Quando la finanza diventa insostenibile

Mentrele temperature globali salgonoe in quasi ogni parte del mondo si è costretti afronteggiare le emergenze climatiche, la finanza sostenibile va in crisi. Infatti, le vendite di fondi comuni di investimento incentrati sul clima sono diminuite del 75% in due anni. Secondo i datiMorningstarcitati dalFinancial Times, il nuovo influsso di denaro incanalato nei fondi comuni di investimento focalizzati sul clima è sceso a37,8 miliardi di dollari nel 2023, con uncrollo verticale rispetto ai 151 dollari del 2021. Si tratta dell’anno peggiore in termini di afflussi netti dal 2019. Solo nel 2023, negli Stati Uniti, i legislatori repubblicani di ben dodici stati hanno emanato normative anti-Esg, i parametri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance. Attualmente, sonodiciannove gli Stati negli Usa che hanno leggi di questo tipo. Si parla di investimenti “woke”, letteralmente “svegliati”, ma in realtà traducibili come consapevoli rispetto alle ingiustizie. Questo termine, mutuato dalla cultura afro-americana, in alcuni ambienti sta diventando quasi un insulto (quindi, mi par di capire, essere consapevoli e impegnati non va bene…). La finanza è uno di quelli. Quando è abbinato agli investimenti, il termine “woke” attira non solo commenti negativi ma anche reazioni politiche. Come abbiamo visto, negli Stati Uniti la tendenza anche legislativa è stat quella di limitare o eliminare notevolmente gli investimenti “woke”, ovvero quelli più sostenibili sotto il profilo ambientale, sociale e di governance. Negli Usa, gli ambienti dai quali giungono queste critichesono legati soprattutto alla destra conservatrice. E sembrano proprio il canto del cigno: il disperato tentativo di chi ha sguazzato nei propri privilegi, senza preoccuparsi troppo del resto del mondo, con il quale perfino ora, che la Terra non ne può più di noi e il tempo stringe, proprio non vuole scendere a patti. Almeno, questo è quanto emerge daidati diMorgan Stanley,secondo cui il 50% degli investitori e, più in dettaglio, quasi il 75% degli investitori Millennial hanno apportato modifiche agli investimenti – o hanno pianificato di farlo –in una prospettiva di maggiore consapevolezza ambientale e sociale. Viva i Millennial, quindi! E invece, alcuni investitori e perfino alcune personalità dello showbiz conservatrici stanno investendo milioni di dollari per costruire quella che chiamano “economia parallela” (o anche, in maniera ancora più rivelatrice, “economia patriottica”). Cioè, al grido di “non si può più dire niente”, stanno investendo i propri soldi percreare un universo parallelo fatto di mezzi di comunicazione, così come altre attività in diversi settori produttivi, che si rivolgono al pubblico conservatore nel tentativo di combattere il “risveglio”. E siamo arrivati al punto che i conservatori hanno montato la protesta contro quei marchi che hanno espresso il proprioimpegno nei confronti della comunità Lgbtq+, dell’equità o delle cause femministe. Hanno boicottato perfino Bud Light (non riesco a immaginare niente di più macho di una buona birra fredda, eppure…). Pare volessero punirla perché aveva lanciato una campagna di marketing con la star trans* Dylan Mulvaney. Insomma, il mondo al contrario (questa l’ho già sentita…). Chissà perché, ci ostiniamo a non capire che l’Homo Oeconomicus è unnarcisista patologicoe che, per fortuna, non esiste. E perché non vogliamo davvero convincerci cheil benessere individuale si raggiunge solo insieme al benessere collettivo(e non in alternativa a esso).