Cop28: arriva la richiesta di una tassa da 25 miliardi per i Paesi petroliferi

Cop28: arriva la richiesta di una tassa da 25 miliardi per i Paesi petroliferi

 

In questi giorni il sultano degli Emirati ArabiSultanAl Jaberha ricevuto una lettera in qualità di presidente dellaCop28al via a Dubai, oltre che capo della compagnia petrolifera nazionale. La stessa missiva è arrivata al presidente del G20, il leader brasilianoLuiz Inácio Lula da Silva. La firma è di una cordata di economisti e politici che hanno ricoperto ruoli importanti a livello mondiale, guidati dall’ex premier del Regno UnitoGordon Brown. La lettera porta con sé un contenuto importante. Propone una sorta di tassa, un prelievo di25 miliardi di dollaricalcolato sulle entrate degliStati petroliferisia per rimediare ai problemi causati sul piano delclima, specialmente a scapito delle persone meno abbienti e più vulnerabili del pianeta, sia per contribuire al mantenimento del fondo riservatoalle perdite e ai danni, destinato soprattutto alle nazioni più povere e più colpite. La potenza del messaggio è amplificata da almeno due fattori. Prima di tutto la missiva non è partita in un momento casuale: è stata spedita proprioalla vigilia dellaConferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in programma da giovedì 30 novembre a martedì 12 dicembre 2023 e ospitata nella terra diSultan Al Jaber. In secondo luogo mostra in calcesettanta firmepesanti da parte di altrettante personalità internazionali, ben venticinque dei quali sono stati primiministri e presidenti. Tra loro figura anche l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, giusto per fare un nome. L’idea che sta dietro alla proposta è la seguente: in questi anni iPaesi produttori di petroliohanno ottenuto profitti eccezionali e quindi non sarà difficile per loro rinunciare a una minima parte della ricchezza acquisita per compensare idisastri climatici. Secondol’Agenzia internazionale per l’energia, come ricorda la lettera, nel 2019 – appena prima che scoppiasse la pandemia dovuta al Covid-19 – i ricavi legati allo sfruttamento del petrolio ammontavano a 1,5 trilioni di dollari. Poi nel 2022 hanno stabilitoil record di 4 trilioni, una cifra difficile anche solo da immaginare. È stato quindi calcolato che il prelievo sui paesi produttori dicombustibili fossilirappresenterebbe solamente il 3% delleentrate petrolifere e del gasdei più grandi Petrostati del mondo. Brown ha dichiarato alGuardian: «Lo stallo suifinanziamenti per il climadeve essere superato se si vuole che laCop28abbia successo. Dopo più di un decennio di promesse non mantenute, unatassa sul petrolio e sul gasda 25 miliardi di dollari pagata dagli stati petroliferi e proposta dagliEmirati Arabi Uniticome presidente della Cop darebbe il via ai finanziamenti per la mitigazione (intesa come riduzione delle emissioni, ndr) e l’adattamento nel sud del mondo. Ma tutti i principali attori storici e attuali devono sedersi al tavolo con garanzie e sovvenzioni se si vuole raccogliere 1 trilione di dollari all’anno, necessari per lo sviluppo e il finanziamento del clima nelsud del mondo». Talvolta si potrebbe pensare che il grosso degli introiti finisca nelle casse dellecompagnie privatedel settore, che in realtà in alcuni casi hanno già pagatodazi extrasui loroprofitti straordinari. Ma in realtà le loro entrate rappresentano soltanto il 15% del totale. La lettera sottolinea che i maggiori beneficiari sono stati di gran lunga i principaliStati produttori, avendo accumulato 973 miliardi di dollari di proventi grazie alleesportazioni, con un aumento di 381 miliardi di dollari rispetto all’anno precedente. Tra i compiti chiave dellaCop28ci sarà proprio questo: provare a trovare un modo per riuscire a rimpinguare ilfondo per le perdite e i danni. Poche nazioni infatti si sono già fatte avanti. Intanto mancano all’appello centinaia di miliardi. La partecipazione a questi finanziamenti inoltre potrebbe risultare fuori dalla portata dei governi deiPaesi in via di sviluppo. Alla luce della situazione, una possibile soluzione potrebbe stare nel cercare le fonti di reddito mancanti altrove, tra chi contribuisce in vari modi allacrisi climatica, a partire dalle tasse sul trasporto marittimo internazionale e suifrequent flyer.