Lookismo: come e perché veniamo discriminati per l’aspetto fisico
Forse qualcuno non ne conoscerà il nome, ma sicuramente tutti abbiamo incontrato, almeno una volta, illookismo. Gli anglosassoni, che hanno coniato questo concetto, lo chiamanolookism- mutuato sui più conosciuti razzismo, sessismo, ageismo (solo per fare alcuni esempi) – un termine che indicala discriminazione basata sull’aspetto fisico. Cosa è il lookismo? Si tratta di un concetto simile, ma non identico, a due diversi bias legati alla bellezza: lostereotipo dell’attrattiva fisicae il cosiddettoHalo effect. Il primo si riferisce a unpregiudizio cognitivo che collega l’attrattività a migliori qualità personalie che potremmo tradurre nell’espressione “ciò che è bello è buono” (e, per estensione, ciò che non è bello è cattivo). Allo stesso modo, l’effetto “alone di attrattiva” è unpregiudizio che porta a valutare più favorevolmente le prestazioni o i tratti delle persone attraenti. Come spiega Jiyoung Chae nell’articoloWhat makes us accept lookism in the selfie era? A three-way interaction among the present, the constant, and the past, questi concetti riguardano però il modo in cui gli individui percepiscono diversamente le persone attraenti e quelle che non lo sono. Il lookismo, invece, «riguarda ilmodo in cui gli individui trattano in modo diverso le persone attraenti e quelle poco attraenti. Pertanto, il lookismo può essere il risultato sociale degli effetti di bellezza sopra menzionati». Il lookismo, che si basa sull’accettazione delle norme sociali legate allabellezzadi una determinata cultura e, quindi, sull’interiorizzazione dei cosiddetti beauty standards, si traduce non solo nelprivilegio riservato alle persone considerate attraenti, ma anche nelladiscriminazione di chi “bello” non è, che riceve un trattamento diverso esclusivamente a causa del proprio aspetto fisico. Una discriminazione che è particolarmente rilevante a livello professionale e che, non sorprendentemente,colpisce soprattutto le donne. Lookismo: come si manifesta? Bellezza = mezza ricchezza, potremmo dire. Diversi studi, infatti, mostrano comele persone percepite come attraentiguadagninosistematicamente di piùrispetto alle persone percepite “normali” o non attraenti. Secondo unostudio, le persone di bell’aspetto arrivano a guadagnare il 15% in più dei loro colleghi meno desiderabili. Uno dei motivi sarebbe da ricercarsi, spiega l’Università della California in unaricercapubblicata sulJournal of Economic and Psychology, nel fatto chele persone belle vengono considerate più collaborativesul posto di lavoro. Diversericerche, inoltre, suggeriscono chele persone attraenti hanno maggiori probabilità di ricevere offerte per colloqui di lavoro, di essere assunte e di essere promosse rispetto agli individui meno attraenti. Secondo un sondaggio fatto daNewsweekdel 2010 e condotto su 202 addetti alle risorse umane, i responsabili delle assunzioni aziendali ritengono che l’apparenza sia fondamentale: i manager classificano l’aspetto dei dipendenti come la terza caratteristica più importante, anche al di sopra dell’istruzione formale. Non solo:i belli hanno maggiori probabilità di ricevere prestiti(e a tassi di interesse più bassi) e secondo uno studio dell’Università di Memphisgli studenti università valutano gli accademici attraenti come insegnanti migliori, un fenomeno che (di nuovo) colpisce soprattutto le donne. Ma la pervasività dellookismo non si limita alla sfera lavoro, dove abbiamo visto che la bellezza paga, eccome (forse per questo il 13% delle persone sarebbe disposta a sottoporsi alla chirurgia estetica in cambio di un avanzamento di carriera?). Per fare solo uno dei tantissimi esempi possibili, uno studio ha scoperto che quando fuorilegge poco attraenti commettevano un reato moderato, le loro multe erano circa quattro volte più grandi di quelle di persone attraenti che si erano macchiate dello stesso reato. Senza dimenticare che il bell’aspetto è un asset vincente anche in politica. A fare la differenza, però, non è solo l’aderenza agli ideali di bellezza, ma anche il rispetto delle norme sociali legate alla cura di sé: secondo unostudiofinanziato daProcter & Gamble, infatti,le donne truccate vengono percepite come più competenti rispetto a quelle che si presentano al naturale. Significativamente, questo non sembra fare differenza per gli uomini: un altrostudio, realizzato dall’Università della California e dall’Università di Chicago – che ha confermato chele donne “curate”, anche se non percepite come “belle”, guadagnano di più di quelle sciatte, seppure più attraenti – ha rilevato come i guadagni maschili siano simili a prescindere dalla “sciatteria”. Forse per questo il 35% delle donne intervistate in un sondaggio nel Regno Unito ha rivelato di aver subito almeno unarichiesta sessistada parte del proprio datore di lavoro relativa al modo in cui si vestivano per le riunioni video nel periodo del lockdown e di essere state invitate a “truccarsi di più, a fare qualcosa ai propri capelli o a vestirsi in modo più provocante. Le ragioni addotte dai loro capi erano che avrebbe “aiutato a fare affari” e sarebbe stato “gradito al cliente”. Lookismo: un problema femminile? La discriminazione legata all’aspetto fisiconon colpisce solo le donne.Secondo il sondaggio britannico,anche gli uominiavevano subito pressioni legate all’abbigliamento, ma alle donne era stato richiesto di apparire più sexy. Se non è un problema di un solo genere, però, gli studi rilevano come siaun fenomeno che grava soprattutto sulla popolazione femminile. «Quando abbiamo analizzato dieci anni di denunce dei dipendenti riguardo al lookismo alla Commissione per le Pari Opportunità in Australia, abbiamo scoperto che la percentuale di uomini era in aumento in tutti i settori, ma che due terzi delle denunce provenivano ancora da donne – hanno spiegato i ricercatori Christopher Warhurst e Dennis Nickson suThe Conversation, aggiungendo che – è interessante notare che lo studio dell’Università di Memphis non ha trovato alcuna correlazione per gli accademici uomini tra il modo in cui veniva percepito il loro aspetto e il modo in cui venivano valutate le loro prestazioni».