È trascorso un anno dalla morte diMahsa Amini, 22 anni, avvenuta il 16 settembre 2022 mentre si trovava sotto la custodia dellapolizia moraleiraniana, a Teheran. La sua scomparsa ha innescato mesi di manifestazioni antigovernative in tutto l’Iran, tra le peggiori mai viste dalla rivoluzione islamica del 1979. I giovani e le donne sono stati spesso in prima linea, al grido di “Donna, vita, libertà”. Le autorità iraniane hanno arrestato decine di migliaia di manifestanti, uccidendone a centinaia, anche minorenni, messo a morte sette persone, torturato e stuprato detenuti e detenute. La repressione si è poi allargata anche alle famiglie di chi protestavain cerca di giustizia, e in vista dell’anniversario della morte di Amini, il regime l’ha inasprita ulteriormente. Secondo l’agenzia di stampaHuman Rights Activists News Agency (HRANA), sarebbero almeno530 i manifestanti uccisi nell’ultimo anno dalle forze di sicurezza iraniane, e come se non bastasse, i loro parenti sono finiti nel mirino dallo Stato. Solo una settimana falo zio di Mahsa Amini sarebbe stato arrestato nella sua casaa Saqqez da 10 agenti dell’intelligence e portato a Teheran. La notizia è stata diffusa daHRANAe da un altro membro della famiglia. Altri parenti sono stati presi in custodia eavvertiti di non indire proteste per commemorare la sua morte. UnarticolodelWashington Postracconta di altre famiglie prese di mira dalle autorità: a ottobre 2022 il padre di Ramtin Fatehi è scomparso per aver protestato a Sanandaj, la capitale della provincia nord-occidentale del Kurdistan. Mentre il figlio si trovava a Berlino a manifestare in solidarietà con la rivolta iraniana il padre era già morto. Ramin Fatehi, 47 anni, è stato ucciso sotto tortura il 21 ottobre 2022. Il ministero dell’Intelligence iraniano continua aconvocare i membri della sua famiglia per convincerli a non partecipare alle proteste, soprattutto nelle ultime settimane. Fatehi, che lavora in ospedali e case di cura in Germania, vorrebbe tornare a casa dalla sua famiglia, ma teme l’arresto. Gli attivisti per i diritti umani hanno accusato le autorità di aver messo in moto una campagna volta a intimidire e instillare paura,arrestando, convocando per interrogatori, minacciando o licenziandopersone legate alle proteste. La pressione sulle famiglie dei manifestanti è una prassi comune, che emerge spesso dalle interviste rilasciate alWashington Post: ai familiari in lutto, che «attirano molta simpatia da parte dell’opinione pubblica», vengono fatte pressioni affinché restino in silenzio e lontani dalle strade. «Le pressioni arrivano sotto forma di telefonate,convocando le famiglie e chiedendo loro di tacere in occasione dell’anniversario», ha dichiarato Tara Sepehri Far, ricercatrice senior sull’Iran perHuman Rights Watch. La famiglia Heydari, per esempio, ha attirato l’attenzione delle forze di sicurezza e di intelligence quando si è tenuto il funerale di Javad, ucciso il 22 settembre 2022. Alla cerimonia, trasmessa online e divenuta virale, la sorella Fatemehpiangeva mentresi tagliava i capellisulla bara. Poco dopo è stata arrestata per “propaganda contro il governo”. «Mio padre è stato costretto a dire che siamo sostenitori del regime e che sua figlia ha agito in modo emotivo e che abbiamo commesso un errore», ha raccontato alPost. Altri membri della famiglia sono stati portati in carcere (tra loro anche la nipotina di 2 anni, insieme al padre) o hanno perso il lavoro. SecondoRadio Free Europe/Radio Liberty, un’organizzazione mediatica statunitense che si occupa anche di Medio Oriente, il numero totale di familiari detenuti nell’ultimo meseè salito a 21. Il 30 agosto l’organizzazione per i diritti umaniHengawha riferitoche “le istituzioni governative iraniane hanno arrestatoalmeno 70 membri delle famiglie dei manifestanti in diverse città dall’inizio di marzo 2023”. «Le autorità iraniane hanno trascorso un anno infliggendo inenarrabili crudeltà a persone che con coraggio avevano sfidato decenni di repressione e disuguaglianza»,ha dichiaratoDiana Eltahawy, vicedirettrice diAmnesty Internationalper il Medio Oriente e l’Africa del Nord. «Un anno dopo la morte nelle mani della polizia di Mahsa/Zhina Amini,non c’è stata un’indagine,per non parlare di processi o condanne per i crimini commessi durante e dopo la protesta». Nel novembre 2022 il Consiglio Onu dei diritti umani ha deciso d’istituire una Commissione di accertamento dei fatti sull’Iran, “ma c’è ancora molto da fare per combattere la crisi dell’impunità e impedire ulteriori bagni di sangue”, ha spiegatoAmnesty. Il rischio di fare ancora passi indietro è elevato.Il parlamento iraniano,riportaReuters,sta prendendo in considerazione di istituire pene detentive più lungheper chiunque trasgredisca il codice di abbigliamento, oltre a sanzioni più severe per le celebrità e le imprese che violano le regole. La legge al vaglio, che potrebbe entrare in vigore a partire da ottobre,punirebbe chi viola l’obbligo di indossare l’hijabcon il carcere fino a 10 anni.Si tratta di una pena paragonabile a quella prevista per reati gravi come l’omicidio e il traffico di droga.
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