Sulla scia delvertice Italia-Africae sul solco tracciato dalla declinazione delPiano Matteiesposta dalla premier Giorgia Meloni lunedì 29 gennaio, che punta a nuove joint venture e partnership, si è tenuta a Roma la conferenza “Africae Medio Oriente. Trasformazioni e traiettorie in un nuovo contesto globale”,organizzatadaConfindustria Assafrica & Mediterraneo. L’incontro ha avuto un carattere molto operativo e si è concentrato su tre interventi: quelli del PresidenteAssafricaMassimo Dal Checco, del Presidente dellaBanca Africana di Sviluppo, Akinwumi Adesina e del Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani. L’occasione, in un momento digrande espansione economico-sociale del continente nero e di avvio di nuovi rapporti, è stata utile per aprire un dibattito sullenuove tendenze globalie, in particolare, sul rafforzamento della presenza delle imprese italiane in Africa, di fronte a una platea composta da imprenditori, rappresentanti delle ambasciate di Paesi africani e mediorientali in Italia e del mondo istituzionale italiano. I lavori sono stati aperti dal ministro Tajani che ha insistito su una nuova fase di dialogo tra i due continenti e, specialmente, con l’Italia dopo il vertice che ha «solennizzato il rapporto tra il nostro Paese e il continente». Tajani, dopo aver ricordato la recente apertura di una nuova Ambasciata in Mauritania, di tre nuovi uffici di nostre agenzie di imprenditoria a Dakar, Nairobi e Lagos, ha voluto ribadire che «il vertice di ieri ha sancito l’apertura di un processo per chiedere ai Paesi africani di partecipare a quella che noi chiamiamo “diplomazia della crescita”». La conferenza ha avuto l’indubbio merito di portare sul tavolo temi reali e un approccio tanto pragmatico quanto di vera mutualità. È molto interessante che anche nel mondo dell’economia, della finanza, dell’industria, comincia a farsi spazio una riflessione sull’Africa scrostata di stereotipi eepurata di colonialismi concettuali e operativi. Il pensiero business oriented, scevro da ogni atteggiamento filantropico (ogni volta che si ha la tentazione di pensare al rapporto Europa-Africa in chiave buonista sarebbe consigliabile almeno sfogliareCarità che uccidedell’economista zambiana Dambisa Moyo, ndr), è nodale in questo percorso di crescita comune. «Tutti parlano di Africa! Tutti vogliono l’Africa», ha esordito il PresidenteAssafricaMassimo Dal Checco. «Quali che siano le evoluzioni internazionale che ci aspettano nel 2024, una cosa è certa: l’Africa continuerà a crescere. La popolazione, che toccherà i 2 miliardi nel 2050, e i giovani, in particolare, sostengonol’emersione di un’imprenditorialità che si ritrova in start up e incubatori che da noi, invece, decrescono». Gli elementi di crescita si inseriscono poi nella cornice delineata dall’Area di libero scambio continentale africana(nel luglio 2022 ha preso il via la fase pilota dell’African Continental Free Trade Area(AfCFTA), un’area di libero scambio nel continente africano che, comprendendo 1,3 miliardi di persone e 54 Stati, è la più grande del mondo, ndr). «Secondo laBanca Mondiale– ha poi ripreso Dal Checco – la piena attuazione dell’Accordo dovrebbe portare a un aumento dei redditi in Africa del 9% entro il 2035, permettendo così a 50 milioni di persone di uscire da condizioni di povertà». Sempre entro il 2035 si prevede che gli investimenti esteri diretti in Africaaumentino tra il 111 e il 159%e i salaridell’11,2% per le donne e del 9,8% per gli uomini(in piena controtendenza universale). Le esportazioni africane verso il resto del mondodovrebbero aumentare del 32%e gli scambi intra-africanicrescerebbero del 109%. «Per tutto questo – ha concluso -Confindustria Assafrica & Mediterraneoè proiettata alla realizzazione di una strategia industriale e per lo sviluppo di partnership locali sul mercato africano e mediorientale». «Mi vedete sempre sorridente e ottimista? Non credete al mio ottimismo, però, date retta ai dati», ha iniziato così il suo intervento il Presidente dellaBanca Africana di Sviluppo, Akinwumi Adesina prima di snocciolare cifre e informazioni di primaria importanza. I n un mondo che sta sempre più diventando africano (secondo ilNew Yoork Timespasserà dagli attuali 1,4 miliardi di persone a 2,4 miliardi entro il 2050, ndr) il continente si presenta anchecon il maggior numero di giovani sul Pianeta, conoltre il 75% della popolazione di età inferiore ai 35 anni. «Il continente ha la classe media in ascesa più veloce, offre un mercato immenso, con una spesa per i consumatori e per le imprese, che si prevede raggiungerà quasi 7.000 miliardi di dollari entro il 2030, ovvero tra soli 6 anni». Ma l’Africa sta registrando anche la più rapida crescita di Internet (+44% tra il 2018-2022) e il susseguenteaumento di aziende fintech, che stanno trasformando radicalmente i pagamenti, i trasferimenti di denaro, i risparmi, il credito, le assicurazioni (il numero di startup fintech è triplicato,raggiungendo le 5.200 unità solo nel periodo 2020-2021, ndr). «Nel delicato campo della transizione energetica – ha ripreso il presidente -l’Africa possiede le maggiori fonti di energia rinnovabile al mondo, tra cui solare, eolica, idroelettrica e geotermica. Il mio continente – si è sentito di consigliare Adesina – rappresenta un’opportunità di investimento da 100 miliardi di dollari all’anno per gli imprenditori più accorti nel settore dell’energia». Interessante l’annuncio di un mega investimento dellaBanca africana di sviluppo(20 miliardi di dollari) nel programmaDesert to Power, per costruire 10.000 megawatt di energia solare in 11 Paesi africani e fornire elettricità a 250 milioni di persone (molte fette di popolazioni sono ancora private di energia elettrica, ndr). E a chi pensa che l’Africa sia il solito monolite fatto di guerre, instabilità, conflitti etnici e violenza, Adesina risponde lapidario: «Chi pensa che sia rischioso investire dice il falso. Nel 2020,Moody Analyticsha analizzato i tassi di insolvenza del debito infrastrutturale per regione, cumulativamente per un periodo di dieci anni, confrontando l’Africa con il resto del mondo. È emerso che l’Africaha il secondo tasso di default cumulativo più basso, dopo il Medio Oriente».
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