotenutasi mercoledì 27 marzo a New York,l’Arabia Sauditaha ottenutola presidenza della commissione delle Nazioni Unite per i diritti delle donne. Nonostante l’ampio divario tra i diritti di uomini e donne nel Paese, l’Arabia Saudita è stata scelta perpromuovere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione femminile a livello globaleper i prossimi due anni. L’ambasciatore saudita presso le Nazioni Unite,Abdulaziz Alwasil, è stato eletto presidente dellaCommissione sullo status delle donne(Csw)per “acclamazione”. Nei confronti di questa nomina infatti non è stato espresso alcun parere contrario e nessun altro Stato si è candidato per lo stesso ruolo. “Chiunque sia alla presidenza, che ora è l’Arabia Saudita, è in una posizione chiave per influenzare la pianificazione, le decisioni, il bilancio e lo sguardo al futuro, in un anno critico per la commissione – ha commentatoAmnesty International -L’Arabia Saudita è ora al timone, mai risultati ottenuti(dal Paese,ndr)inmateria di diritti delle donne sono pessimi e ben lontani dal mandato della commissione”. Nello Stato è ancora in vigore il “sistema del guardiano” che impone alle donne didipendere da un tutore maschile con la funzione di “protettore”. Coloro che difendono i diritti umani e quelli delle donne subiscono inoltrearresti, dure persecuzioni e restrizioni alla loro libertà di espressione. Gli ultimi casi riguardano alcune giovani donne che devono affrontaregravi accuse per aver espresso online il proprio parere nei confronti della discriminazione di genere. Nel gennaio 2023,Salma al-Shehab, dottoranda dell’Università di Leeds, è statacondannata per terrorismo a 27 anni di carcere, seguiti daulteriori 27 anni di divieto di viaggio, per aver averseguito e condiviso i messaggi di dissidenti e attivisti per i diritti delle donne su X. Limitare gli spostamenti è una delle pratiche più utilizzate dall’Arabia Saudita nei confronti delle dissidenti, così come latorturae l’incarcerazione preventiva. Dopo essere stata detenuta per un anno e mezzo, un’altra donna, l’attivistaManahel al-Otaibi, si trova al momentosotto processo per aver scritto tweet a favore dei diritti delle donnee aver pubblicato una sua foto su Snapchat senza indossare la veste tradizionale chiamata “abaya”. Lalegge “sullo status personale” delladonna sauditaentrata in vigore nel2022prevede chela moglie debba obbedire al marito in “maniera ragionevole”. La mancanza di questa obbedienza, così comeil rifiuto di avere rapporti sessuali con lui, di vivere nella casa coniugale o di viaggiare insieme a lui senza una “scusa legittima” possono giustificare la revoca del sostegno finanziariodel marito nei confronti della moglie, come previsto dalla legge. Secondo quanto riportato daAmnesty Internationalnel suo rapportoManifesto della repressione, una nuova bozza di codice penale del Governo saudita prevede digarantire l’immunità penale agli autori dei cosiddetti “delitti d’onore”,non criminalizza lo stupro coniugale e punisce i rapporti sessuali consensuali tra uomini adulti così come il sesso al di fuori della matrimonio. Anche per questo, perLouis Charbonneau, direttore delle Nazioni Unite pressoHuman Rights Watch, «l’elezione dell’Arabia Saudita a presidente della Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne mostra unoscioccante disprezzo per i diritti delle donne ovunque».