Greenpeace: “Non c’è libertà di stampa sulla crisi climatica”

Dellacrisi climaticasuimedia italianisi parla poco, male e senzalibertà. Se da un lato “cresce l’influenza della politica e delle aziende inquinanti” attraversola pubblicità sulla stampae aumentano le narrative che oppongono resistenza allatransizione energeticanei telegiornali, dall’altro si registra un calo generale nel racconto delclimate changee di temi analoghi. Lo dicono i dati degli ultimi quattro mesi del 2023 sulla comunicazione dellacrisi climaticafatta dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), dai tg delle retiRai, Mediaset e La7e dalle 20 testate di informazione più seguite su Instagram, secondo il nuovo rapporto cheGreenpeace Italiaha commissionato all’Osservatorio di Pavia, un istituto di ricerca specializzato. Nell’ambito di un quadro sconfortante il documento, pubblicato oggi, mette nero su bianco proprio il fatto che all’interno deitelegiornali serali, segnati dall’influenza del governo Meloni sulla Rai, rispetto alla precedente rilevazione raddoppia lo spazio per chi si oppone allatransizione ecologica, passando dal 9,7% al 18,4%. In questo contestoil TG5 e Studio Apertodiventano i telegiornali che hanno dato più spazio al riscaldamento del pianeta, con il 2,5% e il 2,4% sul totale delle notizie trasmesse, mentre per la prima voltail TG1scivola all’ultimo posto della classifica insieme alTG4e alTG La7, con appena l’1,8%. «La resistenza del governo italiano allatransizione energeticaè ancora più evidente nel monitoraggio dei discorsi dei principali leader politici, in cui si riscontrano posizioni ambigue, se non addirittura contrarie, alle azioni per il clima», ha affermatoFederico Spadini, campaigner clima diGreenpeace Italia, «Il governo Meloni nasconde lo scarso interesse per la lotta alla crisi climatica invocando un presunto pragmatismo delle proprie politiche, che garantirebberola sostenibilitàe la coesione sociale del Paese, ma è proprio questo approccio a essere il meno pragmatico: sminuendo il problema e posticipando le soluzioni non si fa altro che mantenere uno status quo che ci porterà a pagare un conto insostenibile, in termini didanni ambientali, perdite economiche e impatti sulla vita delle persone». Guarda tutte le immagini della gallery>1/7 2/7 3/7 4/7 5/7 6/7 7/7 Tra settembre e dicembre, i principali quotidiani italiani hanno pubblicato in media2,9 articoli al giornoin cui si fa almeno un accenno alla crisi climatica, ma i servizi realmente dedicati al problema sono meno della metà. Si tratta di una diminuzione rispetto al quadrimestre precedente, quandol’alluvione in Emilia-Romagnaeleondate di calore estiveavevano elevato la copertura, a conferma della natura saltuaria ed emergenziale che caratterizza il racconto mediatico delriscaldamento globale. Analizzando lo stesso arco di tempo, il report parla poi dei livelli record raggiunti dalla “dipendenza della stampa italianadalle pubblicità delle aziende più inquinanti” – compagnie del gas e del petrolio, dell’automotive, aeree e crocieristiche -, con un’inserzione pubblicitaria al giorno. La sola eccezione virtuosa è rappresentata daAvvenire, non a caso l’unico quotidiano a ottenere la sufficienza con 6 punti su 10 nella classifica diGreenpeace. MiglioraLa Stampa(3,6 punti) mentre crollano le tre principali testate italiane:Il Sole 24 Ore(3,2 punti),Repubblica(3,0) eCorriere(2,4). «Con le vendite dei quotidiani ai minimi storici,la stampa italianaè sempre più dipendente dai finanziamenti delle aziende inquinanti. Un ricatto che investe anche telegiornali e programmi televisivi, dove ormai si fanno i salti mortali per evitare anche solo di nominare le responsabilità delle fonti fossili e dell’industria del gas e del petrolio», dichiaraGiancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione diGreenpeace Italia, «Oltre a mettere in pericolo il clima del pianeta e le nostre vite, Eni e le altre compagnie dei combustibili fossili impedisconoun’informazione libera e indipendentesu cui si basa la democrazia». Per quanto concerne infine le testate d’informazione più diffuse suInstagram, canale di riferimento per i giovani, le notizie sulla crisi climatica scendono dal 4,1% al 2,6% sul totale dei post pubblicati. Hanno trovato maggiore spaziogli aspetti politici (29%) e sociali (27%)rispetto a quelli ambientali (22%) ed economici (9%). Tra i soggetti citati o intervistati prevalgonogli esperti scientifici e le associazioni ambientaliste(17% ciascuno), che superano aziende ed esponenti dell’imprenditoria (13%). Hanno dedicato più attenzione alla crisi climaticatpi(9% sul totale dei post pubblicati),torcha(8%) efactanza(7,5%), mentre chiudono la classificalarepubblica(0,8%) elaveritaweb(0,8%).