L’Italia perde il primato nell’economia circolare

 

Giunto alla sua ottava edizione, ilFestival internazionale dell’economia circolare e della transizione ecologica- promosso in collaborazione conLegambiente,Kyoto Club,Fondazione Symbola-ritorna ad animare il dibattito pubblico italiano. Circonomianon è solo una fitta serie di eventi e incontri articolati in più sessioni tra primavera e autunno, ma è anchel’occasione per misurare il livello di consapevolezza fra i cittadini riguardo la transizione energetica e la lotta alla crisi climatica. A fare il punto sullo stato di salute dell’economia circolare in Italia – cioè nella capacità di sfruttare nei processi materiali riciclati e prodotti già esistenti nel modo più efficiente e duraturo – c’è infatti il quartorapportoCirconomiapresentato a Roma pochi giorni fa alla presenza dell’attuale ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin. Nonostante fino all’anno scorso vantasse il massimo dei voti in economia circolare, nel report 2023l’Italia perde il primatodella classifica europea, sorpassata dall’Olanda. «Ma più del “sorpasso” olandese, a colpire è il brusco rallentamento del cammino “green” italiano negli ultimi anni», commenta il direttore scientifico del Festival Roberto Della Seta, secondo cui «dal 2018 in poicorriamo di meno della media dei Paesi Ue» su gran parte dei17 indicatoriutilizzati per misurare l’impatto ambientale direttodelle attività economiche e civili sul clima, l’efficienza d’uso delle risorse e infine lacapacità di rispostaai problemi ambientali. Il peggioramento delle performance italiane si nota dai dati raccolti, da cui si evince una produzione più elevata di rifiuti per abitante, ma anche di emissioni clima-alteranti pro capite. Al contrario, il dato medio europeo segna un -7%, e una crescita delle energie rinnovabili del 7% (anche se rispetto all’edizione 2022 si è ridotto anche il ranking di Francia, Belgio e Ungheria). Pur essendo dati sconfortanti, non vanno letti con eccessiva drammaticità, in quanto «l’Italia rimane tra i Paesi europei più avanti nel passaggio a un’economia circolare». Nonostante interi territori versino ancora in uno stato di profonda inefficienza, il Belpaese risulta ancora primo in classifica per iltasso di riciclo sul totale dei rifiuti prodotti, «con prestazioni brillanti in tutti gli altri principali indicatori di “circolarità” dal consumo di materia per unità di Pil al tasso di utilizzo di materie prime provenienti da riciclo». L’industria del riciclo è infatti ricca di eccellenze che contribuiscono a rendere l’Italia leader europea con il72% di rifiuti riciclatie una relativa filiera in costante espansione. Tra leoltre 4.800 imprese, capaci di generare fino a 10,5 miliardi di valore aggiunto, spiccaConou- ilConsorzio nazionale degli oli minerali usati- che raccoglie pressochéla totalità dell’olio usatoe ne rigenera il 98% innuove basi lubrificanti, mentre in Europa il tasso medio di rigenerazione è inferiore ai due terzi. Nonostante i benefici economici e ambientali prodotti dai tanti fiori all’occhiello del nostro Paese, il percorso italiano verso il green si presenta ancora frastagliato. Gli ostacoli principali si notano soprattutto in tema di transizione energetica e distacco dalle fonti fossili più inquinanti come petrolio e carbone. Secondo il rapporto infatti l’Italia “è uno degli epicentri della crisi climatica globale, con unatemperatura media cresciuta di quasi 3 °Crispetto al periodo pre-industriale” e quasi il triplo rispetto alla media globale, un aumento che vede nell’uomo la sua fonte più rilevante. A fronte di ciò si evidenzia anche unarretramento in campo di nuove energie rinnovabili, considerate come il “cuore della risposta alla crisi climatica”. Nel 2022, la produzione italiana da eolicosi è ridotta di circa l’1%rispetto all’anno prima, contro unacrescita del 9%riscontrabile nella media europea. Rallentamenti anche nelfotovoltaico, visto che la produzione di energia in Italia è cresciutasolo del 10%a fronte di un incremento del 26% nella media Europea, dove l’Olanda fa parte del leone con il 54% di energia prodotta sfruttando la luce del sole. A pesare sul rallentamento italiano sulla strada della transizione energetica spicca soprattutto la “scarsa capacità di innovazionetecnologica del nostro Paese”, in quanto stando a dati del 2021 – il dato più aggiornato disponibile – l’Italia ha speso in ricerca e sviluppo l’1,48%del prodotto interno lordo contro il 2,26% della media Ue. Rimane dunque da sperare che il torpore che ostacola l’attuale politica di transizione energetica italiana lasci il posto a nuovi investimenti e maggiore capacità nel settore dell’economia circolare, in modo tale da recuperare i fasti delle passate edizioni nel ranking europeo.