Giustizia climatica: piccola guida alla prima (deludente) sentenza italiana

Giustizia climatica: piccola guida alla prima (deludente) sentenza italiana

 

Il 26 febbraio è stata pubblicata quella che risulta essere laprima sentenza in Italia sul tema della giustizia climatica.IlTribunaleordinario di Roma, pronunciandosi su una causa promossa da varie organizzazioni ecologiste nei confronti dello Stato, haescluso di avere giurisdizionesul tema che, secondo la decisione, sarebbe diesclusiva competenza della politica, sebbene l’organo giudicante riconosca l’emergenza climatica quale “urgenza globale esistenziale”. Gli attori coinvolti avevano chiesto di condannare loStatoamettere in atto le azioninecessarie per raggiungere l’obiettivo della riduzione delle emissioni di gas serra, previste in vari accordi sottoscritti dal Paese in sede internazionale. La sentenza solleva molteperplessitànon solo per la decisione, ma anche per le motivazioni, sebbene lasci in quale modo la porta aperta alla possibilità che lagiustizia climaticapossa essere invocata presso altre corti, quali quelle amministrative. Ma quali sono queste perplessità? Il primato della politica La sentenzaesclude la possibilità del giudice ordinario di pronunciarsiin quanto le azioni di riduzione del cambiamento climatico di origine antropica sarebberooggetto della discrezionalità politica. Sul punto, però, i giudici non sembrano avere considerato che gli attori coinvolti hanno sostanzialmente richiesto il raggiungimento dell’obiettivo assunto dall’Italia in sede di trattati, non richiedendo, invece, ai giudicanti, di sostituire l’organo esecutivo nell’individuazione delle azioni concrete da svolgere. La complessità delle questioni Altra motivazione della decisione, che lascia davvero perplessi, è l’asserita complessità della questione cherichiederebbe al tribunale il possesso di conoscenze di carattere multidisciplinare e scientificodelle quali ovviamente non è in possesso. Come spesso accade, dichiarazioni di questo tipo sono talmente chiare che sembrano quasi convincere, se non fosse chei giudici si pronunciano da sempre su questioni complessee, laddove le circostanze lo richiedano, possonoricorrere a consulenze tecniche o all’acquisizione di studidellebest available sciences. Se così non fosse, non ci sarebbe cittadino che possa chiedere giustizia nei confronti dimedici, ingegneri e geologici che non siano stati diligenti nell’esecuzione dei propri incarichi. La responsabilità collettiva degli stati Altro argomento utilizzato in maniera più o meno palese e che induce perplessità è l’affermazione secondo cuil’obiettivo di riduzione del riscaldamento globale è responsabilità collettiva degli Stati,che può essere raggiunto solo in modo collettivo. Questo forse è l’argomento che più denota l’italica (assenza di) virtù:se qualcosa la devono fare tutti perché iniziare da me?La sentenza sembra però dimenticare che l’impegno è stato assunto in varie sedi internazionali su base individuale. Il diritto alla salute e all’ambiente Nelle motivazioni appare del tutto assente la considerazione che ildiritto allasalutee la protezione dell’ambientesonocostituzionalmente tutelatie che, in particolare, il diritto alla salute è definito dall’articolo 32 quale “fondamentale”. La decisione sembra trascurare inoltre il fatto che la tutela di questi stessi diritti trova fondamento in trattati internazionali, che la nostra Costituzione riconosce direttamente applicabili nel nostro ordinamento. La giurisdizione amministrativa Nel negare la propria giurisdizione,il tribunale ha comunque indicato nel giudice amministrativo la figura competente per decidere sulla questione, dal momento che le eventuali carenze riscontrate nell’azione di governo si riferirebbero a vizi relativi agli atti di programmazione afferenti i vari ministeri competenti. Sarebbero quindi questi atti che dovrebbero eventualmente essere impugnati. Rimane il fatto che questi giudizi sarebbero quanto mai complessi e sottoposti a termini draconiani quanto alle impugnazioni. Il primato della politica e i diritti dell’essere umano Come detto,la decisione lascia perplessi.Il punto che forse più merita attenzione è quello dellaesclusiva riferibilità alla politica di decisioni che si riferiscono a beni fondamentali, tutelati dallaCostituzione. Il primato della politica, così caro agli eletti che la considerano l’elezione quasi come investitura sacrale che legittimerebbe a fare di tutto, non dovrebbe mai giungere a violare i diritti fondamentali dell’essere umano, che sono spesso definiti quali “naturali” perché esistono a prescindere dal riconoscimento che uno Stato ne faccia. In altri termini, non c’è voto popolare, anche quando quasi totalitario, che possa autorizzare uno stato a violare i diritti fondamentali a partire dalla protezione della salute. La sentenza rappresenta quindi un’occasione persa per riaffermare questo principio. Di contro, è comunque solo un primo passo in una battaglia, quella dellagiustizia climatica, che è aperta in tutto il mondo e ora anche in Italia.