Oceani sempre più acidi mettono a rischio gli habitat antartici

Oceani sempre più acidi mettono a rischio gli habitat antartici

 

La “Graveacidificazione deglioceanidel 21esimo secolo” ora è messa nero su bianco in un nuovo studio scientifico, quello dell’University of Colorado Boulder, che ha analizzatole aree marine protette dell’Antartide. La ricerca, da poco pubblicata sulla rivistaNature Communications, evidenzia chel’acidità di quelle acque costierepotrebbe raddoppiare in circa 75 anni, ovvero entro la fine del secolo, minacciando labiodiversità, le balene, i pinguini e centinaia di altre specie che abitanol’Oceano Antartico. Gli scienziati hanno previsto quindi che da qui al 2100 la parte superficiale dell’oceano, dove si svolge gran parte della vita marina, ma anche quella sul fondo potrebbe subireun aumento dell’acidità di oltre il 100%rispetto ai livelli degli anni Novanta. «I risultati sono fondamentali per la nostra comprensione della futura evoluzione della salute dell’ecosistema marino», ha dettoNicole Lovenduski, co-autrice della relazione e direttrice a interim dell’Istituto di ricerca artica e alpina(Instaar) dellaCu Boulder. Com’è noto, infatti,gli oceanisvolgono un importante ruolo di cuscinetto controil cambiamento climaticoassorbendo quasi il 30% della CO2 emessa a livello mondiale, ma man mano che l’anidride carbonica si dissolve nelle acque, queste diventano più acide. L’oceano del Polo Sudè particolarmente soggetto all’acidificazione, sia per il contributo delle correnti della zona sia perché l’acqua fredda tende ad assorbire più CO2. E tutto questo avviene inAntartide, un’area molto importante e utile per gli studi scientifici sulla Terra: di recente per esempio, sotto la calotta glaciale,è stato scoperto un antico paesaggio fluviale. Utilizzando un modello computerizzato, il team di ricercatori ha realizzato questa simulazione che svela comel’acqua del mare antarticocambierà nel 21esimo secolo, appurando ancora una volta che occorre assolutamente abbatterele emissioni globali. Le aree marine protette (Amp) nell’Oceano Antarticoattualmente sono due e coprono circa il 12% dell’acqua della regione ma, negli ultimi anni, gli scienziati hanno proposto di individuare altre tre Amp, che arriverebbero a comprendere circa il 60% del totale. Così, nello scenario con le emissioni più elevate in cui il mondo non fa sforzi per ridurre le emissioni,l’acidità media dell’acquanella regione delMare di Ross- la più grande Amp del mondo al largo della punta settentrionale dell’Antartide – entro il 2100 aumenterebbe del 104% rispetto ai livelli degli anni Novanta. In uno scenario di emissioni intermedie, invece, l’acqua diventerebbe comunque più acida del 43%. Studi precedenti hanno dimostrato cheil fitoplancton, un gruppo di alghe che costituisce la base della rete alimentare marina, cresce a un ritmo più lento o si estingue quando l’acqua diventa troppo acida. Questo tra l’altro indebolisce i gusci di organismi comele lumache di mare e i ricci di mare. Tali cambiamenti potrebbero dunque sconvolgerela catena alimentare, con un impatto sui principali predatori comebalene e pinguini. Lo studio in sostanza suggerisce che il mondo potrebbe evitareuna grave acidificazione degli oceanisolo nello scenario a più basse emissioni, quello in cui la società tagliale emissioni di CO2in modo rapido e deciso. «Abbiamo ancora tempo per scegliere il nostro percorso di emissione, ma non è molto», ha dettoCara Nissen, prima autrice della tesi e ricercatrice pressol’Instaar.