Ucraina, Medio Oriente, Mar Rosso: cosa è cambiato per i mercati?

 

L’invasione russa inUcrainadue anni fa ha riportato lo spettro della guerra davanti ai nostri occhi, poi si è riaccesa prepotente la fiamma delconflitto mediorientaletra Israele e Hamas- conGazanel mezzo – e infine si sono aggiunte le tensioni nel Mar Rosso. Quali sono le conseguenze di questi avvenimenti? Cosa è cambiato in 24 mesi? Ilrapporto Mari in tempestadelCentro studi Divulgaha analizzato gli effetti provocati sui mercati interni e internazionali, con un focus particolare sui prodotti agricoli. Il contesto geopolitico globaleinfatti si è inevitabilmente modificato, soprattutto sul piano deisistemi agroalimentari. Le prime tendenze emerse sono le forti spinte inflattive che pesano su cittadini e famiglie, insieme alle vulnerabilità negli approvvigionamenti. D’altra parte, prima del conflitto,l’Ucrainarivestiva un ruolo strategico per le forniture mondiali di alcuni alimenti fondamentali come semi di girasole, mais, grano e altri cereali. Con l’inizio dell’aggressione da parte delCremlino, un coltivatore su tre ha dovuto interrompere la propria attività nelle zone maggiormente interessate dalle violenze. Così tra il 2022 e 2023 la resa agricola è calata del 36% peril mais, del 35% peril grano, del 10% peri semi e l’olio di girasole. Nello stesso arco di tempo,Moscaha aumentato la propria produzione di grano del 22% raggiungendo quota 92 milioni di tonnellate e consolidandosi come terzo produttore al mondo dopola Cina, prima con 138 milioni di tonnellate, el’India, seconda con 104 milioni. Sempre nel contesto dei riflessi scaturiti dall’invasione russa ai danni di Kiev,Pechinosi è ritrovata ad avere un ruolo dominante anche su un altro piano, detenendo il 50% delle scorte mondiali di grano e il 64% di quelle di mais. Sono noti inoltre gli impatti di quel conflitto suicosti di produzione nel settore agricolo. Nel corso del 2023 l’indice dei prezzi medi dell’energia dellaBanca Mondialeha registrato una crescita del 103% rispetto ai periodi pre-guerra, mentre il gas naturale è aumentato del 126%. Le quotazioni dei fertilizzantipoi hanno subito incrementi del 106% ma lo scoppio delle ostilità, in origine, aveva fatto segnare picchi di aumento dei prezzi medi annui del 204% peril fosfato biammonico, del 230% perl’ureae del 290% peril cloruro di potassio. Per quanto concerne l’inflazione, sembra di sentire l’eco delleproteste dei trattoriin Europa, Italia inclusa, nell’ultimo mese. Il prezzo del panein effetti è cresciuto di circa 14 volte rispetto a quello riconosciuto agli agricoltori per il frumento tenero necessario per la panificazione. Un discorso analogo vale perla filiera della pasta, dove il valore dal campo alla tavola è aumentato di cinque volte. Nel caso dellacarne bovinail prezzo dagli allevamenti allo scaffale sale di ben otto volte, quattro per la carne suina. Eil latte? Se 0,50 euro al litro è il costo medio della produzione, supera l’1,60 euro al litro quello pagato dal consumatore finale. Le aziende agricolenel 2022 hanno speso mediamente il 50% in più rispetto all’anno prima per far fronte ai propriconsumi energeticie il 63% in più per ifertilizzanti. Eil gasolio agricoloè un altro protagonista delle rivendicazioni dei contadini,dalla Germania a Bruxellespassando per lo Stivale. Il rialzo delle sue quotazioni, avvenuto tra il 2022 e il 2023, continua a riflettersi ancora sui prezzi attuali che rimangono del 53% più alti rispetto a 5 anni fa. Dopo i picchi del 2022 con valori pari a 1,34 euro al litro in media, in queste settimane si registra un leggero calo con 1,10 euro/litro, ben distanti rispetto ai 0,70 euro/litro del 2020. Nel complesso questo quadro già poco rassicurante è reso ancor più complesso dalconflitto israelo-palestinesee dall’inasprimento delletensioni nel Mar Rossodovute agli attacchi di un gruppo di miliziani yemeniti, gli Houthi, contro le navi mercantili in transito per il Canale di Suez.