Proprio ieri si festeggiava laGiornata mondiale senz’auto. E proprio ieri leggevamo in prima pagina delGuardianle decisioni antiambientaliste del leader conservatore Sunak. “Quando la nostra quota di emissioni globali è inferiore all’1%, come può essere giusto che ai cittadini britannici venga chiesto di sacrificarsi ancora più degli altri?” E così, con un pensiero tutto ombelicale rispetto all’Europa, annunciava divoler slittare lo stop alla benzina e al diesel, affermando che “serve un approccio meno ideologico alla sostenibilità”. Non è un caso che proprio pochi giorni prima i sondaggi diYouGovcertificassero come “la svolta verde” sarebbe stata invisa agli elettori. La metà degli intervistati era favorevole a un rinvio perché il cambiamento era proprio costoso. E così: detto, fatto. In Gran Bretagna se tutto andrà come annunciatoassisteremo a uno slittamento delle promesse verdi dal 2030 al 2035. E adottare prima di questa data un parco macchine elettrico sarà una scelta dei cittadini, non un’imposizione del Governo. La notizia fa il paio con la Svezia che ha deciso – sempre nella giornata di ieri – ditagliare il bilancio per il clima di circa 21 milioni di euroe di aiutare ancora una volta benzina e diesel. E che ha spiegato come preveda dinonraggiungere i propri obiettivi circa i trasporti. Secondo loro stime interne,le emissioni svedesi aumenteranno di 5,9-9,8 milioni di tonnellate di anidride carbonica entro il 2030, proprio per le decisioni prese nell’arco di quest’anno. Non parliamo di Macron, che per quest’anno ha chiesto all’Europa una vera e propria “pausa normativa” sulle misure verdi. Di questo passo riusciremo davvero a fare centro per il 2030? Se lo chiede anche ilFinancial Timesche dedica un’ampia riflessione a come in realtà in tutto il mondo si incontrino ampie resistenze circa gli obiettivi dell’agenda Onu. Cioè, mentre gli scienziati continuano a ricordarci che occorre dimezzare le emissioni, questi 6 anni e mezzo che ci separano dall’obiettivo cominciano a essere davvero pochini. Non per nulla anche la Germania si sta preparando a tirare i remi in barca, perché il tema centrale è la popolarità – anzi, l’impopolarità – delle scelte che abbiamo promesso di affrontare, come per esempio il divieto delle caldaie a petrolio e a gas – stata vista dagli analisti come un fattore chiave del declino della popolarità del Governo -. E il voto europeo, beh, il voto è vicino. Per questo, per la prima volta e inaspettatamente,il vituperato ambiente sta entrando a gamba tesa nei dibattiti elettorali europei.Perché se da una parte fare scelte ecologiche nette è “costoso” e non piace a chi dovrà farsi carico di ulteriori spese (oltre l’inflazione galoppante, i tassi d’interesse, le bollette….) dall’altro (e lo vediamo anche da un recente sondaggioSWG) il tema della sostenibilità è al centro delle preoccupazioni degli italiani, per esempio. Dopo l’aumento dei prezzi, la sanità, la criminalità, la quarta preoccupazione più importante degli italiani è l’ambiente e l’inquinamento. Più del tema dei giovani, più delle tasse, più della mancanza di una classe dirigente, più della disoccupazione, più della scuola. Queste persone stanno aspettando con ardore che le promesse che alcuni governi hanno fatto – per esempio ilNet Zero entro il 2050- si avverino. E se proprio non è possibile questo, almeno rispettare l’accordo di Parigi (ndrper chi non ricordasse l’accordo di Parigi del 2015 ha coinvolto quasi 200 Paesi hanno deciso – insieme – di lavorare per limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto di 2 gradi centigradi. Ciascun governo, di ritorno, ha fissato obiettivi per i tagli alle emissioni). E se proprio non è possibile, almeno rispettare il Green Deal. E se proprio non è possibile…… Votare.
Lascia un commento