G20 per l’India: top o flop?
IlG20, appena conclusosi inIndia, è stato contraddistinto dai grandiassenti. Il primo a decidere di non presentarsi è stato ilpresidente russo Vladimir Putin;dopo pochi giorni, illeader cinese Xi Jinping ha deciso di dareforfait.In un primo momento, anche Joe Biden sembrava dover rientrare nel club ma, alla fine, il presidente statunitense ha partecipato al meeting. Il primo ministro indiano Narendra Modi ha messo in gioco la propria reputazione nel tentativo di portare a termine il G20; ma, soprattutto, di concludere un incontro di successo. Infatti, da quando nel novembre dello scorso anno l’India ha ufficialmente assunto la presidenza del G20, le principali città sono state adornate dei loghi dell’evento. G20: è mancato il consenso Nell’organizzazione del G20 indiano non si è raggiunto un consenso unanime. Nei vari vertici che si sono tenuti tra i ministri (indipendentemente dall’argomento di cui si è trattato)i partecipanti non sono mai riusciti a raggiungere una dichiarazione congiunta. Non importa se si trattasse di finanza o di cambiamenti climatici. Nella maggior parte dei casi, i vari leader si sono accontentati di undocumento finale, nel quale fossero evidenziate learee di accordo e di disaccordo(soprattutto per quanto riguarda l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia). Da un certo punto di vista, potrebbe essere lecito aspettarsi che il G20, almeno sotto un certo punto di vista, possa dimostrarsi come un vero e proprio fallimento.Harsh V. Pant delKing’s Collegedi Londra,ha però sottolineato che «se le linee di frattura nell’ambiente politico globale sono tali danon consentire un documento di consenso, allorac’è ben poco che l’India possa fare al riguardo». In effetti, dal punto di vista delle priorità della politica estera indiana, della posizione del Paese nel mondo e delBharatiya Janata Party (Bjp,partito di Modi), la presidenza è stata unsuccesso clamoroso. Il successo dell’India a livello globale L’India ha ottenuto l’indipendenza nel 1947; la sua politica estera, fin da subito, è stata caratterizzata dalle relazioni intrattenute con il mondo “povero”, soprattutto attraverso la leadership delNon-Aligned Movement. Il Paese, fin dal primo momento in cui ha assunto lapresidenza del G20, ha convocato ilVoice of Global South Summit, per definire le sue priorità all’interno del G20: tra queste, ha sostenuto l’inclusione dell’Unione africana nel gruppo,un fattore che risulterebbe essere utile per rafforzare la posizione dell’India stessa come leader del mondo “povero”. In secondo luogo, la presidenza del G20 ha contribuito arafforzare l’immagine del Paese nel mondoin un anno in cui la sua popolazione ha superato quella della Cina e il suo Pil è considerato tra quelli in rapida crescita tra tutte le principali economie. Organizzando eventi in tutto il territorio, il Governo ha messo in mostra l’ampiezza e la diversità del Paese. Recentemente Modi si è vantato del fatto che nel corso dell’anno “100.000 delegati provenienti da 125 Paesi abbiano sperimentato la magia dell’India – riporta l’Economist- e che 15 milioni di indiani abbiano preso parte in qualche modo agli eventi”. A cosa è servita la presidenza del G20? La presidenza del G20, in estrema sintesi, è servita daveicolo per il culto della personalità di Modi a livello nazionale,in vista delleelezionigenerali del prossimo anno. Come i cittadini di altre grandi democrazie, gli indiani hanno poco interesse per gli affari esteri. Il G20 ha portato il mondo a casa, condibattiti televisivi notturnivia cavo, per esempio, che hanno concentrato l’attenzione anche sulla figura del premier indiano, leader saggio non solo nel Paese ma nel mondo. In un sondaggiocondotto all’inizio di quest’anno dalPew Research Center, il68% degli indiani ha affermato di ritenere che il proprio Paese stia accrescendo la propria influenza sulla scena globale.Tra coloro che non sostengono ilBjp,la cifra raggiunge ancora un impressionante 60%. Nel 2008 la Cina ha utilizzato i Giochi Olimpici di Pechino come una“festa di coming out” per mettersi in mostra al mondo: per l’India (e per lo stesso Modi), il G20 è servito più o meno allo stesso scopo. Il successo di Modi negli Stati Uniti Nessun Paese, tranne la Cina, ha sostenuto l’economia di guerra della Russia tanto quanto l’India, assetata di petrolio. E poche grandi democrazie sono scivolate tanto nella classifica delle libertà democratiche. Narendra Modi, nonostante queste premesse, riceverà durante la visita a Washingtonun’accoglienza entusiastica. Gli americani sperano di concludere accordi sulla difesa e Modi sarà uno dei pochi leader stranieri (insieme a Winston Churchill, Nelson Mandela e Volodymyr Zelenskij) a parlare più di una volta a una sessione congiunta del Congresso. Il peso globale dell’India sta crescendo rapidamente:la suaeconomia è la quinta più grande del mondo;il Paese è diventato indispensabile per lo sforzo americano di affermarsi in Asia e scoraggiare l’aggressione cinese. Eppure, sebbene enorme, capitalista, democratica e diffidente nei confronti di Pechino,l’India è anche povera. La relazione è quindi un banco di prova per la disordinata alleanza di democrazie che emerge in un mondo multipolare. Possono entrambe le partiottenere i vantaggi economici e di sicurezzaderivanti dalla cooperazione anche se condividono meno principi di quelli che vorrebbero ammettere? L’ascesa dell’India è una storia edificante, essendo una delleeconomie in più rapida crescita. Si prevede, inoltre, che il suo Pil supererà quello del Giappone e della Germania entro il 2028; le esportazioni sono alimentate dai servizi, di cui il Paese è il settimo fornitore mondiale (si pensi ai call center e ai data scientist diGoldman Sachs). Anche leinfrastrutturesono migliorate con Modi e i suoi immediati predecessori. La produzione potrebbe riprendersi man mano che le catene di approvvigionamento si diversificheranno dalla Cina. Un esempio su tutti: Apple assembla il 7% degli iPhone in India. La principale vulnerabilità del Paese, però, è l’enorme numero di giovani non qualificati e senza lavoro, che il Governo sta cercando di aiutare aprendo la strada a uno stato sociale digitale.