Cop28: l’aviazione diventa green?
Giunti quasi alla metà diCop28, il vertice mondiale sull’azione per il clima, spunta sui tavoli di Dubai un dossier cruciale per affrontare a testa alta il cambiamento climatico:la decarbonizzazione del trasporto aereo. Un settore che in quasi quarant’anni ha visto raddoppiare le emissioni di anidride carbonica arrivando a rappresentare il2,5% delle emissioni globalie il3,8% di quelle europee, e che si dimostra cruciale nell’ottica di raggiungere tutti gli ambiziosi limiti di riscaldamento globale posti dall’Accordo di Parigi del 2015, ma anche gli obiettivi fissati dall’accordo tra Ue e Icao (Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile), che fissa al 2030 l’anno entro cui raggiungere unariduzione del 5% delle emissioniprovenienti dal trasporto aereo, fino ad arrivare a unapiena neutralità climatica per il 2050. L’Italia si è attivata, sin dagli albori dell’accordo, per dare vita a un processo virtuoso e coeso attraverso ilPatto per la decarbonizzazione del trasporto aereopromosso l’anno scorso da Aeroporti di Roma per ridurre le emissioni inquinanti prodotte dagli aeroporti di Fiumicino e Ciampino, oltre ad accelerare il raggiungimento di tutti i gli obiettivi che fanno capo alNet Zero Emissions. Il piano, presentato in questi giorni a Dubai, fa il paio con altre iniziative similari come il progettoFinancing the airport of tomorrowlanciato su iniziativa delWorld Economic Forum, il quale stima che la sfida per la decarbonizzazione non richiederà meno di1,7 trilioni di dollari. Una cifra enorme, soprattutto se pensiamo che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non prevede finanziamenti per il trasporto aereo, e l’unico punto di riferimento rimane ilFondo per la Mobilità sostenibilecomposto da 2 miliardi di euro stanziati dal Ministero delle Infrastruttureper sostenere (nei prossimi 24 mesi) la transizione ecologica nei trasporti e raggiungere gli obiettivi del programmaFit for 55approvato nel 2021 dalla Commissione europea per ridurre le emissioni dell’Ue di almeno il 55% entro il 2030. Il sogno da concretizzare è proprio quello di trasformare infrastrutture enormemente energivore come gli aeroporti in veri e proprienergy hubcapaci di autoprodurre energia pulita senza alcun impatto ambientale. La chiave di volta per rispettare degli impegni tanto ambiziosi quanto fondamentali per il futuro, sta proprio nellasinergiache tutti i principali player del mercato dell’aviazione dovranno mostrare per guardare compatti al medesimo obiettivo. Non a caso fra i partecipanti al Patto figurano non solo più 30 aziende nazionali e internazionali del settore aeronautico, ma anche rappresentanti del comparto energetico e ferroviario, oltre che istituzioni e accademici. Un conglomerato variopinto ma nello stesso tempo compatto e unito nel segno di un «percorso comune che renda compatibile losviluppo della connettività a livello globalecon la tutela dell’ambiente» spiega l’amministratore delegato di Adr Marco Troncone. Gli strumenti che le istituzioni sono chiamate a fornire per avviare un efficace processo di transizione si collocano in un «quadro normativo stabile e con orizzonte pluriennale» composto da sostanziosicrediti di impostaalle compagnie aeree, ossia una riduzione dell’imposta da pagare sui propri utili per incentivarle a investire e produrre icombustibili verdi, conosciuti anche come sustainable aviation fuels, che entro il 2030 dovranno rappresentare ilalmeno il 6%del carburante utilizzato. Si tratta in sostanza di combustibili prodotti a partire dai grassi animali e dagli oli vegetali esausti, non carbon- free bensìcarbon neutralin quanto, a differenza del cherosene normale, le emissioni prodotte dalla loro combustione sono compensate dalleemissioni assorbite dalla biomassautilizzata per la loro produzione. Inoltre per produrre la stessa quantità di energia, i Saf riescono a emettere l’80% in meno di anidride carbonicarispetto al cherosene tradizionale.