Se i ricchi pigliano tutto

 

Anno nuovo, nuovi dati. A partire proprio da gennaio 2024,Banca d’Italiaha iniziato apubblicare i conti distributivi sulla ricchezza delle famiglie. È un passaggio importante, perché questi dati vengono elaborati in modo da poter essere comparati con dati simili raccolti negli altri Paesi europei, per capire dove siamo e, soprattutto, dove stiamo andando. I ricchi e i poveri Iniziamo con il dato forse più eclatante:il 46% della ricchezza nazionale, nel 2022, è strettamente nelle mani del 5% di popolazione più ricco. E invece,il 50% di popolazione più povero ne detiene solo il 7,6%. Come si sa, noi italiani ci autoassolviamo facilmente. Ed ecco allora la (presunta) consolazione: in Germania, stanno messi peggio di noi. Ah, vabbè, allora… Non consideriamo, però, che mentre nell’area Ocse, tra il 1991 e il 2022,i salari reali crescevano del 32,5%, in Italia sono cresciuti dell’1%, stando all’ultimoRapporto Inapp. E che mentre, nel 2022,in Italia la retribuzione media oraria lorda ammonta a 29,4 euro, in Germania invece è pari a 39,5 euro. Sempre più ricchi Ad ogni modo, qui si parla diconcentrazione della ricchezza. E di un sistema di produzione e di lavoro cheavvantaggia chi è già ricco. Questa, purtroppo, non è una tendenza solo italiana. Stando ai dati pubblicati daOxfamnelReport Survival of the Richest 2023, il 63% di tutta la nuova ricchezza che è stata creata nel mondo a partire dal 2020è andato a finire nelle tasche dell’1% più ricco della popolazione mondiale. Rigiro i dati: i super ricchi guadagnano circa 1,7 milioni di dollari per ogni dollaro di nuova ricchezza mondiale guadagnata da una persona che si trova nel 90% più povero della popolazione. Ancora una e la smetto:la ricchezza dei ricchissimi è aumentata di 2,7 miliardi di dollari al giorno. La trappola della povertà Nella letteratura economica, parliamo ditrappola della povertà: le persone (le famiglie, i Paesi) più ricchi hanno più possibilità diconservare o migliorare la propria condizione e quindi di proteggere o aumentare la propria ricchezza. Ce lo conferma anche lo studio diBanca d’Italia. Mentre la ricchezza delle famiglie più poverepoggia quasi esclusivamente sull’abitazione di proprietàe in qualche caso sui depositi, quella delle famiglie più ricche è invece composta anche daazioni e attività finanziarie non residenziali. Cioè, detto in altri termini,le famiglie più ricche diversificano. E in questo modo,minimizzano i rischi. Non è un caso, d’altro canto, se dai dati diBanca d’Italiaemerge anche chele famiglie italiane più povere sono anche più indebitate.E questo è il rovescio della medaglia, è la vera trappola della povertà, perché chi dispone di meno denaro è costretto a indebitarsi. E quindi a subire ulteriori pressioni legate proprio alla mancanza di denaro. Secondo Istat,il 10% della popolazione nazionale vive in condizione di povertà assolutae si tratta dellapopolazione meno istruita. Ancora una volta, la trappola della povertà: crescere in una famiglia povera significa disporre anche di minori mezzi per poter uscire da questa condizione di marginalità. Se vuoi, non puoi In un quadro come quello che abbiamo appena delineato, in cui a livello mondiale le ricchezze si concentrano in maniera sempre meno accettabile e in cui anche a livello nazionale le disparità di reddito (e quindi, di opportunità, di scelta e di libertà) sono sempre più evidenti,la narrazione tossica tipica dei social del “se vuoi, puoi” è ogni istante più stridente. Senza andare a scomodareRawlse il suo principio digiustizia sociale, pensiamo davvero chequesto sistema sia sostenibile nel lungo periodo?Che la persistenza di queste disuguaglianze non possa essere terreno fertile per la crescita di dissenso, frustrazione e rabbia? Davvero non pensiamo che sia urgente, urgentissimo invece disegnare un sistema che recuperi gli ideali diequità distributiva?