I petroldollari si pigliano tutto
Gli Emirati Arabi Uniti, con tutte le loro contraddizioni, ospitano proprio in questi giorni laCop28. Il Qatar è stato la sede dei campionati mondiali di calcio nel 2022e l’Arabia Saudita sta fagocitando, uno dopo l’altro, non più soltanto vecchi campioni del calcio europeo decisi a trascorrere il proprio prepensionamento in tornei minori ma spaventosamente ricchi, ma anche grandi star nel pieno della loro carriera. Sempre Riad, nel frattempo, si è assicurata i giochi invernali asiatici del 2029 e i mondiali di calcio del 2034 e ora, last but not least,si aggiudica con una valanga di voti (119) anche l’Expo 2030lasciando staccate di un centinaio di posizioni la coreana Busan (29 voti) e Roma (17). È il fascino irresistibile dei petroldollari, mai stato così attrattivo e arrogante. Una strategia pigliatutto che, a osservarla dall’esterno, lascia increduli per una serie di motivi. Innanzitutto perché questa, come sostengono studiosi, esperti, attivisti, politici (sani d mente) e miliardi di individui sempre più coscienti,dovrebbe essere l’era della decarbonizzazionee della fuga – quanto più rapida possibile – dai pozzi della penisola arabica e del Golfo. Poi perché in quelle nazioni, alla luce del sole,si fa strage di diritti. In tutti e tre gli Stati citati c’è la pena di morte(ma in Arabia Saudita è applicata talmente di frequente e anche per reati minori da fare assurgere il Regno saudita a primo Paese “boia” al mondo; ndr). In tutti gli Stati di quell’area,manifestazioni o proteste di ogni tiposono gravemente limitate,molte organizzazioni della società civile che lottano per i diritti sono letteralmente perseguitate, con membri in carcere solo per un tweet o per aver pubblicamente parlato contro i governi. Senza parlare poi del trattamento riservato a donne e comunitàLgbtq+. Insomma ci sarebbe tanto materiale a disposizione per volgere l’attenzione degli organizzatori di macro-eventi, specie a carattere ambientale o culturale, verso altre aree geografiche e politiche, o quanto meno per esigere in cambio decise variazioni di rotta nella gestione dei diritti e nell’impegno verso la de-carbonizzazione. E invece nulla, sembra che il loro “day has come”, e che non abbia alcuna intenzione di tramontare. Ma cosa c’è dietro questa attrazione fatale?Sono solo i soldi a trainare l’arabizzazione dei macro-eventi internazionali? Il principe Mohammed bin Salman, Mbs come acronimato ormai da molti, protagonista assoluto delle aggiudicazioni dei vari eventi e re de facto dell’Arabia Saudita, ha investito molto su Expo 2030, facendo della votazione tenutasi lo scorso 29 novembre alBureau International des Expositions(Bie) una sua ragione di vita politica e finanziaria. La campagna portata avanti dal regnante è stata spietata e ha utilizzato anche colpi bassi e giochi sporchi. Innanzitutto nell’ultimo anno, il Regno ha cercato di approfondire le relazioni con una serie di Stati con cui in precedenza aveva scarsissimi legami, esplorando e promettendo nuovi investimenti e stabilendo contatti di diplomazia ufficiale o laterale. Nelle scorse settimanel’Arabia Saudita ha intensificato i contatti con Paesi di tutto il mondo, ospitando a Riad una serie di vertici con Paesi africani, caraibici e arabi che, come dimostra la votazione a valanga, hanno ricambiato l’interesse. Mbs ha inoltre firmato diversi memorandum d’intesa con i Paesi caraibici e africani utilizzando il Fondo saudita per lo sviluppo che fornisce cash per progetti infrastrutturali ed energetici. Un’altra grande dimostrazione di forza – come riportaPolitico- è avvenuta il 6 novembre direttamente a Parigi dove si sarebbe tenuta la votazione e da cui, per bocca del presidente Macron,il principe aveva già incassato un entusiastico voto. In un ex hangar per dirigibili alla periferia della capitale transalpina i sauditi hanno organizzato un ricevimento a dir poco eccentrico con delegati (e prossimi elettori) forniti di vestiario tipico, spettacoli acquatici e di luci e cena a base di coda di aragosta blu e caviale. All’appuntamento hanno preso parte diversi ministri sauditi e, mossa inaspettata quanto azzeccata, l’ex stella ivoriana del calcio Didier Drogba, simbolo sportivo di tutta l’Africa e polo di attrazione per molti delegati. In quello e altri ricevimenti, accompagnati sempre da cadeaux e gioielli, i ministri sauditi hanno avuto l’opportunità di intrattenersi con i delegati. Un delegato del Bie proveniente da un Paese dell’Ue che ha preferito restare anonimo ha raccontato aPoliticoche, durante un evento legato all’Expo, un alto funzionario saudita gli ha chiesto:“Cosa posso fare perché il vostro Paese voti per me?”. Soldi, petrolio, influenza geopolitica e quella diplomazia transnazionale innescata in ogni angolo della terra, sono stati la ricetta alla base della vittoria di Bms. Ma «se i soldi hanno il sopravvento su tutto – come ha detto un umiliato Gualtieri, sindaco di Roma sonoramente sconfitto anche perché mai sostenuto dal governo che ha mandato emissari secondari alla cerimonia di Parigi e ha impiegato solo 30 milioni per la promozione (l’Arabia Saudita almeno 190, la Corea del Sud 160) senza mai endorsare veramente la campagna – ogni evento globale si terrà in un’area molto piccola che ha fondamentalmente una caratteristica:un sacco di entrate dalla vendita di [combustibili] fossili. Forse non è il modo migliore per celebrare la sostenibilità nel 2030». A fronte di tale potenza dispiegata, a nulla sono valse le proteste dei gruppi per la difesa dei diritti che hanno firmato una lettera aperta ai membri delBureau International des Expositions, invitandoli a non votare per l’Arabia Saudita a causa della sua “storia di violazione dei diritti umani fondamentali e di limitazione delle libertà”, niente hanno potuto le promesse di innovazione e tecnologia coreane,ancora meno l’infinita bellezza e la millenaria cultura di Roma.