Abbigliamento second hand: gli acquisti sono cresciuti del 18%

I consumatori stanno sviluppando unamaggiore consapevolezza ambientale:la bussola perfetta per decidere cosa acquistare e cosa lasciare negli scaffali di un negozio. Si fa infatti più attenzione allaprovenienza, alle tecniche di produzione e alla qualità della materia prima di ciò che acquistiamo. La materia prima, forse più di tutti gli altri elementi, rappresenta unfattore determinante per la durabilità del prodotto stesso,specialmente nell’abbigliamento. Lo si comprende immediatamente vedendo, per esempio, il tessuto o le finiture di una maglietta venduta a prezzi ridicoli proprio perché di bassissima fattura, che già al secondo lavaggio si deteriora. Ecco spiegato il segreto dell’enorme successo ottenuto dalmercato degliabiti di seconda manonegli ultimi anni, a cui molti acquirenti decidono di affidarsi per indossarecapi più vecchi, la cui età anagrafica è garanzia di maggiore resistenza e qualità, oltre che un vantaggio per il Pianeta. Motivo per cui, con grande probabilità,la vendita di questi prodotti riuscirà a raggiungere il 10% dell’intero mercato globale della moda già dal prossimo anno. Un obiettivo tanto ambizioso quanto verosimile per un settore che, secondo idati raccoltidalla società di analisiGlobalDataper il negozio online di vestiti di seconda manoThreadUp,vantavendite in aumento del 18%rispetto all’anno scorso, arrivando a toccare i197 miliardi di dollari nel mondo. A trainare questi enormi volumi sonoi più giovani:il65%dei giovani della Generazione Z e dei Millennial afferma dipossedere un capo d’abbigliamento di seconda mano nel proprio armadio. Oltre alla passione per il gusto vintagee il romanticismo dei colori retrò delle boutique specializzate, ad attirare particolarmente questa fascia d’età è sicuramente lamaggiore accessibilitàagli acquisti,garantita da siti comeVinted,Depope la stessaThredUp, grazie alle quali l’incontro tra domanda e offerta è facilitato dalleapplicazioni con cui fotografare il capo. Il report infatti prevede che gli acquisti online potrebbero più che raddoppiare nei prossimi 5 anni,arrivando al valore di40 miliardi. Un successo così travolgente da coinvolgerenumerosi rivenditori tradizionali a sperimentare ineditepartnershipper implementare la vendita di seconda mano. Come quella tra il grossista ingleseVintage Wholesale CompanyePrimark, colosso irlandese che sta cercando di svincolarsi dall’etichetta delfast fashioncon un apposito spazio interamente dedicato all’usato all’interno dei propri punti vendita di Birmingham, Bristol, Cardiff, Manchester, Mary Street e Oxford Street. D’altronde, è in via di sviluppo da tempo unalegislazione a livello nazionale e internazionaleche cerchi dicontrastare modelli di business basati sulla produzione e vendita di abitilow cost e di scarsa qualità, dove al breve ciclo di vita del prodotto si accompagna in unelevato consumo di risorse(acqua, energia e materie prime) per la produzione di enormi quantità di abiti, spesso delocalizzata inPaesi con bassi costi di manodopera, ritmi incessanti escarsa attenzione alle normative a tutela dei lavoratori. L’Unione europea sta studiando unaregolamentazione apposita,che vedrà la luce entro il2028, completa di misure sanzionatorie più severe e un costante controllo delle catene di approvvigionamento. Intanto, si appresta a concretizzarsi laproposta di legge finalizzata aridurre l’impatto ambientale dell’industria tessileappena approvata dall’Assemblea Nazionale Francese, la quale (fra le altre indicazioni) prevede numerose misure per stimolare il riuso e la riparazione dei prodotti e rallentare il loro viaggio verso la spazzatura. Nonostante il mercato dell’usato statunitense sia cresciuto 7 volte più velocemente rispetto al commercio al dettaglio di moda e si prepara araggiungere i 350 miliardi di dollari già nel 2028, il margine di guadagno del settore rimane comunquepiuttosto basso. Nel 2022,inoltre,Depopera in perdita di 59,4 milioni di sterline contro i 54,3 milioni raccolti grazie alle vendite concluse nello stesso anno. ContemporaneamenteVintedregistrava un risultato finanziario negativo, con unaperdita di 47,1 milioni di eurosul guadagno lordo(prima dell’applicazione delle imposte), ma comunqueregistrando una crescita significativa nelle vendite, aumentate del 51% nello stesso anno. Non necessariamente un segno di difficoltà, dunque, anche se per il futuro del settore sarà determinante adottare strategia capaci di aumentare le entrate, ridurre le spese e acquisire ulteriori quote di mercato.