Smetto quando vogliono
A San Francisco vivono più di 500persone senza fissa dimoraogni 100.000 abitanti. A Londra sono oltre 100, come a Washington, secondo le autorità locali. I costi della vita quotidiana sono talmente elevati in quelle città che anche chi percepisce un redditonon è sicuro di salvarsi dalla povertà. A Venezia le dimore sono abbandonate da una popolazione chepreferisce vivere in un luogo dotato di servizi per i residentie offrire la sua casa in affitto ai turisti. L’Ocse mostra da tempo lariduzione dello spazio economico per il ceto medioe l’inceppamento dell’ascensore sociale. Secondo ilWorld Inequality Database, l’1% più ricco degli abitanti degli Stati Unitipercepisce oggi il 20% del reddito prodotto ogni anno, il doppio di quanto avveniva nel 1975. Questi e altri dati sono indicativi. Spiegano con banale chiarezza una delle ragioni del latentemalessere che pervade le societàche hanno scelto di lasciare libero corso alla concentrazione della ricchezza, nell’ipotesi che questa avrebbe efficientemente generato sviluppo. Eil malessere trova modo di esprimersi suisocial network. Che lo amplificano automaticamente. Leintelligenze artificialipiù diffuse e il cui impatto è attualmente più grande, infatti, non sono ancora ilarge language modelcomeChatGPT: sono gli algoritmi di raccomandazione che governano l’accesso all’informazione degli utenti di social network. E poiché questi sistemi hanno l’obiettivo di tenere le persone incollate alla piattaforma il più a lungo possibile, si sono evoluti in modo daprivilegiare i messaggi più accesi, coinvolgenti, spesso arrabbiati e violenti, in un contesto ludico nel quale la competizione è orientata a conquistare traffico e “like”, magari costruendo personaggi artificialmente autentici, mache danno voce a quel malessere. E lo alimentano. Questi sistemi sono chiaramente diventati una consolazione per molti umani che attraversano questa fase storica tanto complessa e sfidante. Sono peraltro costruiti per conquistare attenzione e tempo delle persone, incessantemente e illimitatamente. Anna Lembke, psichiatra a Stanford dove dirige la clinica che si occupa delle dipendenze, è piuttosto eloquente nel descriverei sistemi composti da social network e smartphone come generatori di dipendenze. Lembke ha studiato in passato la pericolosissima vicenda delladiffusione di oppioidi in America. E ora si dedica ai social network che descrive come una vera e propria droga. Il suo libro che affronta l’argomento si intitolaDopamine Nation: Finding Balance in the Age of Indulgence(Dutton 2021). Molte fasi di grande trasformazione sono state accompagnate dalla diffusione di droghe. L’alcoolismo a Londra durante i primi decenni della Rivoluzione Industriale è stato descritto da molti storici e ripreso da Clay Shirky inCognitive Surplus(Penguin 2010) e proponeva unparallelo con la dipendenza dalla televisione negli anni ‘90. Oggi possiamo suggerire una certa continuità tra gli effetti sulla salute mentale di una parte della popolazione più fragile tra i media fondati sul modello di business della raccolta pubblicitaria: probabilmente si può riconoscere nelle esigenze del mercato pubblicitario una sorta di minimo comun denominatore tra una certa forma della televisione commerciale e un’interpretazione molto diffusa delle piattaforme per social network. Si può immaginare che nel tempole regole intervengano a mitigare gli effetti negativi di queste tendenze, proteggendo innanzitutto i minori ma anche l’insieme della società dagli abusi che purtroppo sono sempre possibili. Le limitazioni ai media non risolvono il problema delle radici del malessere. La società ha bisogno di ricostruire una prospettiva di miglioramento. È del tutto possibile, considerando tutta l’innovazione che si può progettare per affrontare i problemi più importanti della contemporaneità, dell’ineguaglianza socialealcambiamento climatico, dall’invecchiamento demograficoallaprotezione della biodiversità. E nuove interpretazioni delle possibilità offerte dai media digitali potrebbero nascere per aiutare ad andare in questa direzione. È tempo di scelte sulle regole dei media esistenti.È tempo di progetti per dare forma ai media del futuro.