Le proteste dei trattori in Italia: “Non si arriva a fine mese”
Giuseppe Iannassostava andando a scuola quando il suo pullman è stato rallentato da una fila ditrattoriin protesta, a centinaia, aFoggia: «Ho fatto un’ora di ritardo ieri ma siamo 20 ragazzi su quel bus e non c’è stata una persona che si è lamentata perché nei paesini siamo tutti quanti figli e nipoti di agricoltori e viviamo grazie ai campi». In quei luoghi decine e decine diproduttori e contadini stanno portando avanti le loro contestazioni a oltranza, da circa 24 ore: «Sperano che qualcosa cambi perché è impossibile continuare così. Dicono che l’agricoltura è un problema per l’ambiente mai trattori di ultima generazione sono elettrici. Stanno inventando anche i motori a idrogeno». Cresciuto “dentro la terra” in una famiglia diagricoltoridiSant’Agata di Puglia,Giuseppe è uno studente al quarto anno di un istituto tecnicoe quando non è a scuola dà volentieri una mano al nonno nei campi: «Conosco tutti i sacrifici dietro a un anno di produzione». Invece alle proteste dei trattori iniziate oggi aBeneventoha partecipato anche il giovaneDavide Cocca, a sua volta studente di un istituto tecnico: «Sì, era d’obbligo, perché è il nostro lavoro e abbiamo il diritto di difenderlo. I miei genitori e i miei nonni lavoravano la terra da prima che nascessi, abbiamo più di 150 anni di tradizione». Alla base del malcontento e delle proteste ci sono nodi comeil costo del carburanteper i mezzi agricoli,il prezzo del granotroppo basso in uno scenario sempre più concorrenziale,le tasse: «Non si riesce ad arrivare a fine mese», dice Iannasso. Una delle frasi emerse durantele proteste degli agricoltori, che stanno crescendo anche inItaliadopo essersi diffuse daBerlinoaParigi-, dove in queste ore si è parlato di “assedio dei trattori” – fino all’Europaè “Ci pagano per non coltivare”. Infatti la proposta istituzionale, nel nome dellatutela dell’ambientee dellapolitica agricola comunitaria(Pac), è che i produttori ricevano «dai 500 ai 1.500 euro all’ettaro, a seconda delle zone, per non coltivare e lasciare le terre vuote», racconta amareggiatoGiuseppe, «Io sinceramente non riesco ad arrivare a capire, il loro obiettivo è non coltivare più e mangiare farina di grillo. Spero ci lascino la libertà di scegliere la farina di grano». È quello che sta succedendo per esempio inEmilia Romagnadove da questo mese i contadini che smettono di lavorare con i seminativi riceveranno dei fondi. Una dinamica simile andrà molto probabilmente a vantaggio delle importazioni. «Vogliono che il 4% delle superfici delle nostre aziende debba rimanere vuoto, è uno dei problemi principali», spiegaEmilio D`aloia, rappresentante diRiscatto AgricoloaBenevento, «Da decenni passiamo per coloro che inquinano ma noi siamo quelli che forniscono la materia prima e quindi la vita a tutta la popolazione, grazie all’agricoltura e ai sacrifici che facciamo notte e giorno. Vogliamo che questo messaggio passi anche attraverso le scuole». «I contributi che passa l’Ueservono», aggiungeDavide, «sia per far costare meno la materia prima a chi poi deve trasformarla – i panifici e i pastifici se si parla del grano oppure anche gli ortofrutta – sia per garantire a voi consumatori un prodotto che costa poco e che dev’essere reperibile per tutti. Non è che ci stanno facendo un piacere. Sembra quasi che ci prendano in giro». Dunque le motivazioni delle proteste dei contadini, dal giusto compenso agli incentivi, si scontrano sempre più spesso con le politiche ambientali, a partire dalGreen Dealche punta all’addio ai pesticidi, allo stop alle emissioni nocive e alla limitazione degli sprechi. ABeneventodiverse decine ditrattorisi sono radunate a partire dalla periferia verso la città, per tutta la giornata: «Siamo apolitici e senza sigle sindacali, siamo semplicementeagricoltorida generazioni», spiegaD`aloia, «Ora stiamo arrivando allo stremo. In Europa dicono che per il gasolio agricolo dal 2026 non ci saranno più agevolazioni. Quando andiamo a comprare le materie prime per la semina e le concimazioni, paghiamo oro. Quando poi andiamo a vendere i nostri prodotti, i prezzi sono sempre più bassi». A coordinare le proteste di queste ore in Italia è proprioRiscatto Agricolo, con il sostegno dellaConfederazione dei Produttori Agricoli(Copagri). Sono annunciati oltre 15 presidi in tutta la Penisola, mobilitazioni in Lombardia, Toscana, Umbria, Lazio e Sardegna e una decina di caselli autostradali coinvolti. I contadini avanzano richieste come la “riprogrammazione” delGreen Deal, il divieto di importazioni da Paesi che non rispettano i regolamenti fitosanitari e produttivi, l’abolizione di vincoli e incentivi per non coltivare terreni,la detassazione agricola, le agevolazioni per il carburante agricolo. E dicono no ai cibi sintetici.