Il capitalismo degli stereotipi

 

IlBureau of Labour StatisticsdegliStati Unitipubblica la nuova analisi delmercato del lavoro disaggregata per genere. E ancora una volta, i dati non ci stupiscono. Ecco qualche esempio: il99% delle specialiste nella cura della pelle è donna,così come il 97% delle maestre d’asilo, il 96% delle segretarie e il 96% delle igieniste dentali. Nell’altra metà del cielo,è uomo il 99% dei muratori, il 98% dei meccanici e il 98% dei disboscatori(sì: negli Stati Uniti si rileva anche questo!). In letteratura, la chiamiamosegregazione orizzontale: nella cultura patriarcale (cioè, ripetiamolo ancora una volta, in tutte le culture a noi note),alcuni lavori sono ritenuti adeguati per gli uomini e altri per le donne. E questo è vero anche per molto altro: basti pensare a comportamenti e norme sociali che impongono un canone diversificato per maschi e femmine e che orientano le convinzioni e i comportamenti del 91% della popolazione mondiale (a dirlo è l’ultimoSocial Gender Norms Indexdell’Undp, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo). Ma torniamo al lavoro. In alcuni casi, si dirà, questa divisone ha a che fare con laforza fisica.Ammesso e non concesso che sia così, cosa possiamo dire allora degli altri dati contenuti nel documento delBureau of Labour Statistics? Perché, a quanto pare,tra i chirurghi la componente femminile è fermaal 20%e questo non è un lavoro che dovrebbe essere diviso per genere in base alla forza fisica, ma vado oltre.Tra gli avvocati, le donne sono il 40%, tra i gli amministratori delegati il 31%, tra i piloti d’aereo l’8%. Mi viene difficile pensare che non si tratti di untema culturale. Guarda tutte le immagini della gallery>1/3 2/3 3/3 E inEuropacome siamo messe? Abbiamo i datiEurostatsui Paesi membri che fotografano una situazione simile. Nel 2022, isettori ad alta tecnologia, che ancora una volta si sono confermati come motori cruciali della crescita economica, occupano quasi 10 milioni di persone nell’Ue, ovvero il 4,9% dell’occupazione totale. E però,le donne rappresentano solo il 33% della forza lavoroin questo settore. Ancora, sono il93% dei lavoratori dell’infanziae degli assistenti degli insegnanti, l’89% del totale di infermieri e ostetricie l’88% degli insegnanti della scuola e della prima infanzia. L’Italia, ovviamente, non fa eccezione.Secondo il ReportL’occupazione femminiledel Servizio Studi della Camera dei Deputati,lasegregazione orizzontaleè particolarmente persistente suilavori più retribuiti, come quelli che ricadono nell’ambito delle discipline Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Dal momento che, stando ai dati che abbiamo appena visto,quello statunitense non è un caso isolato,perché il fatto che glistereotipi di generecontinuino a modellare il mercato del lavoro anche (e soprattutto) negli Usa dovrebbe invece destare la nostra preoccupazione? Perché quello degli Stati Uniti è il modello di capitalismoal quale tutti gli altri Paesi, con gradi diversi,guardanoda tutto il resto del mondo. E quello che questi dati dimostrano è (e continua a essere) contrario allo spirito capitalistico. E così, mentre la prospettiva di crescita continua che anima ilcapitalismodovrebbe stimolare l’utilizzo di tutti i talenti possibili, in modo da garantire sempre maggior profitto, quello che a livello globale si continua a fare è produrre meno ricchezza di quanto si potrebbe perché lo stereotipo vince sopra ogni altro fattore. E anziché sviluppare i talenti in una prospettiva di reale merito, assecondando le inclinazioni di ogni persona in modo che possa contribuire al suo meglio alla crescita economica, si insiste nell’immaginarealcuni lavori declinati esclusivamente al femminile e altri esclusivamente al maschile,condannando il modello produttivo a una soluzione che è meno che efficiente. Insomma, glistereotipi di genererendono ciechi anche i capitalisti più puri. Un motivo in più per immaginare un nuovo capitalismo?