Turchia: è emergenza morti sul lavoro e femminicidi

Preoccupano idati turchi su femminicidi e morti sul lavorocontenuti negli ultimi report diIsig Meclisi (Health and Safety Labour Watch)e del portale onlineBianet. Partiamo dal primo. Stando allarecentissima ricercacondotta daIsig,solo a gennaio sul luogo di lavoro sono morti 158 lavoratori:almeno 5 ogni giorno. Con la sua analisi, l’organizzazione denuncia insicurezza, mancanza di tutele e, a volte, delle più basilari norme di sicurezza. Per esempio,nel settore edile le postazioni di lavoro sono spesso illegali e senza licenza;non a caso, proprio in questo ambito, a gennaio si sono verificati ben 45 decessi. Una scarsa sicurezza che coinvolge anche imomenti extra lavorativi.Infatti numerosi decessi sono avvenuti anche durante lepause. “Dozzine di lavoratori sono morti per ustioni e avvelenamenti a seguito deltentativo di stare al caldo mentre lavoravanoo di ripararsi”, si legge nel report. I luoghi di lavoro non sono a norma, preparati per le emergenze o per fornire uno spazio sicuro; un aspetto che, inoltre, si è palesato a febbraio 2023, quando il terremoto ha reso evidente l’inadeguatezza delle infrastrutturedel Paese. Sebbene in Turchia, in materia di diritto alla salute e alla sicurezza sul lavoro, sia in vigore dal 2012la legge n.6331, i lavoratori e le lavoratrici non sembrano essere tutelati, e continuano a morire. Questi dati, già drammatici di per sé, assumono un tratto ancora più sconvolgente se si considera che (stando sempre alle ricerche condotte daIsig)negli ultimi 11 annialmeno 671 bambinihanno perso la vita lavorando;nel 2023, 54. Che in Turchia i minori lavorino non è un’eccezione, bensì la regola. Da sempre nel Paese si sfruttal’apprendistatocome modello giuridico perfar lavorare i bambini;tuttavia, conErdoğan al poterequesto modello si è consolidato, adattandosi alle nuove richieste di mercato e assumendo tratti neoliberisti. Si è così giunti al modelloMesem(Centro di formazione professionale) lanciato nel periodo 2021-2022. «Gli studenti che lavorano nell’ambito del progettoMesemvannoal lavoro per 4 giorni e a scuola per 1 giorno» ha dichiaratoKadem Özbay, presidente della OngEducation-Business.Secondo Özbay,ilMesemsfrutta, legalizzandolo, il lavoro minorile,in quanto i bambini vengono immessi nel mercato del lavoro come manodopera a basso costo. Opinione condivisa anche da Özgür Hüseyin Koşuk, membroIsig,che afferma che il motivo principale per cui i bambini aderiscono al programmaMesemè lapovertàe ladifficoltà di avere accesso a un’istruzione pubblica,in quanto le politiche di Erdoğan puntano sempre più sulla privatizzazione dei servizi; di conseguenza i bambini delle famiglie più povere sono costretti a lavorare. Il settore che ha registrato la maggior parte di morti tra i lavoratori minorenni è quelloagricolo. La Turchia deve fare i conti con un’altra emergenza sociale: ifemminicidi. La recentericercasvolta dal portale indipendenteBianetdenuncia che nel 2023almeno 333 donne sono state uccise per mano di un uomo(tra cui 15 rifugiate); se si includono, poi, gli altri 6 femminicidi commessi negli anni precedenti ma segnalati solo lo scorso anno si arriva a 339. Purtroppo a questi numeri già alti si aggiungono anche altri tipi di violenze e reati commessi contro le donne. SecondoBianet,nello stesso periodo, secondo le informazioni riportate dai media, sono stateviolentate 18 donne, 371 sono state costrette a prostituirsi e 355 sono state molestate. Un vortice di violenza e sessismo che trova le sue radici soprattutto in politiche e misure governative (quelle dell’AkpdiErdoğan) che calpestanoi diritti fondamentalidelle donne, non favorendone l’emancipazione. Nel dicembre 2021 (anno del ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul) la Procura di Istanbul ha chiesto la chiusura della popolare piattaforma online localeWe Will Stop Femicidiescon l’accusa di “svolgere attività illegali e immorali”;tuttavia nel settembre 2023 il tribunale di Istanbulsi è pronunciatocontro la richiesta. Questa vittoria resta comunque un fatto isolato, perché in Turchia la condizione delle donne rimane critica: in vista del 25 novembre 2023 (Giornata contro la violenza sulle donne) l’ufficio del governatore di Diyarbarkıremanò un divieto di protesta, mentre il governatore di Istanbul attuò misure repressive per impedire i cortei, come a esempio quello di chiudere alcune stazioni metropolitane. Considerando, dunque, il contesto politico e sociale, le donne e i lavoratori in Turchia devono fare ancora molto per far sentire la loro voce, con l’obiettivo di vedere rispettati i loro diritti.