Argentina: perché le proteste contro l’estrazione del litio sono state duramente represse

 

Nel1971, in un saggio intitolatoLe vene aperte dell’America Latina,il giornalista uruguaianoEduardo Galeanoparlava del continente latino-americano come di un corpo dissanguato dai vampiri, delcolonialismoprima e dell’imperialismopoi, che per secoli se ne sono cibati alimentando unsistema capitalista disegualenel quale “il sottosviluppo non è una tappa dello sviluppo. È una sua conseguenza”. Rileggerlo oggi, a più di cinquant’anni dalla pubblicazione, dà un inquietante senso di dejà vu. Certo, molte cose sono cambiate nel continente da allora:le dittature militari sono finite, è nata laclasse media, ci sono state esperienze di governo, come quelli diLula,ChavezoMujica, che hanno spostato l’ago della bilancia politica versoproblemi sociali e ambientali. Oggi i Paesi latinoamericani sonomeno dipendenti dal ricatto degli aiuti internazionalidi quanto non fossero cinquant’anni fa, imovimenti sociali hanno ottenuto visibilità mondialee spesso fanno scuola a quelli del vecchio continente, lebattaglie dei popoli indigeniottengono finalmente la visibilità che meritano. Ma losfruttamento indiscriminato delle risorse naturalicontinua a discapito dell’ambiente e della popolazione e troppo spesso attiviste e attivisti vengono messi a tacere, anche grazie alla complicità di governi guidati da fazioni dell’ultradestra reazionaria. Lo abbiamo visto chiaramente nel Brasile diBolsonaroe oggi una situazione simile si ripropone inArgentina, con ciò che da oltre sei mesi sta avvenendo nellaprovincia andina di Jujuy, ai confini con Cile e Bolivia, dove è in atto unadura repressione delle popolazioni indigeneche cercano di resistere all’imporsi delleattività minerarienella regione. Jujuy si trova infatti nella zona comunemente conosciuta come“triangolo del litio”, che ospita quasi il75% delle riserve mondiali del metallo. Il litio, utilizzato nellebatteriedei dispositivi elettronicicome telefoni, pc e ora anche automobili, èuno dei metallipiù richiesti sul mercatoe il suo consumo attualmente aumenta con un tasso di circail +10%annuo. L’Argentina, che nella provincia di Jujuy ha attualmente all’attivo3 miniere, con altri 38 progetti in previsione,ha visto le sue esportazioni aumentare del 235% nel solo anno 2022. Per poterle incrementare ancora, a giugno dell’anno scorso, le autorità locali della provincia andina hanno fatto passare una contestatissimariforma della Costituzione provincialeche elimina il riconoscimento deldiritto delle popolazioni indigene alla terra ancestrale(in contraddizione con quanto sancito dalla Costituzione nazionale del 1994), criminalizza la protesta sociale e sospende il diritto a consultazioni anticipate e informate. Viene inoltre affermato ildiritto alla proprietà privata, favorendo nella contesa le grandi imprese minerarie, dal momento che i diritti delle popolazioni indigene sulla terra non derivano dal possesso formale di titoli di proprietà. Secondo le testimonianze raccolteThe Guardian, in seguito allemanifestazioni contro la riformanella provincia è stata messa in atto una vera e propriacampagna di sorveglianza e intimidazioni da parte della poliziache non ha esitato a usare la violenza per far sì che la popolazione abbandonasse la protesta. Le accuse mosse dalle organizzazioni dei diritti umani sono gravissime: tra queste violenze fisiche, abusi sessuali e ostacolo al soccorso e alle cure mediche. Joel Paredesha 28 anni ed è un artigiano della ceramica. Durante una protesta pacificaè stato colpito al volto da un proiettile di gomma e ha perso un occhio. AlThe Guardianraccontachei poliziotti sono andati a cercarlo in ospedale per scoprire il suo nome, ma il personale medico si è rifiutato di fornire l’informazione. AncheErnesto Jorge Aguirre, un pittore di 52 anni, è rimasto cieco da un occhio dopo che un poliziotto gli ha lanciato in faccia un lacrimogeno. «È stato come una bomba»,dice. «C’era un sacco di sangue, e le ambulanze non arrivavano. È stato come se avessi perso la vita quel giorno». Rosa(nome di fantasia), maestra e militante, invece è stata svegliata a casa sua nel cuore della notte. I poliziotti l’hanno legata, imbavagliata, bendata, insultata e abusata sessualmente. «Gli ufficiali, due donne e un uomo,mi hanno intimato di non protestare più. Al momento di andarsene mi hanno tolto il bavaglio e baciata sulla bocca a turno. Dopo sono rimasta immobile sul pavimento per tredici ore». La campagna intimidatoria sembra aver in parte funzionato.La protesta non si è spenta, ma è continuata su scala molto minore. SecondoAmnesty Internationalla gente ora ha paura di finire sulla lista nera delle autorità locali, dato che molti dei manifestanti sono stati perseguiti per aver partecipato alle proteste. Alcuni di loro sono stati costretti a nascondersi dalla polizia. Anche se le autorità della provincia hanno negato di aver usato la violenza per soffocare il malcontento, le testimonianze di chi afferma di aver subito violenza, di essere stato minacciato o di aver visto la propria casa distrutta per consentire l’accesso alla terra sono troppe per essere ignorate. La resistenzanon si ferma, e il senso di dejà vu nel leggere le parole di Galeano si intensifica: “Perché l’America Latina possa rinascere bisognerà cominciare arovesciarne i padroni, Paese per Paese. Si spalancano tempi di ribellione e di cambiamenti. C’è chi crede che il destino stia nel grembo degli dèi, ma la verità è che lavora, come una sfida incandescente, sulla coscienza degli uomini”. Mai come oggi queste parole ci sembrano attuali.