Le donne sono più esposte alla povertà energetica

Le donne sono più esposte alla povertà energetica

 

Negli ultimi anni sono sempre più numerosi gli studi che indaganogli effetti della transizione energetica sulle donne. Lo sappiamo bene:l’uguaglianza di genereriveste un ruolo chiave nellatransizione verso un’energia sostenibile e nell’assicurare l’accesso universale all’energia. La transizione verso un’energia sostenibile può generare vantaggi e opportunità sia per le donne che per gli uomini. A dirlo sono anche le Nazioni Unite. L’agenziaUN Women, che si occupa della promozione di politiche di genere inclusive, afferma che l’integrazione di considerazioni relative alla dimensione del genere è cruciale per il raggiungimento di tutti gliObiettivi di Sviluppo Sostenibile(SDGs). E l’SDG7, che mira a garantire a tutti e tutte l’accesso a un’energia pulita, economicamente sostenibile, e sicura, non rappresenta di certo un’eccezione. Fino a questo momento, le iniziative guidate dalle donne hanno riscontrato grande successo nel nuovo contesto energetico, specialmente per quanto riguarda lesoluzioni energetiche sostenibili applicate in progetti locali comunitari. Nel panorama europeo, le donne rappresentano una fetta sempre maggiore della forza lavoro impiegata nel settore energetico, soprattutto in qualità di imprenditrici nelle piccole e medie imprese, e contribuiscono sempre più attivamente alla crescita economica e allo sviluppo industriale. Ciò detto, nonostante si stia andando nella direzione giusta, il legame tra la disparità di genere e la transizione energetica è tuttora molto radicato, e presenta delle sfide che devono essere affrontate per far sì che la transizione energetica non lasci nessuno dietro. A fare luce su questo argomento è un nuovo studio pubblicato la scorsa settimana dalJoint Research Centredella Commissione europea, in collaborazione con il centro di ricerca olandese75inQ. Si tratta del reportGender and Energy: the effects of the energy transition on women, che evidenzia la necessità di un’azione immediata per colmare il divario di genere nell’accesso a un’energia più verde come mezzo percombattere le disuguaglianze e promuovere la resilienza sociale. Analizzando e approfondendo l’intersezione tra crisi energetica e disparità di genere, questo studio enfatizza l’importanza di implementare politiche realmente inclusive, finalizzate a creare incentivi per un maggiore coinvolgimento attivo delle donne, nonché a incrementare il loro livello di rappresentanza nel settore in qualità di decisioniste e innovatrici. Per far sì che questa operazione digender mainstreaming– così gli addetti ai lavori definiscono un approccio strategico che prevede l’integrazione di una prospettiva di genere nell’attività di realizzazione delle politiche – è necessario rompere gli schemi tradizionali della politica, oltrepassare le barriere sociali che spesso impediscono di adottare una visione più integrata e olistica alla sfida rappresentata dalla povertà energetica. Oltre alla necessità di insistere sulla questione di una maggiore partecipazione e rappresentatività del genere femminile nel settore dell’energia, e di riconoscerele donne come vere e proprie agenti di cambiamento e innovazione, i risultati dello studio condotto dalJoint Research Centresi concentrano poi su due aspetti principali: vulnerabilità e monitoraggio dati. Anzitutto, viene evidenziato, senza grandi sorprese, che le donne sono i soggetti più esposti al rischio di povertà energetica. Si sa: le caratteristiche del nostro sistema socioeconomico e culturale fanno sì che ogni fattore socio-economico agisca, sulla popolazione, comethreath-multiplier, ovvero comemoltiplicatore di minacce. Dal momento che dallo status degli individui dipende in massima parte la loro capacità di adattamento e resilienza alle crisi, ne consegue che le disuguaglianze e i livelli di vulnerabilità preesistenti siano un potentedriverdi frammentazione sociale visibile anche nella transizione energetica. Per questo motivo le donne, già svantaggiate da un sistema dominato da dinamiche fortemente patriarcali,risultano più vulnerabili alla crisi energetica. E per le medesime ragioni, lo stesso sistema le rende anchepiù esposte alle conseguenze del cambiamento climatico. Quanto alla questione dei dati, lo studio constata la presenza di un gap considerevole relativo a una scarsa efficienza delle istituzioni nella raccolta e nel monitoraggio delle informazioni. In questo senso, ilJoint Research Centreribadisce più volte la necessità di sviluppare metodologie ancor più robuste per la raccolta e il monitoraggio di dati quantitativi e qualitativi disaggregati per sesso che riflettano tutti gli aspetti della produzione, consumo e impatti sullo sviluppo dell’energia. Ciò è infatti cruciale se si vuole effettuare una valutazione oculata e precisa dei progetti legati allatransizione energetica. Infatti, solo se è possibile individuare, con l’utilizzo di metodi quantitativi, il loro livello di inclusività e rappresentatività dal punto di vista di genere, è possibile auspicare nell’implementazione di misure adeguate e targettizzate, sia a livello nazionale che europeo. Insomma: per colmare il divario di genere attualmente presente nel settore energetico non basta promuovere una partecipazione equa della componente femminile. In primis, occorre anche e soprattutto riconoscere quali sono le vulnerabilità che a monte causano queste disuguaglianze strutturali, così da poter intervenire con correttivi e politiche mirate. È un investimento sul futuro. Un investimento necessario per tracciare la strada per una società europea che sia più giusta, sostenibile, e resiliente. E per fare ciò, non è possibile pensare di poter lasciare indietro metà della popolazione mondiale.