3 Podcast imperdibili (che indagano sulla violenza)
Se ancora oggi ci troviamo a combattere per l’eliminazione dellaviolenza contro le donne, significa che c’è qualcosa di sbagliato nel profondo e che la violenza, in qualche modo, è contemplata. Significa che identifichiamo nel25 novembreil giorno in cui riflettere sul fatto che ledere la libertà, manipolare, alzare le mani, picchiare, uccidere, è sbagliato, nonostante non dovrebbe essere necessario un evento in calendario per ricordarcelo. Il paradosso è proprio questo. Ventiquattro ore dovrebbe essere il tempo giusto e necessario per capire come eliminare la violenza di genere?Se così è, allora questi tre podcast sono fuori tempo. D’altronde oggi non è il 25 novembre.Oggi è il 3 dicembre, la giornata internazionale delle persone con disabilità, anch’esse quotidianamente vittime di violenze. È proprio per questo, quindi, che sono tutt’altro che in ritardo. Perchéoggi deve essere ancora la giornata in cui si combatte la violenza, di genere e non, per arrivare al giorno in cui non saranno più necessarie 24 ore di riflessione perché questo concetto sarà condannato in tutte le sue forme. La mia parte,Chora Media e Action Aid, Leila Belhadj Mohamed “I giovani non sono buoni a nulla”, “Escono e bevono troppo”, “Questi ragazzi si avvicinano al sesso sempre prima”, “Scrivono e parlano in modo imbarazzante”. Anche queste sono forme di violenza.Dire a un adolescente di non essere buono a nulla, mentre sta cercando di capire un mondo incomprensibile,può avere delle conseguenze pesanti e, soprattutto, è violenza. Accusare una persona di aver scoperto la sessualità in modo troppo prematuro, è violenza. Criticare e condannare soltanto perché comprendere sarebbe troppo difficile, è violenza. Action Aid in questopodcastin collaborazione con Chora Media, combatte i luoghi comuni che quotidianamente svalutano i giovani, e lo fa nel modo più naturale possibile: parlando con loro. La seconda stagione de “La mia parte” è un appuntamento di4 puntatefatto di testimonianze di giovani attiviste e attivisti,per capire realmente cosa pensano i ragazzie le ragazzedella politica, del cambiamento climatico, del femminismo, delle disparità di genere e della lotta all’omobilesbotransfobia. E forse è anche l’occasione per scoprire che quel “Chissà dove andremo a finire” è proprio ciò che stanno combattendo. Voci contro la violenza, Podcastory, Ilaria Maria Dondi, Arianna Chieli, Giulia Fidilio, Alessandra Kustermann, Anna Vagli, Maria Elena Viola Da uno schiaffo ricevuto dal partner perché «scusa, ma sono molto stressato, però anche tu…», alla manipolazione psicologica, fino all’impedimento di avere una vita al di fuori di lui. Queste sono violenze che tutti conosciamo e di cui ancora, chissà per quale motivo, se ne accetta l’esistenza. Mala violenza è anche la costrizione di affrontare il parto e i giorni successivi da sola.Violenza è il datore di lavoro che fa battute sessiste o che parla di sé alludendo ad altro. Le violenze sono, poi, tutti queglistereotipiche limitano le ispirazioni e le potenzialità di una donna. Sì, perché è vero che ilfemminicidioè la forma più ignobile. Ma non è l’unica. O forse, è l’arrivo. Per questo è necessario eliminare la partenza. E così,6 professioniste, tra giornaliste, attiviste e criminologhe, donano la loro voce in questo podcast che si pone l’obiettivo di promuovere la cultura e il dialogo, al fine di costruire una società oltre gli stereotipi, i pregiudizi e i luoghi comuniin merito ai ruoli, ai diritti e ai doveri delle donne e degli uomini. C’è chi affronta il tema dellaviolenza ostetrica, chi la mercificazione consumistica del corpo femminile nei media, chi la violenza economica e chi, poi si sofferma sugli stereotipi e sull’importanza delle parole. 6 episodiper parlare di tutte quelle forme di violenza sulle donne possibili, e spesso non viste. Le lenti del pregiudizio,Katia Caravello Anche il pregiudizio è una violenza dal costo molto caro. E di solito a pagarlo sono sempre le stesse persone, sia socialmente sia individualmente. Può avvenire in tanti modi: con la depressione, la sfiducia di sé, la sensazione di umiliazione e i sensi di colpa, che possono arrivare anche a far credere che, forse, è davvero così. D’altronde, se lo dicono tutti. C’è una sinossi di questopodcastche, fra tutte, lo descrive al meglio: «“Cessa”, “Maestrina”, “Troia”, “Ti meriti di morire”, “A te nessuno ti stupra”, sono solo alcuni degliinsulti che riempiono i profili social e le caselle di posta delle donne che fanno giornalismo. Epiteti che nulla hanno a che fare con il loro lavoro, ma che hanno come unico obiettivo quello di ridurle al silenzio attaccandole e umiliandole come persone». In questo caso si parla di giornaliste, ma nel corso delle puntate la riflessione si estende a qualsiasi mestiere. Anzi, qualsiasi situazione. Questo format fa luce sugli stereotipi di genere, ma non solo. Evidenzia quelli economici, sociali, fisici che quotidianamente deformano la realtà e che, in un modo o nell’altro, si continuano ad accettare. Nelle puntate si alternano concetti come il benessere psicologico e la salute mentale; la tossicodipendenza e le dipendenze patologiche; la disabilità, le minoranze sia etniche che religiose e gli orientamenti sessuali; fino alle 4 puntate speciali in cui Caravello affronta il tema dellaliberazione della violenza di genere da diversi punti di vista.