Patrizia Cavalli: «Le mie poesie non cambieranno il mondo»

Presentato alle Notti Veneziane, sezione realizzata dalle Giornate degli Autori in accordo con Isola di Edipo, all’80esimamostra del Cinema di Venezia, dal 14 settembre 2023 è in tutte le sale cinematograficheLe mie poesie non cambieranno il mondo, documentario su e con Patrizia Cavalli. Un lavoro di 77 minutiscritto e diretto da Francesco Piccolo e Annalena Benini, con le musiche di Diana Tejera, prodotto e distribuito da Fandango, in collaborazione con Rai Documentari, realizzato con il contributo del MiC-DGCA. Un’ultima testimonianza cheriprende l’indimenticabile titolo della sua raccolta più famosa, con la quale Patrizia Cavalli esordì nel 1974. Un’intervista-monologoche è anche unritratto, una rivelazione intima, libera, goffa, ironica e, a tratti, comica dellapoeta(così come era solita definirsi) amata e “creata” da Elsa Morante, deceduta il 21 giugno 2022. Siamo aTrastevere. Le luci di Roma fanno fatica a entrare tra le pareti di una casa in disordine. Patrizia Cavalli è seduta su una poltrona e tra chiacchiere con gli amici/registi Benini e Piccolo e sguardi in camera, cirivela il suo mondo. Si rivela. La sua chioma di capelli setosi, ritratta nelle foto dei vent’anni, lascia il posto, ora, a un buzz cut che sa di malattia. Una malattia di cui ci dice poco perché nella «costruzione del documentario è più importante il viaggio che l’ordine o il dettaglio su ogni singolo elemento di cui si parla». Nasce e si sviluppa cosìLe mie poesie non cambieranno il mondo,una carrellata di momenti che ritraggono Cavalli tra la gioia del discutere e l’apparente noncuranza del dibattere.Una confessione fatta di primi piani, dettagli, camere al seguito della protagonista in giro per le stanze della sua casa, tralibri, cappelli, canzoni e poltrone.Con incursioni nella vita capitolina, tra bimbi e animaletti visti, accennati e improvvisamente amati (“perché in vecchiaia mi è venuta questa passione”), con flashback fotografici, reperti audiovisivi che scandiscono le ore del racconto diuna vita tutt’altro che ordinaria.Un’esistenza vera con un pensiero non conforme e una poesia che sa troppo di verità. Attraverso unanarrazione priva di reticenze, Cavalli sale sul palcoscenico della sua vita e accende i riflettori su di sé, evitando di indossare maschere. Perchéi suoi monologhi sanno di schiettezza spietata.Il suo linguaggio, seppur ricercato, sa di autenticità. Nei sorrisi, nelle battute, nella vanità e nella pigrizia ostentata, tutto il suoinfinito amore per le paroleviene continuamente ribadito senza mai risultare distante. E così come nelle sue poesie, ancora nei vocaboli che lei utilizza ritroviamo unavicinanzadellapoetaalla gente di qualsiasi estrazione.Perchéi suoi versi arrivano a tutti.E lei sa rendersi vicina a chiunque nell’umiltà di ogni singolo aneddoto che condivide quando parla dei suoi primi anni a Roma: «Diciamo la verità: ero molto goffa, forse anche ridicolissima. Volevo far vedere che facevo finta di niente, andavo con quell’aria strafottente». O, ancora mentre afferma di essersi sentita in colpa, nel ’68 quando, a differenza di tutti gli attivisti politici lei scrivevapoesie. E poi, quando riporta alla mente i suoi primi approcci alla lettura: «Ero un’ignorante assoluta, leggevo soloTex Willer. Veramente, leggevo soloTex Willer. Poi all’improvviso, non so perché, ho lettoAmleto. Ho detto: ma accidenti, bello (…). Non ero una bambinetta colta: ero una delinquente». Tra scorci di vita quotidiana, noia, sanpietrini mal gestibili dal suo scarso equilibrio, bagagli per le vacanze e tasche troppo basse e vicine ai pavimenti, il documentario si snoda attraverso racconti e momenti che ci portano adue tematiche assai sentite dalla poeta: l’amore e il disgusto. «L’amore è stato fondamentale, ha prodotto la maggior parte delle mie poesie. L’amore è quasi mai felice, di solito è ciò che manca, che fa esistere le parole. Come una sorta di ricompensa, una rivalsa. Nei miei amori c’è stata sempre la gelosia, lo smarrimento. Non ho avuto amori felici, anche se poi ho capito che le persone di cui mi lamentavo mi hanno amato». Ma se definirlo va bene,raccontarei suoi amoria Cavalli non interessae nel confronto con Diane Kelder (la sua compagna statunitense di una vita), tra battibecchi, provocazioni e sguardi fulminanti emerge tutto il suo carattere: quello diuna donna che non segue altre regole che le sue. In una vita fatta dilibertà che le permettono di sottrarsi alla banalità delle etichette, di contestare i registi o di elogiare i circoli intellettuali, lei difende il suo carattere orgoglioso ma, al contempo, tenace, che la porta, di fronte allarichiesta di Elsa Morante di leggere le sue poesie, a diventare poeta. Lei che «scriveva delle poesie orribili, proprio orrende, delle cose pazzesche, letterarie, false, inesistenti, non si capisce cos’erano!»si sottrae per sei mesi alla vista e agli incontri con la grande scrittrice italianaper rispondere alla sua richiesta di leggerla per conoscerla davvero. E quando scopre di aver prodotto poesie degne di Morante non sembra fregarsene molto della nuova e potenziale carriera da poeta. Il suo unico interesse è quello di averla conquistata come amica («non temevo più di essere espulsa»). La narrazione di Patrizia Cavalli non ha sfumature.E se in amore dalle folli gelosie arriva al disprezzo e a un senso di superiorità capace di far dimenticare, nelgiocola dinamica è la stessa: «A Todi mi facevo portare all’Agip e aspettavo i camionisti per chiederglivuoi giocare a morra? Quanto ci giochi?. E lì vincevo, naturalmente, perché ero un genio della morra (…). Col poker, invece, ho perso più di quanto potessi permettermi (…) ma c’ho un solo modo per smettere: il disgusto. Non posso smettere per buona volontà o per ragionamento. È più importante dell’amore, il disgusto». E così Cavallisalva il fato e la fortuna disprezzando il duro lavoro«non mi piace il danaro meritato, mi piace il danaro vinto, regalato, avuto per sorte, così, per fortuna, ma io, l’idea del danaro guadagnato e sudato, mi fa orrore» e tra canti e recite, tra xilofoni tintinnati e interventi pubblici e televisivi, scorrono veloci leimmagini della sua vitadove, più di tutto, al termine di un finale in controluce, restano le sue risposte anchilosate, ciniche e spregiudicate. Come quando le chiedono come mai in cinque decenni di attività abbia prodotto solo cinque brevi raccolte di poesie e un libro di prosa e lei risponde «so’ pigra» o come quando, scrive «qualcuno mi ha detto che certo le mie poesie non cambieranno il mondo. Io rispondo che certo sì le mie poesie non cambieranno il mondo».