Gas e petro-interessi: quanti dubbi sulla futura Cop29 in Azerbaigian

Gas e petro-interessi: quanti dubbi sulla futura Cop29 in Azerbaigian

 

Circa un mese fa, nella Dubai del petrolio, si chiudeva una delleCoppiù complesse e al tempo stesso entusiasmanti di sempre. Complessa, a dir poco, perché in una Conferenza sul clima in terra di petrolieri, guidata da un manager del greggio (Sultan Al Jaber), sembrava impossibile affrontare la questione cruciale dell’addio ai combustibili fossili che alterano il clima. Entusiasmante, invece, perché a fine conferenza nonostante tante polemiche e la rabbia di molti Paesi del sud globale, per la prima volta dopo estenuanti e lunghissime trattative si è parlato einserito nel testo finale l’idea diporre fine all’era dei combustibili fossili. Con questa mezza conquista, poco descritta nella sua operatività ma molto conclamata dai governi internazionali come “vittoria”,la Cop28 di Dubai ha passato ufficialmente il testimone a Baku e all’Azerbaigian dove nel 2024 si terrà la Cop29. Perché l’Azerbaigian L’Azerbaigian ospiterà il prossimo vertice delle Nazioni Unite dopo aver ottenuto, grazie al veto russo su altre candidature, l’assegnazione della Cop in qualità di Paese dell’Europa orientale, area geografica dove per il regolamento Unfcc doveva svolgersi la futura conferenza. Regole e schemi a parte, la futura organizzazione affidata all’Azerbaigian, oltretutto dopo due anni diCop prima in Egittoe poi negli Emirati Arabi, non poteva passare inosservata:si tratta infatti di un altro Paese la cui economia è fortemente basata sul petrolio e sul gas (che esporta proprio in Italia),combustibili fossili che sono l’oggetto principale delle divisioni all’interno delle Cop. Le polemiche sulla scelta del Paese ospitante Se la notizia della Cop29 a Baku ha fin da subito visto le prime proteste degli attivisti, consci che di conseguenza potrebbe trattarsi di un’altra Cop di transizione e ben poco efficace nella necessaria uscita graduale dei combustibili fossili, a soffiare ulteriormente sul fuoco sono ora due notizie che preoccupano in vista della futura Conferenza. Una riguardal’aumento della produzione di combustibili fossili dell’Azerbaigian, di almeno un terzo nel prossimo decennio,calcolato da una inchiesta giornalistica delGuardianche cita la campagnaGlobal Witnesse dagli analisti diRystad Energy. Secondo i dati diffusi,l’Azerbaigian aumenterà la propria produzione annuale di gas di circa 12 miliardi di metri cubi nei prossimi 10 anni,una finestra di tempo oltretutto considerata cruciale per tentare di tagliare le emissioni da fonti fossili. A tali livelli, fanno sapere le Ong, il Paese arriverà a produrre più del doppio delle emissioni annuali di carbonio del Regno Unito: non proprio un esempio edificante per il Paese che ospiterà il principale summit sul clima. Non solo, come ben sappiamo in Italia, dato che il 15% del nostro gas importato è azero, sulla partita del gas Baku vuole spingere sempre di più. Lo stesso presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, ha affermato che il Paese«si sta muovendo con fiducia verso l’obiettivo di raddoppiare le esportazioni di gas»verso l’Europa entro il 2027. Per il Paese è una mossa chiave nel tentativo di colmare il vuoto lasciato dalla Russia nelle forniture di gas all’Europa dopo l’invasione dell’Ucraina.In più, sostengono critici e analisti, le entrate relative ai combustibili fossili sarebbero fondamentali per Baku nel finanziareil conflitto militare contro gli armeni nel territorio conteso del Nagorno-Karabakh. Se già di queste informazioni hanno fatto drizzare le antenne a delegati, attivisti, rappresentati statali e tutti coloro che partecipano ai complicati (e ormai affollatissimi) negoziati delle Cop, figuriamoci poi se a tutto ciòsi aggiunge la notizia che anche il prossimo presidente della Cop29 – dopo l’emiratino Al Jaber – sarà un uomo legato al mondo dei combustibili fossili. Chi è Mukhtar Babayev Il presidente nominato da Baku è infattiMukhtar Babayev, ministro dell’ecologia e delle risorse naturali dell’Azerbaigian edirigente con una carriera passata di 26 anni nella compagnia petrolifera e del gasSocar. Con un’altra guida a trazione fossile è difficile dunque credere, dicono gli osservatori internazionali, in un reale impegno dell’Azerbaigian per l’eliminazione globale dei combustibili fossili. Del resto lo scorso anno il Paeseha fatto affidamento sul petrolio e sul gas per oltre il 92,5% dei suoi ricavi da esportazioni. Eppure, nonostante le accuse e le ipotesi su un Azerbaigian poco incline ad affrontare di petto la questione fossile, Babayev – che negli ultimi anni si è speso per bonifiche e varie operazioni ecologiche nel Paese – rilancia affermando che cambierà la mentalità degli azeri riguardo alla responsabilità ambientale e che si impegnerà anche a far cambiare atteggiamento allaSocarper un maggiore impegno “green”. Probabilmente solo le prossime tappe di avvicinamento alla Cop29 permetteranno di comprendere meglio le volontà di Babayev, ma nel frattempo il futuro presidente del vertice ha già incassato l’ok da parte diSimon Stiell, segretario esecutivo delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico, che ha esortato tutti a lavorare con Babayev e Yalchin Rafiyev, il suo principale negoziatore, per realizzare “un Cop29 di successo”. Non la pensa così, in generale sull’efficacia di una Cop in Azerbaigian, Dominic Eagleton, attivista diGlobal Witnesssecondo il quale «mentre ci precipitiamo verso il collasso climatico, ci viene chiesto di mettere il nostro futuro nelle mani dell’Azerbaigian, un Petrostato sostenuto dalle super major petrolifere e che sta aumentando massicciamente la sua produzione di gas.Abbiamo bisogno che la politica climatica sia gestita da leader climatici, non da Paesi con un interesse acquisito a mantenere il mondo agganciato al petrolio e al gas».