Censis: il 76% degli italiani crede che il lavoro sia sottopagato
Secondo ilRapportoCensis2023, l’Italia sta affrontando ungap tra domanda e offerta di capitale umanocomplesso da colmare. Si stima che ilfabbisogno occupazionaledel Paese sarà pari a quasi1,3 milioni di laureati o diplomatiIts(Istituti tecnici superiori)fino al 2027: si tratta, in media, di circa 253.000 persone l’anno a fronte dei 244.200 posti di lavoro effettivamente disponibili. Questo significa chealmeno 8.700 persone rischiano di non trovare spazio nel mondo del lavoro nei prossimi anni. Se il mercato del lavoro si contrae, anche i giovani in Italia diminuiscono. Oggii 18-34enni sono il 17,5% della popolazione, quasi il 6% in meno rispetto a 10 anni fa,e nel 2043 saranno il 16,4%. Solo nell’ultimo anno, inoltre, circa36.000 under 34 hanno lasciato l’Italia per cercare lavoro all’estero,mentre il numero di coloro che sono rimasti senza studiare né lavorare supera la media europea. Il problema risiede anche nellaformazione scolastica. Per l’85,9% dei cittadini e l’89,1% degli studenti la scuola è infattitroppo distante dal mondo del lavoroe oltre 460.000 ragazzi abbandonano la scuola in anticipo. Tuttavia i dati Censis del 2022 confermano che studiare a lungo aumenta le possibilità di trovare lavoro, soprattutto tra le donne: il tasso di occupazione dei 25-34enni con la licenza media è del 53,9%, sale al 67,6% tra chi è in possesso del diploma e arriva al 72,8% tra i laureati. Ilvantaggio occupazionale della laurea rispetto al diploma tra le donnediventa ancora più marcato, ma non aiuta a sanare del tutto il divario retributivo, dal momento chele lavoratrici continuano comunque a percepire un salario inferiorea parità di età e di titolo di studio rispetto ai propri colleghi uomini. I datiCensismostrano poi che, nonostante l’intensità nel processo di crescita delle professioni più qualificate e tecniche stia aumentando (mentre diminuiscono operai, artigiani e il personale non qualificato), il76,1% degli italiani ritiene che il lavoro disponibile sia in generale poco qualificato e sottopagato. D’altra parte, l’importanza del lavoro nella vita delle persone è cambiata.Per il 62,7%, infatti, non è più la priorità,mentre lo è il reddito che se ne ricava.Non a caso la motivazione principale che spinge le persone a cercare un nuovo lavoro è l’attesa di un guadagno maggiore e l’interesse per prospettive dicarrieramigliori. “È il segno di un certodistacco rispetto al lavorocome fattore identitario della persona:un punto di vista diverso rispetto al passato, più laico nei confronti di quella ‘religione del lavoro’ che ha orientato scelte e comportamenti di tante persone nei decenni passati” scrive l’equipe di esperti che si è dedicata all’analisi dei risultati della ricerca. L’onda delladisaffezione per il posto di lavoroe la tendenza a cercaremigliori opportunità di impiegosi osserva soprattutto negli ultimi anni. Nel 2019 il numero delledimissioni volontariesi attestava poco sopra le 800.000 unità enel 2022 ha superato il milione,con un incremento significativo (+29,2%). Anche il tasso di ricollocazione, che indica il reimpiego entro 3 mesi dalle dimissioni, è cresciuto, passando dal 63,2% nel 2019 al 66,9% nel 2022.