Onu: non ci sono ancora le prove del presunto coinvolgimento di Unrwa nell’attacco del 7 ottobre

Mentre inegoziati tra Israele e Hamasper una tregua momentanea del conflitto in concomitanza con ilRamadansembrano essersi arenati,la situazione a Gaza è ogni giorno più insostenibilee a complicarla ancora di più sono gli aiuti umanitari che stentano ad arrivare alle popolazioni. Fortunatamente su questo fronte sembra esserci un flebile spiraglio di miglioramento.La Commissione europeaha infatti fatto sapere che a partire da questa settimanaerogherà 50 milioni di euro di aiuti all’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ai quale si aggiungeranno altri 32 milioni in un momento successivo. La decisione arriva a un mese di distanza dallarevisione dei finanziamenti all’agenzia dell’Onu, avvenuta a fine gennaio 2024, quandoIsraele aveva denunciato che 12 membri dello staff diUnrwaerano coinvolti come parte attiva nell’attacco di Hamas del 7 ottobre.Un’accusa estremamente grave, che aveva portato16 grandi donatori, tra i quali Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia,a sospendere i contributiper un totale di 450 milioni di dollari. Eppure, a oggiIsraele non ha ancora fornito le proveche sosteneva di avere a supporto della propria tesi. In attesa di capirci di più l’Onu ha comunque licenziato le persone indicate come collaboratrici diHamase avviato un’indagine tramite il proprio ufficio per i servizi di supervisione interna(Oios),la cui relazione finale è stata consegnata la scorsa settimana al segretario generale delle Nazioni Unite,António Guterres. Relazione che, a quanto trapela,non ha dato esiti che possano far pensare a un coinvolgimento dei lavoratori diUnrwa. Oltre alle accuse iniziali su 12 di loro,Israele ha affermato che 190 dipendenti, compresi alcuni insegnanti,sarebbero militanti di Hamas o della Jihad islamica, e che sarebbero state trovate armi e munizioni nel quartier generale dell’Agenzia a Gaza, oltre a un tunnel sotterraneo. Il capo dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, ha però respinto al mittente le illazioni, affermando di non sapere cosa ci sia sotto la sede di Gaza, abbandonata dopo l’ordine israeliano di evacuare la zona in ottobre, e che in tempi di relativa pace, l’Agenzia ispeziona i locali ogni trimestre,battendosi sempre perché la propria neutralità non venga violata. Parallelamente all’indagine dell’Oios,è in corso unarevisione più ampia delle attività e della neutralità dell’Unrwa,guidata dall’ex ministro degli Esteri francese, Catherine Colonna. Commissionata da Guterres a gennaio, prima che venissero avanzate le accuse israeliane, si spera che i suoi esiti possano far riprendere interamente i finanziamenti da parte dei principali donatori, prima che sia troppo tardi. L’agenzia ha infatti fatto sapere di disporre difondi sufficienti solo per continuare a funzionare al massimo per il prossimo mese. Tantissime le emergenze, in un momento in cui più di 2 milioni di abitanti di Gaza stanno vivendo una pesantecarestiae, secondo le Nazioni Unite 1 famiglia su 4, ovvero più di mezzo milione di persone, si trova “ad affrontare condizioni catastrofiche caratterizzate da mancanza di cibo, fame ed esaurimento delle capacità di farvi fronte”. Tra queste la condizione delledonne incinte. Come riportato alGuardiandall’organizzazione no-profitProject Hope,il 21% di quelle curate nella clinica di Deir al Balahnelle 3 settimane fino al 24 febbraiosoffrivano dimalnutrizione, così come 1 su 10 dei bambini presenti. Nell’ultimo mese, le spedizioni di aiuti umanitari sono diminuite di circa la metàrispetto ai livelli di gennaio, arrivando a meno di 100 camion al giorno in media, o 2.300 per l’intero mese, un numero ben al di sotto dei 500 camion stimati necessari per soddisfare i bisogni primari giornalieri della popolazione. Queste restrizioni hanno colpito ovviamente anche gli ospedali, come il Deir al Balah, ma anche l’Al-Awda di Jabalia, situato nel nord di Gaza, che a causa della grave carenza di carburante e forniture mediche ha sospeso i servizi medici. Si trattava dell’ultimo ospedale funzionante della zona. Dopo un assedio continuo dei raid israelianinon è più funzionante nemmeno quello di Nasser, il più grande di Gaza, che si trova a sud della striscia e ha al proprio interno oltre 120 pazienti in attesa di evacuazione medica. Complessivamente, solo un terzo degli ospedali della striscia è parzialmente operativo e quelli che tentano di continuare ad assistere malati e feriti sono sopraffatti dai pazienti e a corto di scorte. Per questo la ripresa degli aiuti aUnrwaè più che mai preziosa.