Una cosa è influenzare, un’altra è manipolare le decisioni degli altri
Lelinee guida appena approvate dall’Autorità Garante per le Comunicazioni(Agcom),all’esito di una lunga consultazione pubblica (circostanza che vale la pena richiamare fin da subito per evitare che si pensi e si scriva che si tratta di una risposta al celeberrimo caso Ferragni), rappresentano un passo importante lungo una strada che non dovremmo mai smettere di percorrere e che, anzi, dovremmo imparare a intraprendere a passo sempre più veloce: una strada chescongiura il rischio che condotte considerate illecite ieri, risultino lecite oggisolo perché attuate informa diversa. L’Agcom, con il suo intervento, in fondo, ricorda e sottolinea ciò che avrebbe dovuto essere ovvio a tutti da tempo: leregole sulla pubblicità, a cominciare da quella che esige trasparenza del messaggio, si applicanoanche agliinfluencer, ovvero a quelle persone che scelgono di mettere la popolarità digitale, comunque acquisita,al servizio di brand, produttori e distributoridi qualsivoglia genere di prodotti e servizi. E questo semplicemente perchéfare pubblicitàe provare così a influenzare le scelte di consumo è lecito ma provare amanipolarequeste stesse scelte, fornendo a utenti e consumatori informazioni parziali e inesatte (a cominciare proprio dal non dire che si promuove un prodotto o un servizio non per libera convinzione ma perché si viene pagati) è illecito, chiunque lo faccia. Non si tratta né di forma, né di capricci da legulei: il punto è che se sappiamo che il giudizio su un prodotto o un servizio è figlio di una commessa pubblicitaria, da utenti e consumatori innalziamo filtri che ci consentono di recepire quel giudizio per quello che è (ovvero non un disinteressato suggerimento di un altro utente o consumatore o, magari, di un personaggio che gode della nostra fiducia e ammirazione) ma come, appunto, un messaggio pubblicitario, in tutto e per tutto eguale (forma a parte) alleinserzionitelevisive che ci bombardano da sempre sui giornali, inradioe in televisione. Insomma:influenzare sì, manipolare noe, soprattutto, non esistenessuna deroga alle regole sulla correttezza e trasparenza della pubblicitàper il semplice fatto che a far pubblicità sia questo o quel beniamino online di grandi o piccini. Questa è la sintesi del recentissimo intervento dell’Agcomsul fenomeno dilagante degliinfluencer, un intervento indiscutibilmente opportuno che, forse, più e prima di essere apprezzabile in termini di innovazione giuridica, dovrebbe esserlo in termini educativi e culturali perché capace, auspicabilmente, dimettere a nudo i tanti re e regine socialche ormai popolano l’arena digitale, ricordando a tutti che, sempre più spesso, specie online, l’apparenza è diversa dalla realtà e tante apparentemente genuine e veraci scene di vita quotidiana, che rimbalzano sui profili dei tanti beniamini digitali, possono nascondere messaggi promozionali subdoli che rispondono a un solo obiettivo:strumentalizzare la fiducia che l’influencer di turno si è conquistataper indurci a una scelta commerciale che altrimenti non avremmo compiuto. E, però, come spesso accade nell’eterno inseguimento tra regolamentazione e innovazione, proprio mentreAgcomaggiunge un nuovo tassello a un fenomeno odioso come quello dell’influencer marketingpoco trasparente e illecito, il fenomeno si evolve e si avvia a sostituire le e gli influencer in carne e ossa coninfluencer “sintetiche” e digitali,persone-non persone che semplicemente non esistono,generate nei laboratori di intelligenza artificiale,con sembianze umane e un solo obiettivo: conquistarsi la fiducia del pubblico, macinare follower e contatti e poi mettere la popolarità conquistata a servizio di chi ha dato loro i natali per promuovere ogni genere di prodotto o servizio proprio come farebbe un influencer vero. Per averne un’idea senza andare lontano basta guardare il profilo diFrancesca Giubelli, giovanissima influencer “sintetica” giallorossa della Garbatella; mentre se si vuole attraversare l’oceano, bisogna guardareEmily Pellegriniper la quale pare che più di un personaggio del jetset abbia già letteralmente perso la testa. Un livello di complessità superiore, di diversi ordini di grandezza, rispetto al fenomeno con il quale ci siamo confrontati sin qui per tante ragioni diverse. La prima è quantitativa:il numero di influencer digitalicon il quale ci troveremo a confrontarci nei mesi e negli anni che verranno non ha niente a che vedere con quello già rilevante degliinfluencer in carne e ossacon il quale ci confrontiamo oggi. E se è già difficile esigere il rispetto delle regole da tutti quelli veri (tanto che la stessaAgcomè costretta, almeno in prima applicazione, a concentrarsi su quelli con più seguito), figurarsi domani con tutti quelli digitali. La seconda è che nel bene e nel male, l’influencer “tradizionale” (come insegnala vicenda di Chiara Ferragni) ci mette la faccia, con la conseguenza che, quando qualcosa va storto, è facile identificarlo e chiamarlo a rispondere della violazione delle regole. Mase la faccia che ci si mette è una faccia “sintetica” di qualcuno che all’anagrafe non esiste,come la mettiamo? E allora qui serve unlivello di trasparenza altro e diversorispetto a quello che giustamente si esigedagli influencer tradizionali:non solo dichiarare la natura pubblicitaria del post, del video o della storia di turno ma, ancora prima, dichiarare che si è solo (che nessuno si offenda) un burattino digitale e che il burattinaio è questa o quella società commerciale. Altrimenti quel far west che le nuove linee guida diAgcomvorrebbero contribuire a eliminare, tornerà in fretta a essere teatro di un mercato fuori controllo. E poi c’è, tra le tante, un’altra ragione: pubblicità a parte, le e gli influencer sono persone delle quali un pubblico più o meno vasto si fida, al quale chiede consigli, al quale racconta tanto di sé, in alcuni casi, persino, dei quali ci si innamora. Ora che succede a questa relazione quando il nostro beniamino o la nostra beniamina in realtà è solo un burattino nelle mani di qualcun altro? Quella montagna di informazioni, dati e talvolta persino sentimenti che pensiamo di consegnare nelle sue mani e invece consegniamo in quelle del suo burattinaio: dove vanno a finire e come saranno utilizzati? Ecco: nel salutare con soddisfazione le nuove regole varate dall’Agcom,queste sono questioni che dovremmo porci e affrontare il prima possibile.